La battaglia di Benevento | Page 2

Francesco Domenico Guerrazzi
di marito e di padre Ei si vietava; contemplare insomma
quello affannarsi indefesso a mescere intera la sua grande anima
nell'anima del Popolo, onde ei se ne avvantaggiasse. E se ne
avvantaggerà, però che il Popolo abbia viscere di gratitudine, e se mai
avvenga che traviato o corrotto da consigli pessimi prorompa in offese
a danno dei suoi benefattori, presto si pente, e piange, e adora mutate in
oggetto di culto le vittime del suo furore:--altri non si pente mai, nè
piange.
La morte, che immatura colpì quel caro capo, se non prodotta, fu per lo
meno assai accelerata dalla sventura sopraggiuntagli per cagione mia, e
fu questa. Apprendendo quel gentile con inestimabile fastidio, come gli
Accusatori miei si fossero prevalsi a danno mio di certe sue lettere a me
dirette nella festosa giocondità del suo spirito, non mise tempo fra
mezzo a scendere giù dal Castello della Cavinana dov'erasi ridotto a
circondarsi di ombre e di memorie, per cercare fra le sue carte le lettere
che io con gravità di consiglio gli era venuto rispondendo, e quante
gliene capitarono a mano tante me ne mandò: compito l'ufficio, nel
tornarsene alla stanza del Castello infelice, i cavalli aombrando su di
una erta diruparono con la carrozza a precipizio dentro un burrone:
comecchè Ei restasse semivivo sul colpo, pure si rilevò, porgendogli
anche cotesto infortunio argomento per manifestare lo amore suo verso

il Popolo, il quale con ogni maniera di pietoso aiuto lo sovvenne; ma da
quel giorno in poi Egli non ebbe più bene, e conobbe soprastargli il fato
supremo, nè punto gliene dolse, anzi desiderò essere morto quattro anni
avanti.... E adesso siamo pochi, chi per un verso, chi per un altro, che
come Lui non desideriamo; e dei superstiti, beati quelli cui verrà
concesso morire senza rimorso, e senza vergogna....
L'antivigilia della sua morte, rinvenuto da lungo svenimento, quel
gentile spirito ricordò di me, e commise al Medico, che in nome di Lui
mi scrivesse, e mi offerisse quelle consolazioni le quali tornano grate
sempre, da chiunque si muovano; se poi da amico, gratissime. Ricevuta
appena la lettera, non mi trattenni un momento per rispondere come la
stupenda cortesia dell'atto persuadeva... e non pertanto, ahimè! egli era
tardi, imperciocchè io scrivessi ad un cadavere....
A Giovambatista Niccolini io dedicai il volume degli Scritti varii, e nel
dedicarglielo lo salutai la migliore coscienza d'Italia; e tale fu, e tale si
rimase, e si manterrà certamente, avvegnadio se da un lato quotidiani
esempii c'insegnino come uom non possa celebrarsi incontaminato
prima dei suoi funerali, dall'altro piaccia e giovi credere quanto
sentenziò Sofocle nel Filottete,--che i cuori grandi non può fare a meno,
che non sieno anche buoni;--e di vero, se lo inclito concittadino nostro
sia più grande o più buono tu pendi incerto, comecchè grandissimo e
buonissimo il mondo lo veneri meritamente. Cotesto suo intelletto
pacato, senza ira come senza sdegno, dalla sapienza dei tempi ricavò la
dottrina che tenace professa, onde non è da dirsi quanto rimanesse
sbigottito sì, non iscosso, dal fragore di eventi che parvero prima, e poi
sperimentammo mostruosi: molti ancora dei suoi amici vecchi a Lui
oggimai declinante nella bene adoperata vita andavano susurrando
dentro le orecchie: «Tu hai sbagliato....» Allora l'austero vecchio tacque
crollando il capo, e tenne per fermo, e tenne bene, che co' morti di
Santa Croce non si sbaglia, e lasciò dire i vivi.
Amareggiato nella mente quando i casi parevano dargli torto, Egli si
sentì ferito nel cuore allorchè tornarono a dargli ragione; però non pose
giù sul pavimento l'animo invitto, e, richiamate le ispirazioni antiche,
diè opera a tale impresa (se la fama porge il vero) che gli uomini

vedranno maravigliando, conciossiachè vivano, ma rari, intelletti nel
mondo, che non conoscono tramonto; e Niccolini è tra questi.
Non senza supremo consiglio la Provvidenza ordinò, che in questi
luoghi vivesse Vittorio Alfieri, ed ora viva Giovambatista Niccolini,
ponendo in certa guisa più gagliardi i puntelli là dove è minacciata la
mina maggiore; e se costoro non erano, chi sa fin dove il Popolo nostro
si sarebbe sprofondato nell'abiezione, che il tempo vile appella civiltà!
Dura pertanto questa Dedica, e la ragione della Dedica; e con essa dura
il rammarico di avere presentato così povera offerta al genio tutelare
della dignità toscana.
Ad Angelica Bartolomei nata Palli intitolai la Battaglia di Benevento.
Nacque Ella in Livorno di greca stirpe, e giovanissima ancora, tanto le
vennero a grado le greche e le italiane lettere, che potè leggere
l'originale greco di Omero in quella età in cui, troppo più che non
vorremmo, fanciulle italiane appena appena sanno compitare un libro
nel paterno idioma. Di forti sensi dotata, la giovanetta fu udita
improvvisare tragedie, di cui talune vanno attorno stampate, onde per
giudicio universale Lei reputarono piuttosto maravigliosa, che rara.
Posato alquanto quel ribollimento dello spirito,
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