ridicolo e s'innalza l'adulterio ad un 
eletto sacrificio da parte della donna?... Nella quale si passano in 
rassegna le turpitudini di qualche scellerato? Allontanatelo dunque da 
questi luoghi equivochi, ma però accompagnatelo là dove delle 
produzioni morali inspireranno nel suo cuore il sentimento del buono, 
del vero e del bello. 
Inoltre un piacere pericoloso pei giovani è il pubblico ballo, 
maggiormente quello di una grande città, dove vi si slancia una folla 
ardente e vivace, avida di trovare il piacere nell'ebbrezza della danza. 
Però i genitori potranno accompagnarvelo se il desiderio di curiosità 
del figlio loro si mantenga come un'idea fissa. 
I piaceri che si provano invece frequentando le feste di famiglia ed i 
piccoli giuochi di società sono molto più innocenti e dovransi accordare 
di buon grado perchè sollevano lo spirito giovanile. 
È in queste riunioni che il giovane si reca volentieri perchè sa di trovare 
l'oggetto dei suoi pensieri, e i suoi più rosei sogni giovanili. La danza 
per questa età è un divertimento carissimo, perchè possono far pompa 
della loro abilità ed eleganza, soddisfacendo l'ambizione nascente, che 
se si mantiene nei limiti è una leggiera alterazione dell'amor proprio. A
questi convegni intervengono sempre amici di casa, per cui la decenza 
e il pudore non hanno nulla a soffrire. Ne risulta quindi una gaiezza 
sincera e scevra di qualunque fine secondario. 
Inutile d'enumerarsi sono poi tutti i diversi generi di piaceri fisici e 
morali. Raccomandiamo alla gioventù i piaceri morali, perchè oltre 
all'essere incancellabili, sono di utilità grandissima agli altri, e lasciano 
nell'anima una soddisfazione ed un contento grandissimo. Eccone un 
esempio. 
Un beneficio è sempre ricompensato. 
RACCONTO. 
Con passo frettoloso e col viso allegro e giulivo un giovane studente 
per nome Edmondo Derval si avviava ad un convegno per andare con 
diversi suoi amici a fare una scampagnata. Ma fu arrestato durante il 
suo cammino da un crocchio di gente che attorniavano un poveretto 
steso al suolo. A tal vista Edmondo si avvicinò, e vista la faccia smunta 
e macilente di quel giovane infelice domandò alla folla che gli era 
accaduto. È ubbriaco, dicevano gli uni; è uno stratagemma per carpirci 
qualche soldo; è colto da apoplessia, dicevano gli altri. Derval lo 
esaminò attentamente, e disse indignato a chi osava ingiuriare il 
poveretto: 
--Largo, signori, concedetegli un po' di aria; quest'uomo è estenuato 
dalla fame. 
E siccome nessuno lo soccorreva, rivoltosi a tre giovanetti vicini: 
--Animo, disse loro, aiutatemi a portare questo disgraziato nella vicina 
osteria; gli faremo ingoiare qualcosa. 
E seguiti dalla folla che benedicevano quel giovane pietoso, entrarono, 
e deposto l'affamato su una banca, Edmondo domandò una tazza di 
brodo e un bicchier di vino del più buono. Appena bevuto un sorso di 
quel brodo vivificante, l'infelice aprì gli occhi, sollevò un po' la testa e 
compreso cosa eragli accaduto:
--Grazie, disse ad Edmondo con uno sguardo languido, ma espressivo, 
Dio ve ne compenserà.--E a lenti sorsi trangugiò il resto della bevanda 
ristoratrice. Derval gli fece anche portare un bel pezzo di vitello, e 
raccomandato al suo protetto di mangiare lentamente, chiamò l'oste, gli 
diede una moneta da 5 lire, dicendogli di pagarsi e di consegnare il 
resto a quel povero giovane, e tra i ringraziamenti i più sinceri uscì. 
Intanto l'ora del convegno era trascorsa, ed il borsellino s'era 
impicciolito, ma egli lungi dal rimpiangere la gita perduta, tornò a casa 
col cuore soddisfatto di avere fatto una buona azione. L'indomani a' 
suoi amici, che gli domandavano perchè non era intervenuto a una così 
bella gita, raccontò il fatto, ed essi lo approvarono dicendo che una così 
rara soddisfazione valeva meglio che i folli piaceri d'una scampagnata. 
--Ma tu hai dato tutto il tuo gruzzolo al poverello? gli domandò un 
amico. 
--Sicuro, era l'ultimo pezzo da lire 5 che mi rimaneva, rispose egli. 
--Ebbene, noi siamo amici; mancano quattro giorni alla fine del mese, 
puoi abbisognare di qualche cosa. La mia borsa non è tanto ben fornita, 
ma io la metto a tua disposizione!... 
* * * * * 
Pochi anni dopo, la rivoluzione del 1789 scoppiava. La plebe inferocita 
sfogava il suo furore da lungo tempo represso su tutto ciò che le pareva 
colpevole. L'aristocrazia fuggiva, il re era prigione, l'esercito disfatto. 
Nel decimo giorno circa del furore plebeo un giovane elegantemente 
vestito si difendeva a stento dalle ingiurie e pur troppo dalle busse dei 
popolani, e certamente non sarebbe uscito di là colle proprie gambe se 
un giovane operaio, fattasi la via a forza di gomiti, non avesse fatto il 
largo attorno al nostro eroe con due poderosi pugni. E presolo per mano 
gridò: «Guai a chi lo tocca! Questi è un amico del povero, un 
consolatore degli afflitti; senza di lui io sarei morto di fame» E rivoltosi 
al giovane, dissegli: «Venite, vi condurrò a casa, questo quartiere non è 
sicuro per voi!»    
    
		
	
	
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