e che bene o 
male appartengono già al pubblico da molti anni, dirò soltanto quel che 
importa per la migliore conoscenza dello scrittore, augurando che la 
devozione di chi volle raccolti questi primi fogli consigli a tentare una 
nuova raccolta anche di quelli. 
Lasciando stare qualche piccolo tentativo troppo giovanile e troppo 
acerbo, ch'egli pubblicò in privata edizione, mi pare che coll'Angelica 
Montanini tentasse veramente di scendere nel campo letterario(1). 
L'azione di questo dramma ha luogo a Siena alla fine del secolo XIV, 
durante la guerra di Siena contro Firenze. Il dramma è dedicato a 
Leopoldo Marenco, che con una parola d'affetto aveva cambiato, come 
dice la dedica, in speranza il tormento ineffabile dell'arte. Molte sono le 
esuberanze e le inesperienze in questo lavoro, che è congegnato sopra 
un odio di parte e sopra una spada, e manca in molte parti quella chiara 
prospettiva dei caratteri e delle cose che è tanto necessaria sulle scene. 
Evidente è l'imitazione del Guerrazzi. 
Al Guerrazzi, per le lettere sue all'autore, è dedicato il Tintoretto(2). La 
tela di questo dramma è più distesa, più ben dipinta e qua e là tocca ad 
una larghezza quasi di poema storico. Chi lo giudicasse soltanto dal
punto di vista della teatralità potrebbe trovarlo anche una meschina 
cosa, ma noi sappiamo da un pezzo che teatralità è parola volgare, 
buona per un successo, e che quasi sempre finisce là dove l'arte 
comincia, mentre non c'è parola nei drammi de Bazzero, che non sia 
collocata senza una sicura convinzione artistica. Quei grandi artisti del 
cinquecento, voglio dire il Vecellio, il Sansovino, lo Schiavone, il 
Tintoretto e quel grande ludibrio che fu messer Pietro Aretino, si 
muovono in una scena sfarzosa, piena di colori, e parlano un linguaggio 
che arieggia il classico del Vasari e del Cellini. Nel Tintoretto ha voluto 
il Bazzero rappresentare gli sforzi d'un uomo alla conquista delle due 
più grandi gioie della vita, l'arte e la famiglia, contro tutte le minaccie 
della fortuna e della volgarità. Al Tintoretto vien sciupato il nome 
dall'Aretino, e tolta la figliuola diletta dalla peste. Eccone le ultime 
scene: 
Infierisce la peste in Venezia. Due commessari di sanità vestiti in nero 
e sdrusciti, salgono dal mare al terrazzo ov'è la casa del Tintoretto: 
PRIMO (salendo, grida al basso). Ohe, maledetta ciurma, legate la 
gondola chè l'onda non la rovesci. 
SECONDO. È tanto piena! Pescare i morti non s'è mai dato. 
PRIMO. Pesca i vivi, pesca i morti, è tutt'una; quello che non si è mai 
dato in dieci notti che faccio questo mestiere da corvo, si è pescare 
qualche borsuccia d'oro. 
SECONDO. Senza il fiasco e la gonnella fanno pietà anche i morti. 
PRIMO. Orsù, ci hanno chiamato con tanta furia (ridendo). Date qua..... 
(si avvia alla porta del Tintoretto, e vi dà un calcio). Messeri e 
madonne! (apre ed entra cantacchiando). 
SCENA V. 
TINTORETTO e i due COMMESSARI. 
TINT. (stringendosi alla figlia). Chi siete?
PRIMO. (accennando la morta). È questa sola? (al secondo). Togli su, 
e fa presto. 
TINT. (con feroce lamento). Voi non me la toccherete! 
SECONDO. Tutti matti così questi pittori! (gli fanno forza). 
PRIMO. Guarda, se c'è qualcosa.... (dà un piede nella cesta di fiori e la 
rovescia). 
TINT. Indietro, villano barattiero! 
PRIMO. È il mestier nostro così! 
TINT. Tu vuoi rubare? Ruba, dà fuoco, saccheggia, ma lasciami la 
figlia! (ruggendo, s'accinge alla disperata difesa dell'amatissimo 
corpo). 
SECONDO. Noi siamo ai servigi della Repubblica. Mettete senno, o vi 
chiamiamo due alabardieri (s'avvia all'uscio). 
TINT. La violenza a me? 
PRIMO. È tempo sprecato (cinicamente).... Ci chiamerete voi, quando 
vi accorgerete che vostra figlia ell'è come tutte le creature di carne ed 
ossa, destinate alla terra. Adesso le fate mille baci, ma domani.... 
TINT. (come chi scopre una terribile verità). Domani?... Ah! 
PRIMO. E non so se avremo tempo. 
TINT. Fermatevi!... (va al letto di Maria, e la guarda e la tocca con 
ansia paurosa).... Quel pallore è tremendo!.... (imprecando e 
supplicando). Natura tristissima, che crei questi angioli per disfarli nel 
modo il più sozzo! Una figlia farà ribrezzo al padre? (ai Commessari).... 
Voglio tenere il mio tesoro, finchè potrò (baciandola sicuramente).... 
Ora posso ancora baciarla. 
PRIMO. Ripasseremo ancora.
TINT. Quando? 
PRIMO. Domani. 
TINT. No!... (Anche la lupa, che vegliò il lupicino trafitto, abbandona 
la tana ai corvi! Io fuggirò'?...) (combattendo fiera battaglia, facendosi 
per crudelissima necessità mansueto). Io stesso la recherò sulle mie 
braccia, le farò posto nella gondola, l'adagerò tranquilla.... Le 
conserverete i fiori e il drappo bianco?... Io l'accompagnerò fin dove 
andrete: poi quando il commessario mi scaccerà... apparecchiate due 
fosse vicine.... 
PRIMO. Messere (gli tende la mano....) 
TINT. (si china, cieco dal dolore, toglie dal cofanetto una collana, fa 
per darla al commessario).... No!... È la collana di mia figlia! Ed io non 
sono degno di baciarla!... (va ad una cassa, con subito pensiero toglie 
una borsa). Prendete:    
    
		
	
	
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