La notte del Commendatore, by 
Anton Giulio 
 
The Project Gutenberg eBook, La notte del Commendatore, by Anton 
Giulio Barrili 
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Title: La notte del Commendatore 
Author: Anton Giulio Barrili 
Release Date: March 20, 2004 [eBook #11644] 
Language: Italian 
Character set encoding: ISO-8859-1 
***START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK LA NOTTE 
DEL COMMENDATORE*** 
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LA NOTTE DEL COMMENDATORE
Racconto di 
ANTON GIULIO BARRILI 
 
CAPITOLO PRIMO. 
Nel quale si vede che il diavolo non è brutto quanto si dipinge. 
--Signora Zita! 
--Signor padrone, comandi. 
--Il mio tè. 
--La servo subito.-- 
Questo era il breve dialogo che ricorreva ogni sera, intorno alle dieci, e 
da anni parecchi, tra il signor Commendatore e la sua governante; 
quegli dalla sua camera da letto, dove stava terminando di leggere i 
giornali, questa da una saletta vicina, dove stava aspettando i cenni del 
padrone. 
Per solito, quando scoccavano le dieci al pendolo dell'anticamera, il 
signor Commendatore avea finito, o stava per finire, il suo pasto 
intellettuale; e in questo caso, studiava il passo, si fermava un po' meno 
in Russia, o in Baviera, o in Costantinopoli, o al Cairo, e volgeva a 
grandi giornate verso le beate regioni dove fiorisce spontanea la carota 
recentissima e dove s'adagia la firma del gerente all'ombra d'un 
telegramma apocrifo. Intanto, dimandava il suo tè, altro sonnifero 
schietto. La signora Zita si alzava allora dal suo seggiolone, su cui 
stava biascicando una terza parte di rosario, tanto per mettersi un po' di 
bene alla cassa di risparmio de' cieli; andava pel bricco dell'acqua calda 
in cucina; la versava nel vaso d'argento, su d'un pugnello di foglie della 
preziosa pianta cinese, e, portato il vassoio con tutti gli annessi e 
connessi, lo deponeva sul tavolino, mentre il padrone aveva già avuto il 
tempo di dare un'occhiata, ai miracoli della tintura americana, ed anche 
alla notizia del capitano Franklin, morto di fame coi suoi vent'otto
compagni, vicino a molti sacchi di cioccolatta, certo per mancanza di 
frullo. 
E lì, cascava un altro dialoghetto di questa conformità: 
--Signor padrone, ecco il tè. 
--Grazie; è fatto? 
--Sì, se non lo vuol troppo carico. Sa che il medico ha detto... 
--Sta bene, lo prendo subito. 
--Comanda altro? 
--No, grazie. 
--Felice notte, signor padrone. 
--Notte felice, signora Zita.-- 
Come vede il lettore, questi dialoghi non si distinguevano per troppa 
varietà. E da parecchi anni, l'ho detto, erano sempre gli stessi ogni sera, 
salvo quando il signor Commendatore era guasto e mandava pel 
medico. I suoi acciacchi li aveva e i suoi cinquantacinque non li 
aspettava già più. 
Egli versava adunque il suo tè nella chicchera; vi faceva struggere per 
entro due pezzettini di zucchero; centellava la sua bevanda con 
religiosa cura; indi, tra sospirando e ansimando, si toglieva dal suo 
cantuccio presso il sofà, e andava a dar fondo in una poltrona ai piedi 
del letto, per ispogliarsi con suo comodo. 
Il letto era a sopraccielo, colle cortine di un bel colore d'amaranto a 
fiorami, come i riquadri delle pareti e le coperte dei mobili, fatti 
all'antica, nella foggia del Cinquecento, ma imbottiti, se Dio vuole, alla 
moderna. Era un uomo di buon gusto, il signor Commendatore; in altri 
tempi quel suo nido aveva meritato invidiabili elogi. Ora, a dir vero, 
non era più del tutto quello di prima. Certi canapè colle spalliere
imbottite e foderate di raso, certe scranne maritate a forma di èsse, ed 
altri elegantissimi nonnulla, su cui s'erano esercitati tanti aghi pazienti, 
avevano preso la loro giubilazione in un salotto deserto, insieme coi 
pastelli, le miniature, le mani, ritratte in marmo, e simili reliquie, già 
così care al padrone sotto i cessati governi. Perfino la vecchia poltrona, 
ai piedi del letto, si era vedovata di un leggiadro cuscino di seta 
ricamata in oro, per coronarsi di una prosaica ciambella enfiata, che 
all'ingrato gentiluomo doveva parere più soffice. E là si adagiava, 
lentamente spogliandosi, come un uomo che ha tempo e sa di non aver 
a trovar altro nelle molli piume, fuorchè due ore d'insonnia e quattro di 
dormiveglia. 
Adesso che lo conosciamo quanto bisogna, pigliamolo caldo. La 
signora Zita aveva posato sul tavolino il vassoio del tè ed augurato una 
felicissima notte al padrone. Ma quella sera il signor Commendatore 
non sapeva spicciarsi dal suo giornale e il tè fumava indarno nel vaso. 
A giudicare dall'apparenza, il signor Commendatore doveva star bene, 
rincantucciato nel suo sofà. L'inverno regnava di fuori, e un vento 
implacabile faceva stridere ad ogni tratto    
    
		
	
	
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