Laeroplano del papa | Page 2

Filippo Tommaso Marinetti
a guinzaglio un cervo volante....
Via!
Lasciatemi! Parto!
E alfine--oh! gioia possente!--io mi sento
quello che sono veramente:

un grande albero insorto che si sradica
con uno scatto di volontà e
si slancia
via sul suo aperto fogliame stormente,
scagliando contro
il vento
la turbinante matassa delle sue folte radici!
Sento il mio petto aprirsi come un gran buco
ove tutto l'azzurro del
cielo deliziosamente s'ingolfi,
liscio, fresco e torrenziale!
Sono una
finestra aperta innamorata del Sole,
che verso il Sole s'invola!
Chi
ancora potrà rattenere
le finestre affamate di nuvole
e i balconi
briachi dì luce.
che stasera si strappano dai vecchi muri delle case

per balzar su nello spazio?
Ho alfine riacquistato il mio massiccio
coraggio
dacchè i miei piedi vegetali,
non pompano più dalla terra
prudente
l'avaro succo della paura!
In alto! Nel cielo più alto! Ecco
m'appoggio
sulle elastiche leggi dell'aria....
Ah! ah! son già sospeso
a picco sulla città
e sul casalingo disordine
dei suoi palazzi disposti
come utile mobilia....
Ora dondolo appena, come una lampada accesa

sulla piazza centrale, tavola apparecchiata
dai numerosi piatti
fumanti che si muovon da soli,
fra uno scintillìo dì bicchieri
sfilanti
elettricamente!
L'ultimo proiettile del sole al tramonto
colpisce me, uccello coperto
dì sangue,
ma che non cade.... ed io salto
da ramo a ramo

sull'enorme foresta illusoria dei fumi
che salgono dalle officine....
Più in alto! Più lontano! Volo fuor dalle mura!
Ed ecco una gazzarra
di croci ammutinate,
là, tra le file arcigne dei cipressi gendarmi....
I
giardinetti sepolcrali hanno grida
rosse e verdi, ed i candidi marmi

sembrano mille fazzoletti agitati!
Seguirmi a volo vorrebbero i morti

stasera....
Stasera i morti son ebbri, son gai....
Come voi, morti, ero
morto, ed eccomi risuscitato!
Il cielo è tutto appestato
dall'olio di ricino del mio motore!
Ne ho
sulla bocca, sul naso, sugli occhi.... Una doccia!i Stomaco mio volante,
non fare lo schizzinoso!
Bisogna pure che paghi il tuo viaggio
con
un poco di nausea!
E vomita, vomita pure, stomaco mio, sulla terra!

È l'ultima zavorra che getterò per salire
e per giocar leggermente a
saltamontone
sulle schiene villose dello montagne!...
Campagne
geometriche! Quadrati innumerevoli
di campi arati, di vigne e di prati!

Son tombe di giganti?
Intorno a ognuna il sole accende lentamente

quattro file di verdi candelabri....
Destatevi, tranquille fattorie!
Aprite, aprite le ali rosse dei vostri tetti,

per volare con me verso il tuo battito forte, o Sicilia,
nuovo cuore
d'Italia, balzato fuori dal suo petto
nello slancio delle conquiste!...
Alfine, alfine m'è dato d'entrare
nel rosso del tramonto, come un
conquistatore,
su fra le rampicanti architetture
della città futura,
tutta d'orgoglio e metallo,
che le sottili e precise matite delle nuvole

minuziosamente disegnarono
nel mio sognante cervello di
adolescente!...
E alfine faccio scalo nei golfi di porpora
d' un
continente aereo....
Un vasto odore salato?... Il mare! Il mare!...
Il mare: innumeri schiere

di donne turchine che si svestono!...
Vedo la schiuma delle loro
gracili nudità intrecciate,
chine a bere l'ultima inebbriante sorsata di
luce
nel tondo deserto del cielo!
E lasciatemi ridere di voi,
lenti
velieri boccheggianti,
simili a insetti a zampe all'aria che non possono

nè mai potranno--lasciatemi ridere!--
rimetter sul suolo le zampe!
Pretensiosi isolotti dalle pompose vestì di smeraldo,
voi non siete per
me se non larghi fiori palustri,
piatti sull'acqua, corrosi da grasse
mosche nerastre,

Già come un turbine vi sorpasso,
e con la mano

accarezzo velocissimamente
il globo immenso dell'atmosfera,

enorme dorso del massacrante pericolo
che mi separa dal mare!...

Vedo e sento, giù in fondo, a picco sotto i miei piedi,
lo spaventevole
urto possibile,
contro il petto del mare, più duro della pietra!...
Oh
gioia! oh gioia!... Bisogna pure ch'io lasci
un istante le leve, per batter
le mani alla Squadra!
Sono venti tartarughe favolose, immote sotto di
me,
con gole di cannoni protese
fuori dai gusci metallici,
e
tutt'intorno il guizzare delle torpediniere
e delle barche-rospi, che
sgambettano
sui loro piccoli remi folleggianti!...
I marinai sulle
tolde sono schiacciati e tondi;
i loro volti seguono i miei applausi

come talvolta seguono gli stridi turchini
degli uccelli migranti....
Le
larghe corazzate ora tacciono,
ma un giorno, ma presto, riparleranno
terribili
con la loro esplodente eloquenza a ventaglio
sullo smalto
spazzato del nostro lago Adriatico!...
Ah! ah! cupo vento africano,
vento balordo dalle lentezze ipocrite!...

stai forse spiando le mie distrazioni?
Io non mi curo di vincere la
tua deriva insidiosa.
Voglio lasciarti fare, e approfittare di te!

M'involo fra le tue braccia filacciose e bagnate.
A mille metri sotto le
mie ali
il mare s'annera di rabbia!... Ritorniamo alla terra!
Ma ha dunque un odore, la terra?,
Non sento un fetore di tomba?...
Che è mai?...
Mi chino sulla bussola fino a toccarla col naso,
e non
leggo, e non so....
È Roma, è Roma, questo sepolcrale fetore!...
Roma, la mia capitale!...
Roma, immensa topaia,
gran mucchio di cartacce, lugubremente
colonizzato
da migliaia dì sorci, di tarli, di scarafaggi ufficiali!
Le
cupole, gonfie pance di giganti, galleggiano
nei vapori violetti del
crepuscolo,
qua e là forati da campanili d'oro,
pugnali dritti che
vibrano ancora nelle loro ferite sonore...
Mi seguono dei treni? Non è vero!

Sono piuttosto veloci serpenti dai lucidi anelli,
sono serpenti che
nuotano con lunghi balzi in cadenza
contro le enormi onde aggressive
dei boschi,
e si tuffano nel flusso e riflusso dei monti....
I treni-serpenti sì fermano
di tanto in tanto ad annusare i villaggi,

livide carogne, e ne succhiano
con le loro rosse ventose
un
brulichìo fosforeo d'insetti....
Ah! che io sia un fulminante veleno,
nel vostro agile ventre, o
serpenti,
quando voi balzerete
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