Poesie inedite vol. I

Silvio Pellico
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Title: Poesie inedite vol. I
Author: Silvio Pellico
Release Date: October 1, 2006 [EBook #19429]
Language: Italian
Character set encoding: ISO-8859-1
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INEDITE VOL. I ***
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POESIE
INEDITE
DI
SILVIO PELLICO.
L'Autore intende di godere del privilegio conceduto dalle
Regie
Patenti del 28 febbrajo 1826, avendo egli adempito
quanto esse
prescrivono.

POESIE
INEDITE
DI
SILVIO PELLICO
VOLUME PRIMO.
TORINO
TIPOGRAFIA CHIRIO E MINA.
MDCCCXXXVII.
AI LETTORI.
Avendo alquanto coltivato la poesia sin da' giovenili anni, e trattone
dolcezza, non so cessare d'amarla, e di lasciarmi talvolta da essa
ispirare scrivendo i miei più intimi pensieri e sentimenti. Così son nati i
versi che oggi m'avventuro di pubblicare, sebbene sia consapevole
essere in questi il buon desiderio molto maggiore del merito, e sebbene
soglia dirsi nell'età nostra, giovare che gli scrittori italiani gareggiano
piuttosto in moltiplicare le buone prose, che in arricchire il tesoro della
poesia patria, già cotanto abbondante ed egregio. Non condanno siffatta
opinione a favore delle buone prose, le quali pur vorrei vedere
aumentarsi ogni giorno nella nostra letteratura, ma dimando grazia
anche per le poetiche produzioni. Se svolgono affetti lodevoli e verità
religiose e civili, le impressioni che fanno su gli animi possono riuscire
benefiche al pari d'impressioni destate da libri morali d'altro genere.
Non poca parte de' versi che do alla luce si riferisce precipuamente alle
mie vicende, a' miei dolori, alle mie speranze, alle consolazioni
recatemi dalla Fede. Mi sono chiesto se non era temerità il dipingere sì
lungamente me stesso, e forse ell'è temerità infatti. M'è nondimeno
sembrato che la pittura del mio cuore acquistasse un rilievo dagli
oggetti nobilissimi che v'ho associato, e segnatamente dal più sublime
di tutti--Iddio.

Sospetto che avrei fatto meglio a parlare di Lui, di Religione, di Virtù,
senza tanto a me medesimo por mente, ma non ho saputo. Il benigno
lettore gradirà con indulgenza questa confessione: ho argomento di
sperarlo, sapendo che altra volta già m'è stato generalmente perdonato
il rappresentare con tutta fiducia l'interno dell'anima mia.
AL MARCHESE
TANCREDI FALLETTI DI BAROLO
ED ALLA MARCHESA
GIULIETTA NATA COLBERT
SUA CONSORTE
OMAGGIO DELL'AUTORE.
LA MIA GIOVENTÙ.
Cor mundum crea in me, Deus.
(_Ps_. 50).
Lamento sui fuggiti anni primieri,
Che fecondi di speme Iddio mi
dava,
E di ricchi d'amore alti pensieri!
Tra giubili ed affanni io m'agitava,
Ed incessanti studi, e bramosia

Di sollevarmi dalla turba ignava;
E spesso dentro al cor parola udìa
Che diceami dell'uom sublimi cose,

Tali che d'esser uomo insuperbìa.
Pupille aver credea sì generose
Il mio intelletto, che dovesser tutte

Schiudersi a lui le verità nascose;
E di ragion nelle più forti lutte
Io mi scagliava indomito; sognante

Che sempre indagin lumi eccelsi frutte.
Quella vita arditissima ed amante
Di scïenza e di gloria e di giustizia

Alzarmi imprometteva a gioie sante.
Nè sol fremeva dell'altrui nequizia,
Ma quando reo me stesso io

discopriva,
L'ore mi s'avvolgean d'onta e mestizia.
Poi dal perturbamento io risalíva
A proposti elevati ed a preghiere,

Me concitando a carità più viva.
Perocchè m'avvedea ch'uom possedere
Stima non può di se medesmo
e pace,
S'ei non calca del Bel le vie sincere.
Ma allor che fulger più parea la face
Di mia virtù, vi si mescea
repente
D'innato orgoglio il lucicar fallace.
E allor Dio si scostava da mia mente,
E a gravi rischi mi traea
baldanza,
Ed infelice er'io novellamente.
Se così vissi in lunga titubanza,
Ond'or vergogno, ah! tu pur sai, mio
Dio,
Che tremenda cingeami ostil possanza!
Sfavillante d'ingegno il secol mio,
Ma da irreligiose ire insanito,

Parlava audace, ed ascoltaval'io.
E perocchè tra' suoi sofismi ordito
Pur tralucea qualche pregevol
lampo,
Spesso da quelli io mi sentìa irretito.
Egli imprecando ogni maligno inciampo
Sciogliea della ragion laudi
stupende,
Ma insiem menava di bestemmie vampo.
Ed io, come colui che intento pende
Da labbra eloquentissime e
divine,
E ogni lor detto all'alma gli s'apprende,
Meditando del secol le dottrine,
Inclinava i miei sensi alcuna volta

Di servil riverenza entro il confine.
Tardi vid'io ch'a indegne colpe avvolta
Era sua sapïenza, e vidi tardi

Ch'ei debaccava per superbia stolta.
Trasvolaron frattanto i dì gagliardi
Della mia giovinezza, e sovra

mille
Splendide larve io posto avea gli sguardi;
E nulla oprai che d'alta luce brille!
E si sprecar fra inani desidèri

Dell'alma mia bollente le faville!
Lamento sui fuggiti anni primieri
Che d'eccelse speranze ebbi fecondi,

E di ricchi d'amore alti pensieri!
Ma sien grazie al Signor che, ne' profondi
Delirii miei, pur non sorrisi
io mai
Agl'inimici suoi più furibondi:
Sempre attraverso tutte nebbie, i rai
Del
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