assistito, quasi giorno per giorno, alla rapida trasformazione. 
--Il canonico è una bestia!--aveva poi esclamato il Sindaco.--Ma ci 
sono a Settefonti un centinaio di bestie uguali a lui. Protestanti! Che me 
n'importa, se fanno tanto bene? L'inglese è stato una provvidenza per 
Settefonti. Se c'è chi può lagnarsi, siamo noi proprietari che ci abbiamo 
visto mancare le braccia dei contadini, e abbiamo dovuto pagarli come 
li paga lui. Ma ora anche questo guaio cesserà; non occorrono più
grandi lavori laggiù. Io non sono spericolato, come il canonico e 
tant'altri. Il mondo, infine, è di chi se lo piglia. Siamo curiosi noi! Don 
Liddu, per esempio, si è ingrassato a spese dell'inglese tre anni. Quasi 
tutto l'Albergo del Gallo era occupato da lui che vi aveva istallato i suoi 
uffici di amministrazione, lasciando appena una stanza per i forestieri, 
quando ne capitava uno. Ed ora che vede sfuggirsi questa mammella 
succhiata tre anni comodamente, Don Liddu piange e si strappa i 
capelli. Dice che è rovinato, perchè la clientela gli si è sviata, e già 
Maccarone gli ha preso il posto, con la Locanda della Luna là di faccia, 
quasi per fargli maggior dispetto. Che pretendeva? Che l'inglese 
rimanesse eternamente all'albergo? Egli ha laggiù un'abitazione da 
principe--posso dirvelo io che l'ho visitata--proprio da principe, da farci 
vergognare delle nostre catapecchie. Dovrebbe vivere con la famiglia 
all'albergo?... Sarà una bella giornata domenica prossima. Mezzo paese 
invitato; banda, fuochi d'artifizio. Pranzo per una settantina di persone... 
Verrà appositamente il cuoco di una gran trattoria da Catania... Alla 
faccia nostra! Sia! L'inglese, l'altra volta, ce l'ha spiattellato sul viso in 
Casino:--Potreste fare una Società, mettere insieme i capitali che tenete 
morti in casa, e chiederne altri al credito bancario, se non bastassero. La 
Sicilia diventerebbe un giardino; produrrebbe dieci, venti, cento volte 
più che oggi non dia. Invece, state qui in Casino, a morir d'ozio! Non 
ha forse ragione? 
--Dovrebbe dare l'esempio lei... 
--Non ne ragioniamo! È inutile! 
Quando si vedeva messo alle strette, il Sindaco se la cavava sempre 
così: 
--È inutile! Non ne ragioniamo! 
 
V. 
Le signore Kyllea erano arrivate nel pomeriggio del giovedì, e il 
Sindaco si era creduto in dovere di farsi trovare davanti al cancello per
dar loro il saluto del paese di cui diventavano, più che ospiti, cittadine, 
e presentar loro tre bei mazzi di fiori. Si era fatto accompagnare da un 
Assessore e dal dottor Medulla, che aveva suggerito il galante pensiero 
di quei mazzi. 
Appena le carrozze, condotte dal signor Kyllea alla stazione di 
Valsavoia, comparvero dallo svolto dello stradone, i tre si avviarono ad 
incontrarle, impacciati dall'idea di doversi presentare a signore che 
forse non sapevano una parola d'italiano, come essi ignoravano l'inglese. 
Avrebbe servito da interprete il marito. In ogni caso, si sarebbero fatti 
intendere coi gesti; e avevano riso anticipatamente della probabile 
scena muta, che il dottor Medulla, di umore allegro, aveva più volte 
accennato, facendo ora la parte loro, ora quella delle signore, mentre 
attendevano davanti al cancello. 
Don Pietro--oramai lo chiamavano così--riconosciutili da lontano, 
aveva sùbito ordinato ai cocchieri di fermare i cavalli. 
E la scena era stata assai diversa da quella che il Sindaco e gli altri 
avevano immaginato. La signora Kyllea rispondeva con un bel 
"Grazie" un po' gutturale; ma Miss Elsa, parlando col dottor Medulla, si 
esprimeva in un italiano che conservava appena qualche inflessione di 
accento straniero. Soltanto la cognata era rimasta zitta, salutando e 
ringraziando con rigidi cenni del capo. E poichè il Sindaco tornava a 
ripetere una delle frasi del suo discorsetto anticipatamente preparato per 
non impappinarsi, Miss Elsa, disse: 
--Certamente; vogliamo diventare siciliane anche noi, come il babbo 
che si è abbronzato al sole di questa incantevole isola, e fin ne parla il 
dialetto; e cittadine di Settefonti, come ella dice, perchè ormai la nostra 
vita è legata a questa impresa del babbo, e noi siamo liete che sia così! 
Dalla commozione che rendeva un po' tremula la voce, dal sorriso che 
le scintillava su le labbra e negli occhi, si scorgeva benissimo che la 
bionda signorina parlava sinceramente. 
--Su, montino in carrozza anche loro--disse don Pietro--c'è posto per 
tutti. Non può immaginare che piacere mi hanno fatto--soggiunse
rivolto al Sindaco e all'Assessore, e aiutandoli a salire in quella dove 
stava la signora Kyllea.--Qui le autorità! Noi, dottore, nell'altro legno. 
Il cancello era già aperto, e le tre carrozze presero la salita, a gara, tra 
allegri scoppi di fruste e tintinnìo di sonagli. 
Lassù, su la spianata davanti al Cottage, don Liddu, (aveva smesso 
l'albergo per diventare il factotum dell'_inglese_), che il segno degli 
evviva a una ventina di contadini schierati in due file davanti a la porta, 
e miss Elsa saltò giù dalla carrozza, esclamando: 
--Voglio essere la prima a prender possesso! 
--Voscenza benedica!--le disse don Liddu. E le baciò la mano, 
quantunque miss Elsa    
    
		
	
	
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