riuscito, senza alcun dubbio, prodigo 
e dissoluto. 
Il conte Guglielmo O'Stiary discendeva da una famiglia irlandese molto 
cattolica, stabilitasi a Milano nel secolo decimosesto. 
Enrico O'Stiary ricevette la notizia della malattia mortale del babbo, 
quando questi era già spirato. La campagna contro gli Austriaci era 
finita. Chiese ed ottenne il congedo e partì, sperando di rivedere ancor 
vivo l'autore de' suoi giorni, che egli amava in cuor suo di grande e 
profondo affetto, malgrado la di lui severità piuttosto unica che rara. 
Quando giunse a Milano trovò che suo padre era già stato seppellito da 
una settimana. 
E intanto l'esecutore testamentario, don Ignazio Martelli, di lui zio 
materno, aveva già pensato in fretta ed in furia a praticare certe 
operazioni e certe riduzioni nell'appartamento, nella cucina e nella 
scuderia, dalle quali si riprometteva di aumentare il reddito del pupillo 
di una mezza dozzina di mille lire all'anno. Il conte padre, anche dopo 
la morte della contessa sua moglie, e la partenza di Enrico per il 
collegio, non aveva mutati d'un pelo l'ordine e l'ampiezza 
dell'aristocratica magione. Ma ora? Che cosa avrebbe dovuto farne 
l'Enrico di sedici stanze? "Troppa grazia a sant'Antonio!", Fece dunque 
appiccar all'imposta del portone il suo bravo cartello col da affittarsi al 
presente, e dopo sei ore ebbe, il piacere di vedere, come disse lui, 
bruciato via l'appartamento e invaso da stranieri. 
La creatura, che si dava maggiore affanno in palazzo, era la 
guardarobiera: una vecchia che chiamavano la balia, che aveva 
allattato il conte Guglielmo e portato in braccio il contino. Oh il suo 
non era certo _l'affacendato ozio_ dei _Ritratti Umani!_ Con che amore 
la buona donna mise in ordine il quartierino, che il tutore spilorcio 
aveva lasciato al di lei caro Enrico! Con che cura gli preparò la 
biancheria e fece rimetterle cortine alle finestre e gli fornì 
dell'occorrente la teletta, e dispose qua e là nelle camere dei fiori 
appena colti.
--Le pare, marchese, ch'egli sia alloggiato come un principino?--disse 
la signora Eugenia Martelli al marchese d'Arco, uscendo insieme dalle 
stanze destinate al giovine ereditiero.--Per dire la verità queste sono le 
camere migliori del vecchio appartamento. Che ne dici tu Elisa? 
La Elisa, una fanciulla di poco più che quindici anni, una rosa thea 
appena sbucciata, una bellezzina molto distinta, con occhioni e denti da 
sbalordire, rispose con una piccola smorfia, un _umh!_ che voleva 
come dire "per l'Enrico ci sarebbe voluto ben di più!" 
--Io sono certo però,--disse il marchese d'Arco,--che l'Enrico avrà gran 
dispiacere di vedere affittate così subito e a della gente ignota, le 
camere dove tien raccolte le memorie della sua infanzia.... 
--Se sapesse quante volte ho detto anch'io questa cosa a mio marito! 
Non è vero Elisa? 
--Sì, certo; ma il babbo non vedeva che la necessità di cavare di più dal 
palazzo. 
--La casa de' suoi maggiori,--riprese con grande nobiltà il marchese 
d'Arco--va tenuta da conto e il lasciarla invadere dal primo che capita è 
un mancarle di riguardo. 
--Che vuole marchese? Lei sa bene che mio marito non le ha mai capite 
certe delicatezze. 
--Come!--domandò questa volta ingenuamente l'Elisa.--Il babbo non ha 
mai capite le delicatezze? 
--Zitta Elisa--disse la madre stringendo, nel suo il braccio di sua figlia. 
Poi di nuovo al marchese: 
--Del resto l'Enrico sarà, come si dice, in famiglia. Tra il suo 
quartierino il nostro non c'è di mezzo che l'anticamera e questa sala in 
comune. 
--E noi per far tutto questo tramestìo,--disse la Elisa mostrando un gran 
dispiacere nella voce--abbiam dovuto cambiare alloggio anche noi e 
andare verso il giardino. 
--Povera ragazza, guarda mò,--fece ridendo il marchese d'Arco--dover 
cambiare alloggio! 
--E non abbiamo tenuta neppur una straccia di finestra verso strada. 
--Ah capisco ora! Neppur una straccia di finestra verso strada! 
--Stare sul Corso e non poter andare al balcone, la mi concederà 
marchese che è una condanna.... Io non ho che il giardino da vedere. 
--Ma il giardino ha anch'esso i suoi meriti! replicò il marchese
sorridendo.--Questa primavera vedrai a sbucciar i fiori, a spuntar l'erba, 
a fiorire i tulipani. 
--È vero,--sclamò la Elisa,--ma a me sarebbe piaciuto di più il poter 
vedere fiorir le rose in giardino.... 
--E spuntar i tulipani sul Corso?--domandò ridendo il marchese. 
E, quasi per farsi perdonare la facezia un po' ardita, soggiunse subito: 
--Basta! Non vedo l'ora di abbracciarlo quel caro ragazzo! 
--Oh marchese!--sclamò la fanciulla.--Ora non è più tanto un ragazzo. 
Ha quasi ventun anni ora. Cinque più di me. 
--È vero! Sono tre anni ormai ch'io non lo vedo più. 
--E che ne dice marchese di quel barocco d'un testamento di suo 
padre?--domandò la signora Martelli. 
--Che vuole mai che le dica, cara signora? Quel povero conte 
Guglielmo era fatto così. Una testa debole, che non calcolava mai gli 
effetti delle sue azioni; pur di assecondare i moti dell'animo dispotico e 
pieno di ghiribizzi egli    
    
		
	
	
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