Storia di un'anima, by Ambrogio 
Bazzero 
 
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Title: Storia di un'anima 
Author: Ambrogio Bazzero 
Release Date: August 15, 2006 [EBook #19048] 
Language: Italian 
Character set encoding: ISO-8859-1 
*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DI 
UN'ANIMA *** 
 
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AMBROGIO BAZZERO
STORIA DI UN'ANIMA 
ANIMA. 
SCHIZZI DAL MARE, ACQUERELLI. 
LACRIME E SORRISE--CORRISPONDENZE. 
MALINCONIE DI UN ANTIQUARIO. 
MILANO 
FRATELLI TREVES EDITORI 
1885. 
AMBROGIO BAZZERO 
Erano i tempi della nostra Vita Nuova. 
Con questo titolo uscì nel 1876 a Milano un giornale letterario 
sostenuto in parte dai raminghi scrittori dell'antica Palestra letteraria e 
da altri nuovi venuti. Furono e l'uno e l'altro due bagliori, più che due 
fuochi, ma a quella vampa molti giovani si conobbero a tempo, molte 
volontà si sgranchirono, molti ingegni si accesero. Poi venne la vita 
vera per alcuni, l'oblìo per altri, la morte per i migliori. 
Fu in quell'anno ch'io conobbi Ambrogio Bazzero, il primo dei nostri 
morti, 
Non molto alto di persona, di capelli rari per grave malattia sofferta 
qualche anno prima; con bei baffi rossicci, di fattezze regolari, parlava 
con una voce chiara, ora argutamente, ora in tono di profonda tristezza. 
Mobile, nervoso, fuggevole, caro, fu il più attivo, il più ordinato, il più 
candido di quella babilonia che si diceva per burla Amministrazione 
della Vita Nuova. 
Il Bazzero era nato il 15 ottobre 1851 a Milano, da una ricca famiglia. 
L'essere ricco non nocque a lui, come nuoce a molti che la troppa
fortuna confonde e stanca, perchè il denaro non gl'impedì mai di 
studiare e di fare del gran bene alla povera gente. 
Fin da fanciullo, dice un santo libricciuolo che mi fu dato di consultare, 
Ambrogio mostrò animo così pietoso, che non osava far male a una 
formica. D'inverno spargeva miglio e briciole di pane sul davanzale 
della finestra e godeva a vedere gli uccelli che venivano confidenti a 
mangiare. Era così semplice ne' suoi gusti che un fiore, un frutto, un 
bambino, un cagnolino rapivano subito la sua attenzione e bastavano a 
consolarlo e a rallegrarlo. 
Questa semplicità di gusto egli conservò sempre, e passeggiando con 
lui, era curioso il vedere come egli sapesse rilevare il bello e il 
grottesco nelle cose più comuni, nel saltellare elastico d'un passerotto 
sull'erba, o nel subito atteggiarsi d'un gatto, o nei ghirigori 
d'un'inferriata, o nella frase volante d'un vetturale, o in un proverbio di 
contadini, dei quali sapeva ingegnosamente imitare la cadenza e i fiori 
del linguaggio. 
Dopo il Liceo, in cui fu suo caro maestro Leopoldo Marenco, studiò 
legge privatamente, cosa di cui si lamentava sempre per non aver 
potuto apprendere nel libero consorzio universitario la scienza della 
vita e una maggiore sicurezza di sè stesso. E veramente in lui a 
trent'anni tremava ancora il fanciullo. 
Il pensiero era libero e audace, ma la volontà paurosa. Di questo 
squilibrio di forze, fra l'occhio che vede e la mano che non osa, egli si 
querelava spesso con me durante il nostro viaggio di piacere a Firenze e 
a Venezia, e spesso ne piange anche in questo libro, che è la storia 
dell'anima sua. Più che i codici amava le sue armi antiche di cui aveva 
in casa una ricca collezione, i suoi elmi, le sue spade rugginose, le 
celate, gli stocchi, gli archibugi a ruota. Nè minore era il suo 
entusiasmo per ogni altra sorta d'anticaglia, mobili, stipi, poltrone, 
inferriate, tappeti, e non già per moda, come usarono poi molti dei 
nostri ricchi, ma per il sentimento che gli faceva credere d'abbracciare 
in quelle cose lo spirito di più generazioni. Alle anime generose è poca 
soltanto una vita.
Io me ne accorsi in quel nostro viaggio del 1876. Era la prima volta che 
si spiccava il volo dalla casa, e freschi entrambi di studi e di affetti, 
corremmo a contemplare le porte del paradiso, il campanile di Giotto, 
e poi San Marco e la laguna. Quali giorni nella mia vita e come sento 
che molta parte della vita di lui è rimasta come trasfusa in me! Quando 
entrando nella sala del Bargello a Firenze, vide una stupenda raccolta di 
fucili d'ogni tempo, egli gettò un grido di gioia e per poco non mi 
abbracciò, senza chiedermi pure se io avessi mai letta la sua 
monografia: Sopra gli archibugi a ruota ch'egli aveva pubblicato a 
vent'anni. 
Nella sala della Morte a Firenze, volle provarsi    
    
		
	
	
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