chiesi al precettore: sarebbe, Vostra Sapienza, tanto cortese da dirmi 
il cognome dei proprietarii di questa casa? 
--I proprietari di questa casa, rispose Spugna-di-Senno, discendono 
dalla illustre prosapia dei Batti-l'-oro. Debbo però avvertirvi che 
nell'isola nostra voi passereste per uomo di cattivo gusto chiamando le 
persone col cognome collettivo di famiglia. Gli abitanti di questo paese 
ci tengono assai al loro nome personale, il quale ritrae, come forse vi è 
noto, le qualità più spiccate di ciascun individuo. A tal punto, il 
maggiordomo ricomparve sulla porta del salotto ed annunziò 
seccamente l'arrivo di Alba-di-maggio. 
Era una donna di quarant'anni all'incirca, assai florida e bella. 
Gallo-di-fuoco al vederla spiccò due salti per farsele incontro, ma il 
precettore lo trattenne per un braccio. 
Alba-di-maggio vide e comprese--e volgendosi amabilmente a 
Gallo-di-fuoco: le prometto, disse sorridendo, che le mie figlie non si 
faranno attendere lungamente. 
--Le sue figlie!--esclamò il giovane arretrando--ma io mi ero quasi 
innamorato della madre.... Ah! è pur bella, è pur seducente questa 
Alba-di-maggio! 
Il fruscìo di una veste di seta attrasse nuovamente i nostri sguardi verso 
la porta, e una giovinetta leggiadrissima si fece innanzi salutandoci tutti 
quanti con spigliatezza elegante. 
--Ecco la mia figlia più adulta, sclamò Alba-di-maggio. Il di lei nome... 
--Vediamo un po' se questo bel signore è capace di indovinarlo! 
interruppe la giovinetta indirizzandosi a Gallo-di-fuoco che stavolta 
avea fatto quattro giri di piroetta per dissimulare la propria 
emozione.--Per agevolarvi un tal compito, vi dirò che il mio nome 
riproduce un tratto caratteristico del mio volto.... dunque, fissatemi gli 
occhi in viso... e poi... dite...! 
--Il vostro nome, riprese Gallo-di-fuoco al colmo della emozione, non
può esser che Occhio-di-Anémone... ovvero... 
--Abbasso l'ovvero!--gridò la fanciulla battendo le palme--avete colto 
nel segno di primo tratto... Io mi chiamo Occhio-di-Anémone... come 
voi, mio bel signorino, dovreste chiamarvi.... dovreste.... chiamarvi.... 
Via! Ajutatemi un poco... 
--Nel mio nome, rispose il giovane con ansia mal dissimulata, si 
riassumono due tratti caratteristici della mia figura e del mio 
temperamento. 
--To! To! strano davvero! sclamò la fanciulla ridendo--sta a vedere che 
i vostri parenti hanno avuto il cattivo gusto di battezzarvi 
Pollo-di-fuoco!» Il giovane arrossì e chinò la testa con aria 
mortificata--poi disse: fra un pollo ed un gallo vi hanno poche 
differenze apparenti--ma io ritengo che in ogni caso della mia vita farò 
onore a quei presaghi osservatori della mia adolescenza che mi 
chiamarono gallo. 
Ciò detto, il giovane mi trasse in disparte per mormorarmi all'orecchio: 
«io sono furiosamente innamorato di Occhio-d'-Anémone--ma vedo 
che Ella non vorrà saperne di me, e che io dovrò morire di crepacuore. 
Una voce melodiosa che augurava il buon giorno a tutti riscosse il 
giovane isolano da quell'effimero abbattimento. 
Era entrata nella sala la sorella di Occhio-d'Anémone. 
Il povero giovane, ch'era rimasto poco dianzi in tale atteggiamento da 
assomigliar per davvero ad un pollo uscito dall'acqua, si rifece gallo al 
suono di una voce argentina, alla vista di un volto che vinceva in 
bellezza la idealità più fantastica. 
--Bocca-di-fragola! esclamò il giovane più che mai ringalluzzito. 
--Bocca-di-fragola per lo appunto, rispose la giovinetta battendo le 
mani.
--La mia secondogenita, soggiunse amabilmente Alba-di-maggio. 
In quel punto la porta della sala si riaperse per dare accesso ad altre 
donne. 
--Tu qui, Biscia-d'avorio!... 
--E tu pure, Conca-di-perla! 
--Voi... Pan-di-buttiro!... 
Mentre le donne e le damigelle si baciavano allegramente, il precettore 
mi trasse in disparte e mi disse: «vedete come accorrono, quelle brave 
ragazze, al richiamo di un gallo...! Ciò mi è di buon augurio. 
Gal-di-fuoco, malgrado le sue vesti di tulle leggerissime e 
trasparentissime, sudava dalla commozione. 
--Se queste signorine lo permettono, disse balbettando, io spalanco le 
invetriate che danno sul giardino... 
--In giardino! in giardino! strillò all'unissono quel festevole coro di 
fanciulle. E senz'altro, circondarono Gallo-di-fuoco, lo afferrarono per 
le mani; per le code del soprabito, e saltando, ridendo, trillando, lo 
trassero fuori del salotto. 
Io rimasi nel salotto col precettore. 
--Che ne dite? mi chiese Spugna-di-Senno; a voi, nato e vissuto in 
Europa, i nostri costumi parranno alquanto singolari... 
--Tanto singolari, che se voi, sapientissimo e facondissimo precettore, 
non mi porgete qualche schiarimento, io non saprò mai spiegarmi 
quanto ho veduto ed udito in questa casa. Ciò che più mi ha sorpreso, 
ciò che quasi mi ha scandalizzato, fu la petulanza, o piuttosto (scusate 
s'io parlo franco), la impudica sfrontatezza di quelle fanciulle. Da noi in 
Europa... 
--Conosco, conosco la vostra vecchia Europa, interruppe
Spugna-di-Senno. Non parlatemi dei vostri costumi. Se poi volete 
formarvi un giusto criterio dei nostri, mettete da banda i pregiudizi e le 
ipocrisie; e innanzi tutto fissatevi ben in capo quanto vado a dirvi, che 
qui da noi nessun legislatore o ministro del culto s'è mai sognato di 
infliggere una nota di infamia a quell'atto di propagazione che la natura 
si piacque imporre a tutti gli esseri organizzati. Anche noi abbiamo 
poetizzata questa istintiva e provvidenziale attrazione    
    
		
	
	
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