Gianni fu veduto da Attilio entrare nella casa ov'egli contrattava la 
stanza per Cencio, e quindi fu visto avviarsi e penetrare nel vestibolo 
del superbo palazzo Corsini, ove abitava il suo padrone. 
"È dunque Don Procopio l'uomo" disse tra se il nostro eroe, Don 
Procopio il favorito ed il più dissoluto della caterva dei masnadieri 
principi di Roma; e andò innanzi immerso nelle sue riflessioni. 
 
CAPITOLO III 
LA CONGIURA 
Privilegio dello schiavo è la congiura e pochi sono gli italiani di tutte le 
epoche del servaggio del loro paese i quali non abbiano congiurato. E 
poiché il dispotismo dei preti è il più esoso di tutti, il più degradante ed 
infame, si può tenere per certo che il cospirar dei Romani dati dal 
dominio di questi impostori. 
La notte dell'8 febbraio era in Roma notte di congiura. Convegno il 
Colosseo; perciò Attilio dopo aver pedinato quel messo di delitti che si 
chiamava il Gianni, anzi che avviarsi alla sua casa prese la via di 
Campo Vaccino(10). 
(10) Antico foro Romano. Che trasformazione d'un nome sì glorioso! 
Era oscura la notte e nuvoloni neri neri si addensavano sulla città santa 
spinti da violento scirocco: il mendico di Roma avvolto nel suo 
mantello cencioso cerca ripararsi in qualche aristocratico portone, o 
sotto il peristilio di qualche chiesa; il prete servito dall'inseparabile 
Perpetua sta invece rifocillandosi a lauta mensa e si prepara a delizioso 
riposo, di vivande ripieno e di vini prelibati. 
Là nel fondo dell'antico Foro sorge il maestoso gigante delle ruine, 
tetro, imponente, segnando a questa generazione di schiavi cento 
passate generazioni e ricordando ai Romani che la loro Roma, 
sconquassata dal tempo e dalla vendetta delle già oppresse nazioni
crollò, non cadde. 
Lo straniero suole visitare il Colosseo a lume di luna. Ma bisogna 
vederlo in una oscura notte di tempesta, illuminato dal lampo, scosso 
dalla folgore e pieno di cupi e strani rimbombi. 
Tale era la notte dell'8 febbraio, quando i congiurati ad uno ad uno per 
diverse vie si avvicinavano all'anfiteatro dei gladiatori e delle fiere, 
avvolti in ampi mantelli che nella luce incerta parevano toghe. È 
privilegio oggi de' mendichi soltanto quello di andare per le vie di 
Roma coperti dal tradizionale mantello in guisa da parere togati; e forse 
non pochi mendichi v'erano tra que' generosi, perché sulla terra dei 
Bruti spesso si nasconde sotto cenci l'animo virile di un gladiatore 
pronto a gittare la sua vita nell'arena, ove si contende la liberazione de' 
popoli. 
Tra le mille loggie ove soleva adunarsi il popolo-re, ve ne eran varie 
più spaziose delle altre, forse in antico destinate agli imperanti, alla 
corte, ai grandi. Il tempo le avea ridotte ad una sola. Non seggioloni, 
non arazzi adornavano il recinto. (E che importavano gli adornamenti a 
coloro che s'eran sacrati alla morte?). Le macerie eran per loro pareti, 
tribune, sedili. 
Al fioco lume di una lanterna sorda di cui eran muniti i congiurati si 
vedevano ascendere per diverse vie quei coraggiosi propugnatori della 
libertà romana e giunti nel loggione (tale era il nome dato da loro al 
recinto) ognuno vi prendeva posto senz'altra cerimonia che una stretta 
di mano tra i vicini, poiché tutti eran conoscenti ed amici. 
Quando quasi tutti furono al loro posto una voce sonora si udì nel 
recinto che gridò: "Le sentinelle sono a posto?" Un'altra voce dall'altro 
estremo rispose: "A posto". Allora il lume di una torcia accanto alla 
prima voce illuminò centinaia di fisonomie simpatiche di giovani quasi 
tutti al disotto dei trenta, ed altre torcie si accesero qua e là per vincere 
l'oscurità della notte. 
I preti non mancan di spie e spie famose sono i preti stessi, onde ad 
alcuno sembrerà strano che una massa di congiurati potesse riunirsi 
impunemente in Roma. Ma bisogna riflettere che nella santa città vi 
sono deserti e che il Campo Vaccino, principale di quei deserti, 
racchiude tante rovine quante forse non sono tutte insieme le rovine del 
mondo. Poi, in una città come quella, un mercenario, che ama la pelle 
sopra ogni cosa del mondo e fa servigi più in apparenza che in fatti, non
corre ad avventurare la codarda sua vita in quelle macerie, assai men 
secure delle vie di Roma ove un uomo onesto è già sì poco sicuro. 
In una città superstiziosa come è la Metropoli cattolica, non mancano 
leggende di apparizioni tra le rovine, né manca chi ci crede. Anzi si 
conta: che in una notte tempestosa come questa, due sgherri più 
avventati degli altri, avvicinandosi nelle loro ricerche al Colosseo 
scorsero una certa luce e contenti di tale scoperta, si fecero innanzi per 
riconoscerla; ma che procedendo verso quella parve loro vedere 
fantasmi così spaventevoli, che sopraffatti dal terrore se la diedero a 
gambe, perdendovi uno il cappello e l'altro la sciabola che aveva tentato 
di sguainare, ma che tremante lasciò    
    
		
	
	
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