a guinzaglio un cervo volante....
Via! 
Lasciatemi! Parto! 
E alfine--oh! gioia possente!--io mi sento
quello che sono veramente:
un grande albero insorto che si sradica
con uno scatto di volontà e 
si slancia
via sul suo aperto fogliame stormente,
scagliando contro 
il vento
la turbinante matassa delle sue folte radici! 
Sento il mio petto aprirsi come un gran buco
ove tutto l'azzurro del 
cielo deliziosamente s'ingolfi,
liscio, fresco e torrenziale!
Sono una 
finestra aperta innamorata del Sole,
che verso il Sole s'invola!
Chi 
ancora potrà rattenere
le finestre affamate di nuvole
e i balconi 
briachi dì luce.
che stasera si strappano dai vecchi muri delle case
per balzar su nello spazio?
Ho alfine riacquistato il mio massiccio 
coraggio
dacchè i miei piedi vegetali,
non pompano più dalla terra 
prudente
l'avaro succo della paura!
In alto! Nel cielo più alto! Ecco 
m'appoggio
sulle elastiche leggi dell'aria....
Ah! ah! son già sospeso 
a picco sulla città
e sul casalingo disordine
dei suoi palazzi disposti 
come utile mobilia....
Ora dondolo appena, come una lampada accesa
sulla piazza centrale, tavola apparecchiata
dai numerosi piatti 
fumanti che si muovon da soli,
fra uno scintillìo dì bicchieri
sfilanti 
elettricamente! 
L'ultimo proiettile del sole al tramonto
colpisce me, uccello coperto 
dì sangue,
ma che non cade.... ed io salto
da ramo a ramo
sull'enorme foresta illusoria dei fumi
che salgono dalle officine.... 
Più in alto! Più lontano! Volo fuor dalle mura!
Ed ecco una gazzarra 
di croci ammutinate,
là, tra le file arcigne dei cipressi gendarmi....
I 
giardinetti sepolcrali hanno grida
rosse e verdi, ed i candidi marmi
sembrano mille fazzoletti agitati!
Seguirmi a volo vorrebbero i morti
stasera....
Stasera i morti son ebbri, son gai....
Come voi, morti, ero 
morto, ed eccomi risuscitato! 
Il cielo è tutto appestato
dall'olio di ricino del mio motore!
Ne ho 
sulla bocca, sul naso, sugli occhi.... Una doccia!i Stomaco mio volante, 
non fare lo schizzinoso!
Bisogna pure che paghi il tuo viaggio
con 
un poco di nausea!
E vomita, vomita pure, stomaco mio, sulla terra!
È l'ultima zavorra che getterò per salire
e per giocar leggermente a 
saltamontone
sulle schiene villose dello montagne!...
Campagne 
geometriche! Quadrati innumerevoli
di campi arati, di vigne e di prati!
Son tombe di giganti?
Intorno a ognuna il sole accende lentamente
quattro file di verdi candelabri.... 
Destatevi, tranquille fattorie!
Aprite, aprite le ali rosse dei vostri tetti,
per volare con me verso il tuo battito forte, o Sicilia,
nuovo cuore 
d'Italia, balzato fuori dal suo petto
nello slancio delle conquiste!... 
Alfine, alfine m'è dato d'entrare
nel rosso del tramonto, come un 
conquistatore,
su fra le rampicanti architetture
della città futura, 
tutta d'orgoglio e metallo,
che le sottili e precise matite delle nuvole
minuziosamente disegnarono
nel mio sognante cervello di 
adolescente!...
E alfine faccio scalo nei golfi di porpora
d' un 
continente aereo.... 
Un vasto odore salato?... Il mare! Il mare!...
Il mare: innumeri schiere
di donne turchine che si svestono!...
Vedo la schiuma delle loro 
gracili nudità intrecciate,
chine a bere l'ultima inebbriante sorsata di 
luce
nel tondo deserto del cielo!
E lasciatemi ridere di voi,
lenti 
velieri boccheggianti,
simili a insetti a zampe all'aria che non possono
nè mai potranno--lasciatemi ridere!--
rimetter sul suolo le zampe! 
Pretensiosi isolotti dalle pompose vestì di smeraldo,
voi non siete per 
me se non larghi fiori palustri,
piatti sull'acqua, corrosi da grasse 
mosche nerastre,
Già come un turbine vi sorpasso,
e con la mano
accarezzo velocissimamente
il globo immenso dell'atmosfera,
enorme dorso del massacrante pericolo
che mi separa dal mare!...
Vedo e sento, giù in fondo, a picco sotto i miei piedi,
lo spaventevole 
urto possibile,
contro il petto del mare, più duro della pietra!...
Oh 
gioia! oh gioia!... Bisogna pure ch'io lasci
un istante le leve, per batter 
le mani alla Squadra!
Sono venti tartarughe favolose, immote sotto di 
me,
con gole di cannoni protese
fuori dai gusci metallici,
e 
tutt'intorno il guizzare delle torpediniere
e delle barche-rospi, che 
sgambettano
sui loro piccoli remi folleggianti!...
I marinai sulle 
tolde sono schiacciati e tondi;
i loro volti seguono i miei applausi
come talvolta seguono gli stridi turchini
degli uccelli migranti....
Le 
larghe corazzate ora tacciono,
ma un giorno, ma presto, riparleranno 
terribili
con la loro esplodente eloquenza a ventaglio
sullo smalto 
spazzato del nostro lago Adriatico!... 
Ah! ah! cupo vento africano,
vento balordo dalle lentezze ipocrite!...
stai forse spiando le mie distrazioni?
Io non mi curo di vincere la 
tua deriva insidiosa.
Voglio lasciarti fare, e approfittare di te!
M'involo fra le tue braccia filacciose e bagnate.
A mille metri sotto le 
mie ali
il mare s'annera di rabbia!... Ritorniamo alla terra! 
Ma ha dunque un odore, la terra?,
Non sento un fetore di tomba?... 
Che è mai?...
Mi chino sulla bussola fino a toccarla col naso,
e non 
leggo, e non so.... 
È Roma, è Roma, questo sepolcrale fetore!...
Roma, la mia capitale!... 
Roma, immensa topaia,
gran mucchio di cartacce, lugubremente 
colonizzato
da migliaia dì sorci, di tarli, di scarafaggi ufficiali!
Le 
cupole, gonfie pance di giganti, galleggiano
nei vapori violetti del 
crepuscolo,
qua e là forati da campanili d'oro,
pugnali dritti che 
vibrano ancora nelle loro ferite sonore... 
Mi seguono dei treni? Non è vero!
Sono piuttosto veloci serpenti dai lucidi anelli,
sono serpenti che 
nuotano con lunghi balzi in cadenza
contro le enormi onde aggressive 
dei boschi,
e si tuffano nel flusso e riflusso dei monti.... 
I treni-serpenti sì fermano
di tanto in tanto ad annusare i villaggi,
livide carogne, e ne succhiano
con le loro rosse ventose
un 
brulichìo fosforeo d'insetti.... 
Ah! che io sia un fulminante veleno,
nel vostro agile ventre, o 
serpenti,
quando voi balzerete    
    
		
	
	
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