solo ho dovuto smaltirmi le ossa di due paperi e quelle di Nasella per 
giunta. Micione, il gatto di casa, che gli altri anni mi aiutava col suo 
buon stomaco alla cremazione degli scheletri, questa volta.... fu egli 
stesso cremato da alcuni buontemponi, i quali, in difetto di pollame, lo 
mangiarono in guazzetto. Ringraziamo Dio d'aver dato alle nostre carni 
un sapore ripugnante al palato degli uomini; ove ciò non fosse, questi 
signori sarebbero ben capaci di divorarci anche noi, che siamo, come 
essi affermano colle parole e cogli scritti, i loro migliori amici.» 
FIDO. 
 
GIANBARBA 
La scorsa settimana, dopo aver constatato, dietro esame de' miei bilanci 
segreti, che i miei molteplici impiegi mi rendono nel corso dell'annata
un beneficio netto di lire duemila all'incirca, mi è parso di poter 
finalmente concedermi il lusso di un domestico. 
Esposi il mio pensiero all'amico Eugenio--un amico nel quale ho piena 
fiducia. 
--Ho l'uomo che fa al caso tuo, disse quegli. 
--A meraviglia!... Quando potrò vederlo? 
--Stassera istessa.... Vado subito in cerca di lui.... Non convien perder 
tempo--sai bene--c'è grande carestia di domestici, e qualcuno potrebbe 
prevenirci. 
--Bada ch'io non voglio spender troppo.... 
--Il mio uomo deve avere delle esigenze modestissime. 
--Fedele? 
--A tutta prova. Egli durò per un anno al servizio del pretore Buschetti, 
il quale, traslocato subitamente a Catania, era dolentissimo di non 
potere, in causa del grave dispendio, condur seco quella perla di 
domestico. 
--Sta bene.... Affrettati, dunque!... e appena ti vien fatto di trovarlo, 
mandalo qui; io rimarrò in casa ad attenderlo. 
Non attesi molto. Di là a due ore, l'uomo fu alla mia porta. 
--Come ti chiami? 
--Gianbarba, per servirla. 
--È inutile che io ti domandi se sai far la cucina.... 
--Far la cucina!... Oh! questo poi!... 
--Come! non sai far la cucina!... Non sei stato per un anno al servizio
del pretore Buschetti? 
--Sì, signore; ma quando andai dal signor pretore, ho trovato la cucina 
bell'e fatta, coi rispettivi fornelli e tutto l'occorrente.... 
--Vedo che sei faceto!... tanto meglio; amo gli uomini di buon umore.... 
So che il pretore si lodava molto di te.... Ciò che mi preme è di aver in 
casa un uomo onesto e fedele, ed ho avuto sul tuo conto le migliori 
informazioni.--Quanto chiedi di salario? 
--Faccia lei, signor padrone--io non voglio metter limiti alla sua 
generosità. 
--È un furbo!--pensai io... Poi gli dissi: amo i patti chiari; la mia 
generosità non ha confini, ma lo stesso non si può dire delle mie rendite. 
Dunque, ascoltami bene. Io ti nutrirò, io ti vestirò, e alla fine di ogni 
mese ti darò dieci lire di stipendio. Sei contento? 
--Come!... Lei si degnerebbe?... Ma io non merito tanto.... 
--Alla buon'ora! Vedo che l'amico Eugenio non mi ha ingannato, e che 
le tue pretese sono modeste. Per mia parte non esigo molto; non ho 
moglie, non ho famiglia. Terrai puliti gli appartamenti, mi appresterai 
ogni giorno un paio di piatti e una buona minestra, custodirai la casa 
quand'io andrò fuori.... Insomma. 
--Insomma, non serve che Lei mi dica altro. La servirò come ho servito 
per un anno il signor pretore.... 
--Precisamente; non chieggo altro. 
--Quando Lei crede, sono pronto ad entrare in servizio. 
--A meraviglia! Va a prendere le tue valigie, se ne hai. Io ti assegnerò 
una camera, e questa sera istessa dormirai qui. 
Gianbarba fece un inchino e se ne andò, promettendo che di là a pochi 
minuti sarebbe tornato.
--Mi pare un buon diavolaccio, esclamai accompagnandolo coll'occhio 
mentr'egli si allontanava. Al muso lo si direbbe un po' scimunito, ma 
avvien spesso che sotto una stupida fisonomia si nasconda una mente 
argutissima. 
Gianbarba non tardò molto a ricomparire. Io gli mostrai la sua stanza, e 
parve assai soddisfatto. Lo condussi nel mio studiolo, nel mio salottino, 
nella mia camera da letto poco discosta dalla sua, in cucina, in cantina, 
in ogni angolo della casa. Apersi gli armadî, gli indicai i ripostigli più 
segreti, gli feci la consegna delle stoviglie e delle suppellettili da 
cucina.--Vedo che c'è molta roba, sclamava il debben figliuolo ad ogni 
tratto.... Va bene! la casa è ben fornita.... Solamente.... mi pare.... 
--Che cosa? 
--Che manchi quello strumento.... 
--Non ti capisco.... 
--Voleva dire.... la canna.... 
--Una volta per sempre: bada che io non amo le reticenze--via! non 
metterti in soggezione!... Fra padrone e domestico bisogna parlar chiaro, 
se si vuole intendersi.... Dunque: cos'è questa canna che tu mi vai 
suonando? 
--Poichè ella vuol proprio che la nomini, le dirò dunque, salvo il 
rispetto a lei dovuto, che intendo parlare della canna da serviziale. 
Colpito di meraviglia, io vibro una occhiata perforatrice nel volto del 
domestico. Nel cervello mi balena un pensiero sinistro: che l'amico 
Eugenio, mettendomi questo mobile di carne umana tra i piedi, abbia 
mirato a burlarsi di me!--Poi rifletto: «può anche darsi che questo 
gaglioffo soffra di qualche incomodo intestinale e    
    
		
	
	
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