Ugo: Scene del secolo X | Page 9

Ambrogio Bazzero

sparviero.
Adalberto, prima di ricevere, guardò. Sul cuscino giaceva uno sparviero
stecchito.
--Messere!--ripetè Ugo.
Il signore allungò la mano, ma la trattenne dal percuotere sul capo di
Ugo, o dal venire dal sotto in su a gettare il cuscino ed ammaccare la
faccia dello scudiero: contrasse i pugni ed urlò--Messere, pei falconieri
disattenti ci sono le verghe dei servi!
--Oh conte, no!--rise allora Ugo colla sicurezza la più aizzante:--Non ti
apponi bene. Lo sparviero era montano: si trovò di becco forte e volle
divorarsi un cerbiatto: un ossicino se gli pose attraverso la gola, e tanto
gli fece male che dovette morirne. Ti ho reso l'omaggio mio!--e si levò

animoso.
Quando l'araldo chiamò messer Ildebrandino, messer Aginaldo, messer
Baldo, nè Ildebrandino, nè Aginaldo, nè Baldo, si mossero: si strinsero
accanto ad Ugo: e davvero fu ventura che essi dovevano presentare solo
un guanto da astori, una coppa d'oro e gli sproni, perchè se si fosse
trattato di spada, lancia e vessillo, attesto che quelle avrebbero lavorato
come il loro uso comporta, e questa avrebbe potuto servire di ultima
coltre per messere l'infeudante. Pure qualcosa di gagliardo, si vide: il
guanto cadde sfidatore sulle gambe di Adalberto: questi si drizzò come
una biscia, l'araldo suonò dalla porta nel cortile. Allora i cavalieri non
badarono all'altare, e si urtarono verso quello per toglierne le due armi
già presentate all'omaggio: gli scudieri si rimescolarono urlando. Si
sarebbe potuto fare, ma non si fece, perchè autorevolmente messer Ugo
gridò:--Il segno è dato da noi: ma l'araldo avvertì di chiuder il portone e
di chiamare le azze mercenarie!--E Gisalberto e Ildebrandino
affermarono:--Qui ne vieta di colpire l'onore della cavalleria!--e
uscirono tutti, frettolosi e tumultuanti, cercando scampo...
E, colle due armi e col pugnale d'Ugo, l'ebbero.

CAPITOLO III.
Oldrado di Lanciasalda è conte sconosciuto nelle istorie. Solo qualche
poeta solitario, il quale si abbia posto tra mano il bordone e in testa il
cappellaccio da pellegrino, e su per la valle di Po siasi arrampicato ad
un mestissimo santuario dell'alpi, può aver letto quell'unico nome
Oldradus, su un avello di granito: solo i bimbi del sagrestano, innanzi a
quella chiesetta, s'inginocchiano vicino al luogo della requie... fra le
poche ruine di un castello! Il poeta nell'impeto della fantasìa avrà
interrogato quello squallore, avrà evocato la vita, e la polvere giacente
inerte si sarà levata a potentissimo corpo, e l'anima sarà scesa in quello,
come vento d'uragano!... Oh recate l'armatura, portate la lancia! Venite,
vassalli, e inchinatevi all'omaggio, siate corteo alle mense giulive, fate
ala per le uscite fragorosissime alla caccia! Arrendetevi, o nemici: le
vostre bandiere serviranno di gualdrappe ai ronzini, i vostri nomi
suoneranno infimi tra quelli de' servi... Che?... Porgete il salterio e
cantatemi, o paggi, l'amore del cavaliero!... Era bella? Era fastosa? Era
tripudiante nella vita delle castella?... Silenzio... I puttini del sacrestano
s'inginocchiano davanti quell'avello. Perchè ancora il mesto e pietoso

pensiero?... O bimbi, perchè il suolo è erboso lì davanti, perchè
l'attenzione al vostro giuochetto infantile vuole che stiate sui ginocchi a
spiare se la pietruzza, che uno di voi getta in alto, cade nelle manine o
cade sul terreno... Forse a te, fanciulla, a te, maschietto, a voi che
apprendeste l'alfabeto sul grembo della mamma, forse in quei giorni
d'autunno in cui la scuola del paese è chiusa, e voi tutto il dì su vi state
all'ozio, forse capitò sott'occhio quell'Oldradus, e voi raccoglieste a
stizza ed a cattivo augurio, perchè vi rammentò una lettera dimenticata
del libricciuolo, e un inverno che verrà, e una bacchetta minacciante,
sempre a stizza ed a cattivo augurio!...
Oldrado fu cavaliero a sperone d'oro. Io non so quando nascesse, nè
come crescesse. Me lo presento al suo castello, appoggiato ad una
colonna nella stalla dei cavalli, rivolto ad Ugo, il quale fa porre la sella
d'arme al suo puledro membruto.
--Tu sai quanto abbisogna ad un conte.
--Messere sì. Conoscere la propria lancia, conoscere il cavallo, non
conoscere una cosa sola, la paura.
--Ad un cavaliero per farsi con onore porre la propria spada accanto,
quando venga calato nella buca dei maggiori?
--Avere molti nemici, come diceste voi.
--Basta?
--Averli vinti, come voglio fare io.
--Ricordati che sei di messere Oldrado!--e il padre si strinse con amore
guerriero il giovane, ed io affermo che vi ponesse la istessa forza e la
istessa intenzione, che usava, serrandosi al suo cavallo, per inseguire un
nemico.
Ugo moveva ad un armeggiamento ad armi cortesi, per il che il padre lo
domandò con scienza sperimentata:--Sai come si chiama il rischio a cui
tu corri?
--Giuoco.
--Si chiama giuoco, perchè, per quanto tu faccia, non potrai mai forare
da banda a banda il tuo avversario. Conosci la tua lancia?
--O messer sì. L'asta è fatta col legno folto sulle nostre rupi, e il ferro si
chiama _da passafuora_: quella è

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