un Turco e per più giorni batteva la pianura come 
un zingaro. Poi l'amore pei cavalli lo vinceva e la pecorella tornava 
all'ovile. 
Ragazzo com'era aveva già una salda esperienza del suo mestiere; ne 
sapeva quasi tutte le malizie; ciò che piace ai cavalli e ciò che dà loro ai 
nervi. Era un po' prepotente e quando imbizzarriva, tirava calci e 
mordeva.--Mi spiace a dirlo, ma temo che Drollino non avesse sulle
parole tuo e mio delle nozioni d'una precisione matematica. Il frutteto 
riceveva spesso qualche sua visita notturna e il giardiniere trovava 
sempre mancanti all'appello certi limoni acerbi ch'egli contava spesso 
con una cura piena di speranze. E Drollino amava molto i limoni 
acerbi... Ma non si lasciava mai cogliere sul fatto. Con tutto ciò era un 
ragazzo simpatico... aveva certe qualità indicatissime pel suo mestiere. 
Oltre ai cavalli adorava il suo padrone. Gli rubava i limoni è vero, ma 
per lui si sarebbe fatto ammazzare, quando occorresse. Per Drollino il 
possessore di tutti quei cavalli, di quella tenuta immensa non poteva 
essere un uomo come gli altri. Era maestà infinita, senza pari. E quando 
pensava che, se il padrone non si rimaritava, tutta la tenuta, la villa, lo 
spazio immenso delle campagne apparterrebbero un giorno a quella 
creaturina vestita di bianco che giocava nel viale, la bambina assumeva 
ai suoi occhi un aspetto fantastico; diventava un essere straordinario 
anche lei, come una specie di deità, destinata a uno splendore 
incomparabile di avvenire. In quello, al povero Pedrolo, il padre di 
Drollino, accadde un brutto caso. Un puledro mal domo, ch'egli stava 
governando, gli sferrò un calcio terribile nella coscia. Il poveretto ebbe 
a restare coricato per quaranta giorni e quando s'alzò s'avvide con 
immenso dolore d'essere ormai irrimediabilmente sciancato! Si trattava 
dunque di rinunziare ai cavalli. Che colpo per il povero cavallante.... 
non poteva crederci, non sapeva rassegnarsi! Ma il Principe impietosito 
seppe assicurargli un posto che, da un lato almeno, tornava consono 
alla vocazione del ferito e alle sue attuali condizioni di salute. Lo fece 
portinaio delle scuderie coll'alloggio accanto a queste. Pedrolo non 
governava più i cavalli liberi, ma vedeva gli altri, li udiva, poteva 
passeggiar tutto il giorno arrancando colla sua gamba storpia nei pressi 
della scuderia. Drollino naturalmente aveva seguito il padre nella sua 
nuova dimora. 
Ma con quanto dispiacere! Scappava laggiù ai pascoli tutte le volte che 
poteva; ma pure ogni tanto gli toccava star in casa! Almeno se avesse 
potuto lavorare in scuderia! Ma i palafrenieri e i cocchieri non eran 
punto teneri pei cavallanti; ed i mozzi erano in continua lite con quel 
ragazzotto insolente, facevano apposta a non lasciarlo giungere sino ai 
cavalli, lo canzonavano quando egli pretendeva dar pareri.
Drollino si rodeva (forte dei suoi bricioli di esperienza), del suo acuto 
istinto d'osservazione. Pensava a fuggire definitivamente. Aveva un 
certo progettino; voleva, un giorno o l'altro, rubare un cavallo e poi 
scappare, andarsene nella pianura illimitata. Capiterebbe Dio sa dove, 
ma intanto avrebbe un cavallo suo, proprio suo, tutto suo! Cristo!... che 
cosa!.... avere un cavallo suo! 
Quando Drollino non ardiva allontanarsi soverchiamente dalla casa 
nuova gironzava pel giardino e bene spesso scavalcando un 
muricciuolo, capitava nel viale. E così fu che s'imbattè varie volte colla 
Milla occupata ad ammonticchiare le castagne d'India, cadute dagli alti 
piantoni. Dapprima, sgomentato, fuggiva come se vedesse la versiera; 
poi s'era fermato a guardare, poi un sorriso della Milla gli aveva dato il 
coraggio di fare un passo avanti, poi avevano scambiata qualche parola 
e avevano finito col mettersi a giocare assieme. Miss Spring sulle prime 
aveva mossa qualche obiezione; poi, vedendo che il ragazzo si 
conduceva bene e che le sue letture riescivano meno interrotte dacchè 
Milla aveva un compagno, finì per permettere che il fiery boy giocasse 
colla padroncina. Essa lo chiamava così: «ragazzo ardito»; e in fondo 
non le dispiaceva. D'altronde, come il più delle sue connazionali, aveva 
nel sangue un po' di manìa di proselitismo e le era balenato nell'animo 
che in quel ragazzo indomito ci fosse qualche cosa di convertibile. E se 
Milla, come quell'angelica Evelina della Capanna dello zio Tom, fosse 
destinata a ricondurre sulla buona strada il fiery boy e farne per lo meno 
un tetotaller?... I tetotaller.... erano il sogno di Miss Spring. Essa aveva 
molta fede, molta immaginazione e i moccoli di Drollino nascevano 
così fitti, così smozzicati fra i denti, che la credula governante, 
udendoli, non li capiva e sorrideva benevolmente osservando quanto i 
nostri differenziano dai dialetti della sua nativa natura e verde Erinni. 
Certo è che i moccoli di Drollino erano d'una specie affatto particolare. 
Li pronunciava a mezza voce, con un tono secco, stridente, come se 
masticasse dei bottoni di porcellana. La Milla però li capiva e se Miss 
Spring non era vicina lo sgridava.--Ah! Drollino! non sta bene!--diceva 
con un'aria patetica    
    
		
	
	
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