stupidamente a marmo, ma la bella immagine
sogguardava dalla piccola cornice, ovale e dorata, con uno sguardo
dolcemente estatico, dentro al quale si sentiva come una tregua di
dolore. Il suo busto, avvolto in un confuso panneggiamento turchino,
sfuggiva nell'ombra.
Rosa piegò la fronte sulla fredda pietra della balaustra, mormorando a
mezza voce una Salve Regina.
Nel silenzio della chiesa, vivamente illuminata, strisciavano dei passi:
ogni tanto il portello pesante, sotto al quale erano passate, si richiudeva
rimbombando cupamente; in fondo, nell'abside, ove alcuni apparatori
lavoravano ad un addobbo salivano tratto tratto parole in dialetto, quasi
striduli appelli di piazza in quel raccoglimento torpido, fra il volo muto
delle preghiere.
Bice ne ricevette una penosa impressione. Ella non sapeva pregare che
a certi momenti, quando l'anima, gonfia di poesia, le si alzava
spontaneamente verso l'invisibile: allora tutti i mistici fantasmi le
riapparivano attirandola sempre più in alto, per un azzurro rorido e
vampeggiante d'improvvise illuminazioni.
Per qualche tempo seguì il passaggio dei pochi devoti, che entravano
nella chiesa, s'inchinavano a quell'altare ed uscivano dall'altra porticina
di fianco. La chiesa diventava volgare come ogni luogo pubblico.
Malgrado lo spessore della pelliccia, ella si sentiva già i ginocchi
indolenziti sulla durezza dello scalino: a che scopo quella visita, a
quell'ora?
Ma le altre due donne, e la vecchia Rosa, seguitavano a pregare
immobili, col volto fra le palme, in una posa di profondo abbattimento;
per loro la Madonna era così presente, che non avevano nemmeno il
bisogno di guardare la sua bella immagine sull'altare. Allora Bice
s'incantò di nuovo a contemplarla, rammentandosi confusamente le
parole di De Nittis sulla Vergine Madre di Dio. Erano vere: nessuna
poesia supererebbe mai quella della madonna cristiana, così vergine da
ricusare l'onore di madre di Dio, e così madre da abbandonare alla
morte il proprio figlio divino per salvare quelli di tutte le altre donne.
Ma la soave figura di quel quadro era appena malinconica: le sue
guance rotonde, la sua piccola bocca, la sua fronte liscia non
esprimevano la sovrumana tragedia della sua vita; solo gli occhi
appannati lasciavano indovinare come un pianto di rugiada.
Poi tutto fu inutile, Bice non potè pregare. Invece era sorpresa di
sentirsi così indifferente, mentre la grande crisi della sua vita stava per
scoppiare.
--Di' un'Ave Maria con me,--le susurrò Rosa.
Uscirono: all'aria aperta Bice tornò pensierosa.
--Il signor tenente Lamberto è già nel salotto ad aspettarla,--disse il
cameriere aprendo loro la porta dell'appartamento.
Bice sussultò.
--La zia è tornata?
--No, signorina.
Bice entrò risolutamente nel gabinetto, senza trarsi la pelliccia,
alzandosi il velo sul cappellino; il tenente Lamberto balzò in piedi ma,
per quanto si fosse preparato al colloquio, rimase incerto di tenderle la
mano o d'inchinarsi solamente.
--Buon giorno,--gli disse Bice sull'uscio, e venne a sedersi presso di lui,
sopra una poltrona, stringendosi freddolosamente nella pelliccia.
Il suo volto pallido era agitato da un tremito, che il freddo della strada
bastava a spiegare. Egli non sapeva come incominciare. Così vestito,
colle mostreggiature bianche del reggimento Novara, e la corta montura
nera, poichè aveva gettato lo spencer sopra una poltrona, senza berretto,
era veramente bello; la sua media statura di proporzioni ammirabili, e
la sua piccola testa cogli occhi neri e la pelle bronzina avevano
un'espressione di forza simpatica.
--È freddo.
--Da intirizzire.
--Anche la zia è uscita?
--Sì.
Non sapevano andare avanti.
--Sedete dunque,--ella gli disse.
Ma quando fu seduto, si sentirono entrambi così lontani l'uno dall'altro,
ad una tale distanza, che non avrebbero più potuto farla sparire: ella
dentro a quella pelliccia, dalla quale non sporgeva che la testina
sofferente, era ripresa dal freddo. Poi una tristezza insopportabilmente
greve le cadde sull'anima. Egli se ne accorse.
--Prima di presentarmi,--cominciò con visibile stento,--sono stato dal
professore De Nittis: egli mi ha consigliato a venire, perchè vi debbo
una spiegazione.
Bice attese; l'altro, che aspettava una parola d'incoraggiamento,
s'imbrogliò di nuovo.
--Sarete offesa; ne convengo, tutte le apparenze sono contro di me.
--Che importano le apparenze?
--Mi credete dunque ancora?
--Vi crederò, senza dubbio, giacchè volete dirmi qualche cosa, e non
potreste avere l'intenzione d'ingannarmi.
Questa facilità di Bice rendeva anche più difficile la spiegazione.
Evidentemente egli si attendeva ad un'altra accoglienza, a lamenti, ad
accuse, che provandogli di essere ancora amato, gli avrebbero dato
immediatamente una superiorità sopra di lei: invece la fredda bontà di
Bice lo sconcertava. La sua vanità ne fu punta: involontariamente si
atteggiò con più seduttrice eleganza sulla poltrona, passandosi la spada
tra i piedi e la mano sinistra sui piccoli baffi.
--Io non voglio certo ingannarvi.
--A che scopo lo fareste? Una fanciulla come me, fuori della vita....
--Come fuori della vita? Quando ne siete uscita?
--Voi mi avete provato, che non vi sono mai entrata davvero.
Era l'accusa: allora egli si sentì finalmente sollevato:
--V'ingannate. Può darsi che qualcuno vi abbia riferito le cose ben

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