non badava a nulla. 
--Ah, lei lo deve sapere, che fu tanto amico della povera contessa! 
Il marchese mise un sospiro, e quasi per stornar l'attenzione da quella 
frase, ripigliò: 
--A che ora crede lei che potrà arrivare l'Enrico? 
--Io dico che sta per arrivare fra mezz'ora--sclamò la fanciulla.--Lo 
sento quì!--E posò la destra sul cuore. 
--Ma zitto Elisa! 
--La lasci dire. È così bella l'ingenuità a quindici anni. 
--E quattro mesi!--sclamò la Elisa. 
--Oh, ma non la creda poi tanto ingenua, sa?--fece ridendo la madre.--È 
un capetto, mah! 
--Senti Elisa? Tua madre dice che sei un capetto.... mah! 
--Miracolo che questa volta non abbia aggiunto anche l'ameno! 
Il marchese rideva. 
--Dunque io ripasserò stasera,--soggiunse egli--e se l'Enrico arrivasse 
prima, gli dica di venir subito da me a farsi vedere. Sans adieux. E tu 
Elisa ricordati di voler un po' di bene anche a questo povero vecchio 
che te ne vuol tanto! 
--Oh, anch'io, anch'io, caro marchese,--rispose con espansione sincera 
la fanciulla. 
--Ora andiamo a vestirci subito,--disse la madre quando il d'Arco fu
uscito,--che non abbiamo tempo da perdere se non vogliamo salare la 
messa. 
* * * * * 
La Elisa era un capetto davvero. 
Un tipo di fanciulla più simpatica, più piccante, più piacente di lei non 
lo si potrebbe imaginare facilmente. 
Dove diamine la signora Eugenia ed il notaio Martelli fossero andati a 
pescar tanto spirito, per dare vita a quella loro creatura, è un mistero! 
La signora Eugenia era infatti una eccellente madre, una buonissima 
donnetta, una moglie irriprovevole, ma sgraziatamente peccava assai 
nel fisico; quanto al padre era sgraziato nel fisico e nel morale. 
La Elisa appariva come la perfetta antitesi de' suoi genitori. Sua madre 
era piuttosto piccola e tozza, Elisa era slanciata e svelta come un giunco 
odorato. Sua madre era scarsa d'ingegno; sua figlia un genietto. Suo 
padre era taccagno e di idee ristrette; la Elisa era una socialista spiegata 
senza sapere di esserlo. Forse di lei s'avrebbe potuto dire, come della 
maggior parte dei figli unici, ch'era un _enfant gatè_. La mamma, le 
aveva sempre voluto troppo bene, le aveva fatte buone le innumerevoli 
fantasie, l'aveva sempre accontentata in ogni capriccio e baciucchiata 
troppo. Ma le madri che amano assai non ci sentono da questo orecchio. 
Quanto non si è detto contro il soverchio amore di certe madri? Ai 
fanciulli esse parlano incessantemente e quasi esclusivamente del bel 
musino, del bel vestitino, delle belle scarpette, e li baciano tutto il santo 
giorno con tali frenesie di tenerezza, che spesso i bimbi ne scoppiano in 
pianto. Cari e santi baci quei delle madri! Ma non pensano desse che, a 
lungo andare, anche quei baci riescono fatali, giacchè stimolando senza 
posa nei bimbi la delicata innervazione, sviluppano in essi una, per 
quanto inavvertita, troppo precoce sensualità. Amorevole, ma fatale 
stupro materno, che già rende colpevole l'adolescenza prima che essa 
abbia cessato di esser innocente! 
Le madri romane si guardavano bene dall'insegnare la voluttà del bacio 
alle loro figliuoline. E quando alcuno lodava la bellezza d'una loro 
figlia in faccia a lei stessa, quelle madri nobilissime usavano di metter 
la punta del dito medio sulla lingua e di toccar con quella la guancia 
dell'adulata quasi a purgarla col materno amore da un maleficio 
straniero. 
La Elisa aveva tra le altre cose una voce che agiva voluttuosamente
sulla corda sensibile dell'udito. Nessuno ha mai ascoltato le arpe eolie, 
ma chi ha sentita la voce di Elisa Martelli, giura che non la 
cambierebbe con quella di un'arpa eolia. 
E il sorriso? 
S'ha un bel dire, ma dinanzi al realismo della bellezza e della gioventù 
restano eterne e immutabili anche le ispirazioni romantiche, alle quali 
fummo allevati. Elisa quando rideva, rideva tutta, come disse il Dossi, e 
s'avrebbe detto che facesse una luce maggiore intorno a sè, giacchè, il 
di lei sorriso alleandosi al nitor dei denti e lampeggiando nelle pozzette 
delle guancie e raggiando fuori collo splendor degli occhi pareva 
davvero la circondasse di una gioiosa aureola, che è luce appunto e 
delle più lucenti! 
Queste doti, già s'intende, preziose per tutti erano difetti per quella 
lesina di suo padre. Egli avrebbe amato tanto una figlia belloccia sì... 
non dico! ma che avesse avuto il suo quietismo nel sangue, che andasse 
in cucina a sorvegliar la cuoca, che facesse tutti i rimendi alla 
biancheria e rivedesse i libretti della spesa. Ma non c'era verso, e la 
mamma su questo la difendeva a spada tratta e qualche volta la si 
permetteva di ricordare al marito una certa loro speranza, sorta si può 
dire il giorno stesso della nascita della bambina e nutrita religiosamente 
in famiglia: 
--Pensa poi che la Elisa deve essere contessa e milionaria! 
Era la frase sacramentale, che metteva ogni pace e ogni buon umore in 
quella casa. 
* * * * * 
Il contino arrivò, come    
    
		
	
	
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