le 
palpebre e il bianco
Volto segno non dan quasi di vita,
Con orrenda 
ansietà pongo il mio labbro
Sovra il suo labbro per sentir se spiri:
E 
del tremor tuo tremo.--In feste e giochi
Tenerla volli, e sen tediò: di 
gemme
Dovizïosa e d'oro e di possanza
Farla, e fu grata ma non 
lieta. Al cielo
Devota è assai: novelle are costrussi.
Cento vergini e 
cento alzano ognora
Preci per lei, che le protegge ed ama.
Ella 
s'avvede ch'ogni studio adopro
Onde piacerle, e me lo dice, e piange.
Talor mi sorge un reo pensier... Avessi
Qualche rivale? O ciel! ma 
se da tutta
La sua persona le traluce il core
Candidissimo e puro!... 
Eccola.
SCENA II. 
FRANCESCA E DETTI. 
GUIDO. 
Figlia,
Abbracciami. Son io... 
FRANCESCA. 
Padre... ah, la destra
ch'io ti copra di baci! 
GUIDO. 
Al seno mio,
Qui... qui confondi i tuoi palpiti a' miei
Vieni, prence. 
Ambidue siete miei figli:
Ambidue qui... Vi benedica il cielo!
Così 
vi strinsi ambi quel dì che sposi
Vi nomaste. 
FRANCESCA. 
Ah, quel dì!... fosti felice,
O padre. 
LANCIOTTO. 
E che? forse dir vuoi che il padre
Felice, e te misera festi? 
FRANCESCA. 
Io vero
Presagio avea, che male avrei lo sposo
Mio rimertato con 
perenne pianto,
E te lo dissi, o genitor: chiamata
Alle nozze io non 
era. Il vel ti chiesi;
Tu mi dicesti che felice il mio
Imen sol ti 
farebbe... io t'obbedii. 
GUIDO. 
Ingrata, il vel chieder potevi a un padre
A cui viva restavi unica prole?
Negar potevi a un genitor canuto
D'avere un dì sulle ginocchia un
figlio
Della sua figlia? 
FRANCESCA. 
Non per me mi pento.
Iddio m'ha posto un incredibil peso
D'angoscia sovra il core, e a sopportarlo
Rassegnata son io. Gli anni 
miei tutti
Di lagrime incessanti abbeverato
Avrei del pari in 
solitaria cella
Come nel mondo. Ma di me dolente
Niuno avrei 
fatto!... liberi dal seno
Sariano usciti i miei gemiti a Dio,
Onde 
guardasse con pietà la sua
Creatura infelice, e la togliesse
Da questa 
valle di dolor!... Non posso
Nè bramar pure di morir: te affliggo,
O 
generoso sposo mio, vivendo:
T'affliggerei più, s'io morissi. 
LANCIOTTO. 
O pia
E in un crudele! Affliggimi, cospargi
Di velen tutte l'ore mie, 
ma vivi. 
FRANCESCA. 
Troppo tu m'ami. E temo ognor che in odio
Cangiar tu debba l'amor 
tuo... punirmi...
Di colpa ch'io non ho... d'involontaria
Colpa 
almeno.... 
LANCIOTTO. 
Qual colpa? 
FRANCESCA. 
Io... debolmente
Amor t'esprimo... 
LANCIOTTO. 
E il senti? Ah, dirti cosa
Mai non volea ch'ora dal cor mi fugge!
Vorresti, e amarmi, oh ciel! nol puoi...
FRANCESCA. 
Che pensi? 
LANCIOTTO. 
Rea non ti tengo... involontarii sono
Spesso gli affetti... 
FRANCESCA. 
Che? 
LANCIOTTO. 
Perdona. Rea
Io non ti tengo, tel ridico, o donna:
Ma il tuo dolor... 
sarebbe mai... di forte
Alma in conflitto con biasmato... amore? 
FRANCESCA. 
(Gettandosi nelle braccia di Guido.) 
Ah, padre, salva la mia fama. Digli,
E giuramento abbine tu, che 
giorni
Incolpabili io trassi al fianco tuo,
E che al suo fianco io non 
credea che un'ombra
Pur di sospetto mai data gli avessi. 
LANCIOTTO. 
Perdona: amore è di sospetti fabbro.--
Io fra me spesso ben dicea: Se 
pure,
Fanciulla ancor, d'immacolato amore
Si fosse accesa, e or 
tacita serbasse
Il sovvenir d'un mio rival, cui certo
Ella antepone il 
suo dover, qual dritto
Di esacerbar la cruda piaga avrei,
Indagando 
l'arcano? Eterno giaccia
Nel suo innocente cor, s'ella ha un arcano!
Ma dirlo deggio? Il dubbio mio s'accrebbe
Un dì che al fratel tuo lodi 
tessendo,
Io m'accingeva a consolarti. Invasa
Da trasporto 
invincibile, sclamasti:
Dove, o segreto amico mio del cuore,
Dove 
n'andasti? Perchè mai non torni,
Sì che pria di morire io ti riveggia?
FRANCESCA. 
Io dissi? 
LANCIOTTO. 
Nè a fratel volti que' detti
Parean. 
FRANCESCA. 
Fin nel delirio, agl'infelici
Scrutar vuolsi il pensier? Sono infelici,
Nè basta: infami anch'esser denno. Ognuno
Contro l'afflitto spirto lor 
congiura;
Ognun... pietà di lor fingendo... gli odia;
Non pietà no, la 
tomba chieggon... Quando
Più sopportarmi non potrai, la tomba
Aprimi sì; discenderovvi io lieta:
Lieta pur ch'io... da ogn'uom fugga! 
GUIDO. 
Vaneggi?
Figlia... 
LANCIOTTO. 
Quai su di me vibri tremendi
Sguardi! Che li fec'io? 
FRANCESCA. 
Di mie sciagure
La cagion non sei tu?... Perchè strapparmi
Dal suol 
che le materne ossa racchiude?
Là calmato avria il tempo il dolor mio;
Qui tutto il desta, e lo rinnova ognora...
Passo non fo ch'io non 
rimembri...--Oh insana!
Fuor di me son. Non creder, no... 
LANCIOTTO. 
... A Ravenna,
Francesca, sì, col genitor n'andrai. 
GUIDO.
Prence, t'arresta. 
LANCIOTTO. 
Oh, a' dritti miei rinunzio.
Dalla tua patria non verrò a ritorti:
Chi 
orror t'ispira, ed è tuo sposo, e t'ama
Pur tanto, più non rivedrai... se 
forse
Pentita un giorno e a pietà mossa, al tuo
Misero sposo non 
ritorni... E forse,
Dall'angosce cangiato, ah, ravvisarmi
Più non 
saprai! Ben io, ben io nel core
La tua presenza sentirò: al tuo seno
Volerò perdonandoti. 
FRANCESCA. 
Lanciotto,
Tu piangi? 
GUIDO. 
Ah figlia! 
FRANCESCA. 
Padre mio! Vedesti
Figlia più rea, più ingrata moglie? iniqui
Detti 
mi sfuggon nel dolor, ma il labbro
Sol li pronuncia. 
GUIDO. 
Ah, di tuo padre i giorni
Non accorciar, nè del marito vane
Far le 
virtù per cui degna e adorata
Consorte il ciel gli concedea! Più lieve
Sarà la terra sovra il mio sepolcro,
Se un dì, toccando, giurerai che 
lieto
Di prole festi e del tuo amor lo sposo. 
FRANCESCA. 
Io accorcerei del padre mio la vita?
No. Figlia e moglie esser vogl'io: 
men doni
Lo forza il ciel. Meco il pregate! 
GUIDO.
Rendi
A mia figlia la pace!    
    
		
	
	
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