irremissibilmente l'antaccia di quercia, si 
trovò a un tratto separato da' suoi capitani, si volse all'indietro e scorse 
tutto buio, si volse all'innanzi, ed ecco in capo al corritoio il paggio 
nero, il quale recava un cuscino nero e s'inchinava rispettoso, 
dicendo:--Messere Oldrado è pronto a prestarvi l'omaggio.--Adalberto 
si contorse molto iroso, irosissimo più che del pericolo, d'avere avuto 
per un momento paura, s'avanzò, e, sotto l'usciale sollevato dal paggio, 
entrò nella chiesa. Quivi trovò Oldrado solo e ritto, in aria così beffarda 
che pareva gli dicesse:--Sono il marito di Guidinga: lasciate fare a me!
Avete saputo fare voi?--Che in quei tempi non si trovasse neppure 
schermo alle vendette ai piedi degli altari, si sa, e si sa che gli 
accorgimenti per condurre allo scopo i giuochi insidiosissimi avevano 
tutto lo studio delle faccende scrupolose. Adalberto doveva ascoltare 
quell'araldo bianco, vipera forse del tradimento? Doveva sgozzarlo! 
Doveva aspettare le tre ore? E rivederlo ancora? Doveva sgozzarlo! E il 
pronte s'era messo giù, il secondo portone spalancato, i porticati 
apparivano deserti. I traditori tutti! Ed egli si era lasciato cogliere! Oh il 
suo furioso amore per Guidinga era di quelli che si spaventano dei 
mezzi? Ma se lo scopo era già per sè stesso tremendo e ineluttabile!... E 
quell'arcone che menava al corritoio, e il coirritoio che menata alla 
chiesa! Che c'era nel corritoio? Una porta inchiovata che valse una 
muraglia: i suoi cavalieri al di là forse erano scannati: egli al di qua 
forse con tutta la irrisione di una vendetta pensata e ripensata era tratto 
all'inganno, e dall'inganno alla morte! O Guidinga! Guidinga! 
Messere Oldrado era là nella chiesa solo e ritto. Aveva faccia di quelle 
che anche nel sonno mostrano aggrottate le sopraciglia, rugosa 
tenacemente la fronte, aperta la bocca al grido di battaglia, collo da far 
disperare quelli che, per amore di qualche taglia bandita da alcuno 
prepotentaccio vicino, dessero ascolto all'inferno, e arrotassero la 
coltellazza e già preparassero il sacco, come Giuditta la gagliarda; 
torace che portava tre usberghi e poi chiedeva anche il quarto, braccia 
da armaiuolo milanese, gambe le quali se inforcavano gli arcioni vi si 
serravano con tanta saldezza, sì che non ci fosse lancia da cavaliero 
poderoso da allentarle o farle staffeggiare. 
--O conte,--disse per il primo Oldrado:--mi accorgo che la cerimonia 
poco soddisfa il vostro amor proprio. 
E l'altro:--Messere neppure è da scudiero la insidia. 
--Voi sbagliate: non sono armato e mi dichiaro vassallo vostro. 
--Consento--con questa risoluzione Adalberto richiamò tutto il suo 
odio; 
E Oldrado:--Ed io consento. Udite: un debole cerbiatto tanto fa che un 
giorno o l'altro debba essere dilaniato da uno sparviero: ma gli può 
ficcare attraverso la gola un ossicino da mettergli tanto strozzamento da 
far maledire il pasto. 
--Messere, Oldrado, che le azioni vostre mi permettano di chiamarvi 
cavaliere!
--Vi dissi: non sono armato e mi dichiaro vassallo vostro. Volete 
ricevere l'omaggio? O fuggite le pompe? 
--Voglio. 
--Io pure. Bonello, fatti avanti--comandò Oldrado; e il paggio che si era 
fermato sulla porta, entrò nella chiesa e recò il cuscino. Il padrone lo 
prese, lo depose ai piedi di uno scanno larghissimo, a seggio baronale, 
e invitò Adalberto. Il quale con grande dignità s'assise, e le parole 
furono poche. 
--Cavaliero, riconoscete vostro signore Adalberto, conte di Auriate? 
--Riconosco. 
--A quale istituzione? 
--Questo tocca a voi. 
--Sì: e giacchè avete parlato di sparviero, sia ad instituzione collo 
sparviero. 
--Collo sparviero. 
--Giurate. 
--Giuro a messere Domineiddio. 
Poi spaventoso Adalberto corse per tutto il castello, e, ghignando, entrò 
nella stanza di madonna Guidinga.... 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
 
Il signore di Auriate, quando furono introdotti nella sua sala della torre 
Guidello ed Ingo, si levò impazientissimo, interrogando:--E così, 
araldo? 
--Con la grazia somma--rispose Guidello:--io ho salve l'ossa, voi la 
onoratezza di cavaliero. 
--Come andò? 
--Il sagrato ci parve una benedizione del cielo: spiegai il bando e diedi 
l'avviso. 
--Chi accorse? Venne Ugo? 
--Messere sì, c'era Ugo. 
--Dunque? 
--Con Ugo, lo scudiero: c'erano messere Ildebrandino, messere 
Aginaldo, messer Baldo, con certi uomini di facce così sinistre!... Il 
chierico bisbigliò un esorcismo di tutto cuore, ed io di tutto cuore 
risposi. 
A questo punto anche mastro Ingo entrò interlocutore:--Cavaliero
potentissimo, mio padrone, vi dico che qui ai vostri comandi scrivo 
quanti malefizi volete, ma quando tirano cert'arie ai quattro venti.... 
Gridò il signore:--Dì su, Guidello. 
E l'araldo:--Vi dico: vidi l'Aimone d'Oldrado, con quel ceffo di cane 
rabbioso! 
--Chi ti parla di scudieri?--interruppe sdegnosamente il signore:--E chi 
ti dice che quelli siano a sproni d'argento? 
--Messere, dico per dire. 
--Parla di quei dappochi coi garzoni di falconerìa, e tieni le loro 
imprese per narrare quando i miei servi stregghiano i somieri. 
--Fatemi perdono. 
--A un patto, Guidello: che la tua mano un dì    
    
		
	
	
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