Poesie scelte | Page 2

Silvio Pellico
le
palpebre e il bianco
Volto segno non dan quasi di vita,
Con orrenda
ansietà pongo il mio labbro
Sovra il suo labbro per sentir se spiri:
E
del tremor tuo tremo.--In feste e giochi
Tenerla volli, e sen tediò: di
gemme
Dovizïosa e d'oro e di possanza
Farla, e fu grata ma non
lieta. Al cielo
Devota è assai: novelle are costrussi.
Cento vergini e
cento alzano ognora
Preci per lei, che le protegge ed ama.
Ella
s'avvede ch'ogni studio adopro
Onde piacerle, e me lo dice, e piange.

Talor mi sorge un reo pensier... Avessi
Qualche rivale? O ciel! ma
se da tutta
La sua persona le traluce il core
Candidissimo e puro!...
Eccola.

SCENA II.
FRANCESCA E DETTI.
GUIDO.
Figlia,
Abbracciami. Son io...
FRANCESCA.
Padre... ah, la destra
ch'io ti copra di baci!
GUIDO.
Al seno mio,
Qui... qui confondi i tuoi palpiti a' miei
Vieni, prence.
Ambidue siete miei figli:
Ambidue qui... Vi benedica il cielo!
Così
vi strinsi ambi quel dì che sposi
Vi nomaste.
FRANCESCA.
Ah, quel dì!... fosti felice,
O padre.
LANCIOTTO.
E che? forse dir vuoi che il padre
Felice, e te misera festi?
FRANCESCA.
Io vero
Presagio avea, che male avrei lo sposo
Mio rimertato con
perenne pianto,
E te lo dissi, o genitor: chiamata
Alle nozze io non
era. Il vel ti chiesi;
Tu mi dicesti che felice il mio
Imen sol ti
farebbe... io t'obbedii.
GUIDO.
Ingrata, il vel chieder potevi a un padre
A cui viva restavi unica prole?

Negar potevi a un genitor canuto
D'avere un dì sulle ginocchia un

figlio
Della sua figlia?
FRANCESCA.
Non per me mi pento.
Iddio m'ha posto un incredibil peso

D'angoscia sovra il core, e a sopportarlo
Rassegnata son io. Gli anni
miei tutti
Di lagrime incessanti abbeverato
Avrei del pari in
solitaria cella
Come nel mondo. Ma di me dolente
Niuno avrei
fatto!... liberi dal seno
Sariano usciti i miei gemiti a Dio,
Onde
guardasse con pietà la sua
Creatura infelice, e la togliesse
Da questa
valle di dolor!... Non posso
Nè bramar pure di morir: te affliggo,
O
generoso sposo mio, vivendo:
T'affliggerei più, s'io morissi.
LANCIOTTO.
O pia
E in un crudele! Affliggimi, cospargi
Di velen tutte l'ore mie,
ma vivi.
FRANCESCA.
Troppo tu m'ami. E temo ognor che in odio
Cangiar tu debba l'amor
tuo... punirmi...
Di colpa ch'io non ho... d'involontaria
Colpa
almeno....
LANCIOTTO.
Qual colpa?
FRANCESCA.
Io... debolmente
Amor t'esprimo...
LANCIOTTO.
E il senti? Ah, dirti cosa
Mai non volea ch'ora dal cor mi fugge!

Vorresti, e amarmi, oh ciel! nol puoi...

FRANCESCA.
Che pensi?
LANCIOTTO.
Rea non ti tengo... involontarii sono
Spesso gli affetti...
FRANCESCA.
Che?
LANCIOTTO.
Perdona. Rea
Io non ti tengo, tel ridico, o donna:
Ma il tuo dolor...
sarebbe mai... di forte
Alma in conflitto con biasmato... amore?
FRANCESCA.
(Gettandosi nelle braccia di Guido.)
Ah, padre, salva la mia fama. Digli,
E giuramento abbine tu, che
giorni
Incolpabili io trassi al fianco tuo,
E che al suo fianco io non
credea che un'ombra
Pur di sospetto mai data gli avessi.
LANCIOTTO.
Perdona: amore è di sospetti fabbro.--
Io fra me spesso ben dicea: Se
pure,
Fanciulla ancor, d'immacolato amore
Si fosse accesa, e or
tacita serbasse
Il sovvenir d'un mio rival, cui certo
Ella antepone il
suo dover, qual dritto
Di esacerbar la cruda piaga avrei,
Indagando
l'arcano? Eterno giaccia
Nel suo innocente cor, s'ella ha un arcano!

Ma dirlo deggio? Il dubbio mio s'accrebbe
Un dì che al fratel tuo lodi
tessendo,
Io m'accingeva a consolarti. Invasa
Da trasporto
invincibile, sclamasti:
Dove, o segreto amico mio del cuore,
Dove
n'andasti? Perchè mai non torni,
Sì che pria di morire io ti riveggia?

FRANCESCA.
Io dissi?
LANCIOTTO.
Nè a fratel volti que' detti
Parean.
FRANCESCA.
Fin nel delirio, agl'infelici
Scrutar vuolsi il pensier? Sono infelici,

Nè basta: infami anch'esser denno. Ognuno
Contro l'afflitto spirto lor
congiura;
Ognun... pietà di lor fingendo... gli odia;
Non pietà no, la
tomba chieggon... Quando
Più sopportarmi non potrai, la tomba

Aprimi sì; discenderovvi io lieta:
Lieta pur ch'io... da ogn'uom fugga!
GUIDO.
Vaneggi?
Figlia...
LANCIOTTO.
Quai su di me vibri tremendi
Sguardi! Che li fec'io?
FRANCESCA.
Di mie sciagure
La cagion non sei tu?... Perchè strapparmi
Dal suol
che le materne ossa racchiude?
Là calmato avria il tempo il dolor mio;

Qui tutto il desta, e lo rinnova ognora...
Passo non fo ch'io non
rimembri...--Oh insana!
Fuor di me son. Non creder, no...
LANCIOTTO.
... A Ravenna,
Francesca, sì, col genitor n'andrai.
GUIDO.

Prence, t'arresta.
LANCIOTTO.
Oh, a' dritti miei rinunzio.
Dalla tua patria non verrò a ritorti:
Chi
orror t'ispira, ed è tuo sposo, e t'ama
Pur tanto, più non rivedrai... se
forse
Pentita un giorno e a pietà mossa, al tuo
Misero sposo non
ritorni... E forse,
Dall'angosce cangiato, ah, ravvisarmi
Più non
saprai! Ben io, ben io nel core
La tua presenza sentirò: al tuo seno

Volerò perdonandoti.
FRANCESCA.
Lanciotto,
Tu piangi?
GUIDO.
Ah figlia!
FRANCESCA.
Padre mio! Vedesti
Figlia più rea, più ingrata moglie? iniqui
Detti
mi sfuggon nel dolor, ma il labbro
Sol li pronuncia.
GUIDO.
Ah, di tuo padre i giorni
Non accorciar, nè del marito vane
Far le
virtù per cui degna e adorata
Consorte il ciel gli concedea! Più lieve

Sarà la terra sovra il mio sepolcro,
Se un dì, toccando, giurerai che
lieto
Di prole festi e del tuo amor lo sposo.
FRANCESCA.
Io accorcerei del padre mio la vita?
No. Figlia e moglie esser vogl'io:
men doni
Lo forza il ciel. Meco il pregate!
GUIDO.

Rendi
A mia figlia la pace!
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 47
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.