che gli eran 
care, tutti i critici gli furono addosso, accusandolo d'aver voluto sforzar 
la nota, d'aver cercato a tutt'i costi una originalità violenta, d'aver dato 
un esempio pernicioso, il quale non poteva servire che a fondare una 
scuola più pazzesca che nuova. 
Lo si trattò veramente a guisa d'un precursore: e quale precursore fu 
mai trattato bene? Si battagliò intorno al libro con una passione e un 
vigore che oggi i critici non hanno più. In una sola cosa furono 
d'accordo coloro che giudicavano sui giornali: nel gridare al pericolo 
delle imitazioni, le quali avrebbero precipitato la letteratura in un 
abisso di follia. Avancinio Avancini, chiamando l'autore di Roberta 
palloncino gonfiato (_Risveglio Educativo_, 12 giugno 1897) e pur non 
negando che nel cervello di lui una certa dose di fosforo ci fosse, alzò
la voce perchè la tesi di Roberta era immorale: e «questo precursore del 
secolo ventesimo» diceva «nasconde sotto l'artifizio retorico una 
grande povertà di buon senso». 
E Luigi Pirandello, il quale dava conto dei libri nella Rassegna 
Universale di Roma con lo pseudonimo di Giulian Dorpelli, si turbò al 
pensiero che Roberta potesse dar vita a una serie numerosa d'imitatori. 
E falciando largamente tra le imagini onde il romanzo traboccava, e 
citandole ad esempio da fuggirsi, dichiarava che l'autore con quella sua 
barca parata di pennoncelli sarebbe presto andato a finire «sulle secche 
della follia»; ma, aggiungeva con tristezza, «sentirete come batteran le 
code i pòmpili seguaci tra la scìa spumosa...... 
I pòmpili seguaci non ci furono; per avvivarli e tirarseli dietro, 
occorreva che l'autore di Roberta scrivesse un altro libro di quel colore, 
un altro poema balzano; e il futurismo sarebbe stato fondato; un 
futurismo, intendo, di sostanza e di pensiero, rosso d'imagini e protervo 
d'idee. Ma l'autore di Roberta non fu tanto sgominato dall'urlar della 
critica, quanto dal timore di dover presto rispondere di tutte le 
corbellerie che gli imitatori avrebbero scritto in suo nome.... Il 
precursore non diede il secondo volume, non calò il secondo colpo; e 
poichè gli anni--1898!--volgevano tristi per il paese, si diede alla 
politica, e stette dal 1898 al 1902 silenzioso per tutte le forme d'arte 
letteraria. 
Così i pòmpili seguaci intravisti dal Pirandello guizzarono per altre 
acque, dietro altre barche con altri pennoncelli; e l'autore di Roberta 
non deve rispondere oggi d'una scuola, ma di un giovanile tentativo di 
rivolta, d'un'orgia poetica ch'egli si largì per divertire se stesso innanzi 
agli altri. Fu ebbro, liberamente; ruppe gli argini alla fantasia, 
lasciandola prorompere, dilagare, infuriare; parlò di passione e di morte, 
d'odio e d'amore; cantò la bellezza femminile, la gioia della vita, la 
fatalità della morte, la ricchezza della natura invitta e crudele.... Poi 
tacque cinque anni, battendosi tra le fazioni politiche e cercando 
istintivamente l'impopolarità la più pericolosa.... L'autore di Roberta 
non trovò, per questo, non dico la forza, ma la voglia di fondare una 
scuola letteraria, e non la troverà mai. 
Posso andarne mallevadore, perchè l'autore di Roberta sono io. 
LUCIANO ZÙCCOLI.
ROBERTA 
 
I. 
La prima volta che Cesare Lascaris entrò in casa delle due sorelle, il 
cielo sfarfallava di lampi infaticabili a levante e a ponente, come per 
un'alternativa di colori liquefatti e largamente diffusi sopra una cupola 
immensa. 
Roberta era stata ripresa dal suo male. 
Una leggera spuma rosea le era sgorgata dalla bocca, mentre innanzi 
alla finestra seguiva col binocolo un vapore, che all'ultima linea delle 
acque passava sotto il tumulto dei lampi, sotto il cumulo più nero delle 
nubi. Aveva deposto sùbito il cannocchiale, e volgendosi a Emilia con 
la pezzuola umida di sangue, aveva detto: 
--Ecco!--rispondendo alla sorda inquietudine, che dalla prima comparsa 
del morbo le aveva confitto gli artigli nel cuore. 
Il giorno, levatosi per le due giovani tranquillo come gli altri, divenne 
repentinamente funebre; l'uragano addensato fuori, parve ad ambedue il 
quadro naturale in cui il dramma doveva svolgersi, e l'aria pregna di 
correnti elettriche, solcata dalle luci minacciose, le avvolse e le fece 
vibrare di spavento. 
L'Implacabile risorgeva. 
Avevan voluto dimenticarla, fuggendo dalla città, aspirando i germi 
vitali nel paesello ligure inapprezzato dal capriccio misterioso della 
folla. Tutto della loro vita era stato tacitamente disposto per 
raggiungere quell'oblio. Scorrevano ogni giorno lungo tempo sulle 
rocce più inoltrate nel mare, fin dove l'onda s'accartocciava ribollendo 
passeggiavano adagio, metodicamente verso il crepuscolo, dov'era men 
facile incontrare i carri, che sollevavano nugoli di polvere; la villetta 
era aperta sempre a finestrate di sole, a fiumi d'aria pura. Roberta 
seguiva i consigli dei medici, ed Emilia si studiava d'allontanarle ogni 
causa di malcontento. 
Se si fissavan negli occhi per leggervi il medesimo pensiero 
inconfessato, gli occhi tentavan sùbito d'esprimere pensieri frivoli e 
pieni d'avvenire. Il male sembrava cosa antica, pessimo sogno 
pessimamente interpretato dagli uomini della scienza. Guardavano 
innanzi a sè, lasciandosi addietro il ricordo della malattia breve e 
furiosa, cui Roberta s'era sottratta    
    
		
	
	
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