accortamente sfiorati, fino a tanto non ci si rinvenga ciò 
che il cuore desidera, o che la mente ha sognato! Liete corse all'aperto, 
dove i polmoni e lo spirito si pigliano la parte loro Mondo ampio da 
veder tutto, prima di morire, come si vede tutta una casa, prima di 
andarsene! Imperocchè, l'uomo non è mica fatto per vivere come la 
quercia o come l'ontàno, abbarbicato su di una balza, donde invano il 
desiderio cerchi di trascinarlo per la curva del muto orizzonte, o 
radicato in una forra, donde non veda e non isperi più nulla. Vivere 
bisogna, ed ogni creatura ha da vivere secondo l'indole sua. L'uomo è 
nato viatore, curioso, insaziabile; egli ha da muoversi, da respirare 
liberamente, da rinnovare ogni tanto la sua porzione d'aria, di felicità, 
di luce, di scienza e d'amore. 
«Muoversi, sentire in noi vivi e gagliardi gli affetti, questi benefici 
flagelli del sangue, desiderare, sperare, anelare, raggiungere, ottenere: è 
questo il vivere; tutto il resto è apparenza di vita, sogno stracco, lenta
agonia. E sono vecchio, ecco qua, confinato in questa camera da un 
malanno che sordamente mi rode. Perchè, non c'è mica da illudersi. La 
palla che deve uccidermi è fusa; io so di che male andrò al peggio».-- 
Il signor Commendatore, da quell'uomo savio che egli era, non 
ingannava il suo spirito colle lusinghe dei medici pietosi. Ci aveva poi 
una certa propensione alla malinconia, effetto del male e cagione a sua 
volta di abbattimento, che faceva il restante. 
Amici, ne aveva sempre avuti pochi. Giovane, era venuto su con istinti 
da vecchio, e tra per la naturale ritrosia e per la diffidenza che ognuno 
impara a sue spese e in poche lezioni, non si era buttato a troppi. Dopo 
tutto, ama poco una metà del genere umano chi ama molto l'altra metà, 
e non accade dir altro. Per contro, i pochi amici che aveva avuti, li 
aveva anche molto amati. Ma pur troppo, i men buoni si erano col 
tempo allontanati da lui; i migliori, come al solito, ad un per uno se li 
aveva pigliati la morte. E il signor Commendatore non aveva pensato a 
rinnovar le provviste. 
Un giorno, era stato parecchi anni addietro, anche una certa marchesa 
era morta. E il signor Commendatore non aveva più saputo dove e 
come passar la sera. Va detto anche ad onor suo che il rammarico era 
stato profondo, e lungo eziandio quel lutto che un uomo può fare 
dicevolmente ad una persona cara, ma non istretta a lui da vincoli di 
parentela. Avrebbe voluto viaggiare, correre il mondo per sollievo dello 
spirito; ma quello non poteva più essere per lui uno svago. Così rimase 
e si crogiolò nella sua noia ineffabile. 
Aveva provato a cercar distrazioni nella musica, e preso a bella posta 
uno scanno a teatro; ma in quelle radunate di gente allegra, che va allo 
spettacolo per vedere e per essere veduta, ci si trovava come straniero. 
Da tanti anni aveva perso il filo di quella vita chiassosa, che ormai non 
ci si raccapezzava più. Tutti lo rispettavano, ma nessuno più si curava 
di lui. Almeno ci avesse avuto ancora il baco della politica! Ma le 
ambizioni lo avevano abbandonato e madonna politica non era più il 
suo debole. Già, a questa imperiosa signora o darglisi intieri, o nulla. E 
a darglisi intieri, che sugo?
Era stato bensì eletto deputato al Parlamento per tre legislature e 
avrebbe avuto qualche diritto ad uno stallo in Senato. Ma egli era 
altresì un galantuomo, e siccome la sua coscienza gli diceva d'aver fatto 
troppo spesso il deputato a ore rubate, che è quanto dire poco e male, 
ebbe vergogna e non accettò la profferta. Bene accettò un titolo vano un 
po' per non aver l'aria di ricusare ogni cosa, ed anche un po', come 
diceva qualche volta celiando, per far dispetto a qualcuno. 
Da giovine, s'era addottorato in utroque ed aveva scritto la sua tragedia, 
come ogni buon cittadino italiano; poi aveva fatto come il ricco, che 
chiude il danaro nello scrigno e non lo cava più fuori, contentandosi di 
sapere che il gruzzolo c'è. Gran dottore, gran letterato, gran politico, 
tutto in erba, aveva sfiorato ogni cosa; in niente era andato al fondo, 
nemmeno nel piacere. A farla breve era mal vissuto, come tanti uomini 
gravi che conosco io. 
Immaginate dunque come il signor Commendatore, con tutto quel 
passato sulle spalle, avesse lo spirito occupato. Gli passavano davanti 
agli occhi i bei giorni che aveva perduti, le belle città del mondo che 
non aveva visitate, e via via tutte le belle cose che non aveva possedute. 
Anche un po' di famiglia, che non s'era procacciato, veniva collo 
spettacolo delle sue gioie soavi a inacerbirgli i rimorsi; vedeva il 
pergolato domestico, il sorriso d'una mite compagna e i vezzi d'un 
angiolo ricciutello, che    
    
		
	
	
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