parte dell'amico bestia. 
Io balzo dal letto, mi vesto alla spiccia e corro alla stanza di Gianbarba 
gridando: ma dunque! siam vivi o morti? vuoi o non vuoi alzarti 
stamattina? 
--Se voglio alzarmi! non desidero che questo, risponde Gianbarba 
balzando dal letto in camicia; non aspettava altro se non che lei venisse 
a vestirmi.... 
In sulle prime, lo strano contegno di Gianbarba e le inattese parole da 
lui profferite mi parvero inesplicabili. Ma poi, sovvenendomi dello 
stupore che il poveraccio aveva manifestato la sera innanzi nell'udire 
che io mi assumeva di nutrirlo e di vestirlo, indovinai.... compresi tutto; 
e mentre Gianbarba, seduto in camicia sovra una scranna, mi stendeva 
le gambe in attesa che io gli mettessi le calzature, mi scrosciò dal petto 
una risata sì impetuosa e gagliarda ch'io temetti di non reggere all'urto e 
mi appoggiai per sostenermi alla muraglia. 
--Abbi là bontà, gli dissi poco dopo allontanandomi, di vestirti colle tue 
proprie mani per questa volta; faremo in seguito dei nuovi patti. 
Rientrai nella mia stanza per finire di abbigliarmi, poi scesi nello 
studiolo. Di là a poco, Gianbarba mi raggiunse. 
--Se vuol avere la compiacenza di dirmi cosa desidera da pranzo 
quest'oggi, io andrò subito al mercato per fare le provviste, mi disse il 
gaglioffo serio serio, come se nulla fosse accaduto. 
Io stetti in forse un istante. Alla fine, dopo aver riflettuto, gli dissi: 
quest'oggi andrò a pranzare all'albergo come ho fatto ieri; nullameno 
voglio mettere alla prova la tua abilità. Sai tu cucinare per bene gli 
asparagi? 
--Non la si dubiti. 
--Ebbene, farò colazione in casa. Va in sulla piazza; se puoi avere degli
asparagi al prezzo di una lira al mazzo, comprane pure due mazzi; se 
costassero ancora una lira e cinquanta come per lo addietro, prendine 
uno solo. Mi hai ben capito? 
--Due mazzi se costano una lira; se poi costassero più di una lira.... 
--Uno solo. 
--Fra mezz'ora la colazione sarà servita--vado e ritorno di volo. 
Gianbarba ha il dono della lestezza, convien rendergli questa giustizia. 
Nel tempo ch'io impiegai a scrivere una letteruccia di due pagine, egli 
andò e tornò dal mercato. 
Eccolo all'uscio del mio studiolo.--Ho eseguito appuntino i suoi ordini, 
mi dice con viso radiante; gli asparagi costavano venticinque soldi al 
mazzo, ed io ne ho preso uno solo.... 
--Benissimo!... è grosso? 
--Così.... così.... discretamente.... come questo mio dito.... 
--Come il tuo dito!... Oh! sta a vedere che sei tanto imbecil..... 
Ma non ebbi tempo di proferire la dura parola, chè l'altro in men ch'io 
nol dica balzò in cucina, e ricomparendomi innanzi con un asparago 
nella mano: eccolo, mi dice, non è dei più piccoli; se questo le può 
bastare per far colazione.... 
Non ebbi il coraggio di fargli un rimprovero, nè di ridergli in faccia. 
Quel povero gaglioffo, col suo fusto di asparago alla mano, mi faceva 
pietà. 
--Torna in piazza, gli dissi pacatamente; fa di aver quattro uova da 
friggere al tegame, e non dirmi più nulla fino a quando la colazione non 
sia pronta. 
--In verità.... pareva anche a me che un asparago solo non potesse 
bastare, disse il gaglioffo allontanandosi--il pretore non ne mangiava
meno di sei anche quando costavano 25 centesimi al chilo. Quanto al 
friggere le uova, si fidi di me; in due salti vado e ritorno; fra mezz'ora 
sarà servito. 
Non vi ebbero altri guai per la colazione. Gianbarba cucinò le uova 
stupendamente e mi porse una tazza di caffè irreprensibile. 
Verso le undici, uscii per la mia solita passeggiata. Rientrando, trovai 
Gianbarba avvolto in una nube di polvere. Egli avea finito di scopare 
gli appartamenti e si accingeva a ripulire le mobilie. 
--Vado a coricarmi per un paio d'ore, gli dissi. Se qualcuno chiedesse di 
me, dirai che non sono in casa, a meno che non venisse in sulla porta 
l'architetto Fagnani--lo conosci, l'architetto Fagnani?.... 
--No, signore. 
--Naturalmente, presentandosi, ti declinerà il suo nome. Ma in ogni 
modo tu potrai riconoscerlo alla piccola prominenza ch'egli ha sulla 
schiena.... mi capisci... 
--Scusi, signor padrone; una piccola prominenza non vuol dire ciò che 
parlando con poco rispetto si chiama il gobbo? 
--Alla buon'ora, vedo che cominciamo ad intenderci--dunque.... 
--La vadi pure, e dorma tranquillo. 
Non ebbi il tempo di giungere all'uscio della mia stanza, che una 
solenne strappata di campanello annunziò una visita. 
Gianbarba corse ad aprire--io mi soffermai sul pianerottolo della scala e 
tesi l'orecchio. 
--È in casa il signor Decio? chiede una voce ch'io ho udito altre volte. 
--Il signor Decio!--vediamo un poco, risponde Gianbarba--favorisca di 
voltarsi.... e poi le dirò.... quello che ho l'ordine di dirgli.
--Questa è nuova! esclama l'altro con voce vibrata--ti fa tanta 
soggezione la mia faccia, che tu non osi?... 
--Le dirò, risponde Gianbarba con flemma; gli è che prima di 
rispondere, io debbo vedere se Lei ha proprio quella tale escrescenza 
sulla schiena.... ovverossia, parlando con    
    
		
	
	
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