Clelia | Page 2

Giuseppe Garibaldi
campare un po' anche col mio guadagno.
Ecco i motivi che mi spinsero a farla da letterato, in una lacuna
lasciatami dalle circostanze, in cui ho creduto meglio: far niente, che
far male.
Ne' miei scritti, quasi esclusivamente parlerò dei morti. Dei vivi meno
che mi sia possibile, attenendomi al vecchio adagio(1): gli uomini si
giudicano bene dopo morti.
(1) Proverbio, detto.
Stanco della realtà della vita, io stesso ho creduto bene di adottare il
genere, romanzo storico.
Di ciò che appartiene alla storia, credo essere stato interprete fedele,
almeno quanto sia possibile d'esserlo poiché particolarmente negli
avvenimenti di guerra, si sa, quanto sia difficile il poterli narrare con
esattezza.
Circa alla parte romantica, se non fosse adorna della storica, in cui mi
credo competente, e dal merito di svelare i vizi e le nefandezze del
pretismo, io non avrei tediato il pubblico, nel secolo in cui scrivono

romanzi i Manzoni, i Guerrazzi ed i Victor Hugo.
GIUSEPPE GARIBALDI

CAPITOLO I
CLELIA
Come era bella la perla del Trastevere!
Le treccie brune, foltissime; e gli occhi! il loro lampo colpiva come
folgore chi ardiva affissarla. A sedici anni il suo portamento era
maestoso come quello di una matrona antica. Oh! Raffaello in Clelia
avrebbe trovato tutte le grazie dell'ideale sua fanciulla colla virile
robustezza dell'omonima eroina(2) che si precipita nel Tevere per
fuggire dal Campo di Porsenna.
(2) La Clelia Romana del tempo di Porsenna.
Oh sì! era pur bella Clelia! E chi poteva contemplarla senza sentirsi
ardere nell'anima la viva fiamma che usciva dalle sue luci?
Ma le Eminenze? Codeste serpi della città santa, i cui cagnotti con ogni
più vile arte di corruzione cercavan pascolo alle libidini dei padroni,
non sapevan forse che tale tesoro viveva nel recinto di Roma? Lo
sapevano. E una fra l'altre agognava da qualche tempo a far sua quella
bellezza che discendeva dai Vecchi Quiriti(3).
(3) I trasteverini si credono pura stirpe degli antichi Romani.
"Va Gianni, (diceva un giorno il cardinale Procopio, factotum e favorito
di Sua Santità) vanne e m'acquista quella gemma a qualunque costo. Io
non posso più vivere se la Clelia non è mia. Essa sola può alleviare le
mie noie e bearmi la stupida esistenza che trascino al fianco di quel
vecchio imbecille"(4).
(4) Pio IX (N.d.c.).
E Gianni, strisciando sino a terra il suo muso di volpe, colla laconica
risposta di "sì Eminenza" moveva senz'altro all'infame missione.
Ma su Clelia vegliava Attilio, suo compagno d'infanzia, ventenne,
robusto artista, il coraggioso rappresentante della gioventù romana, non
della gioventù effeminata data alle dissipazioni, piegata al servaggio,
ma di quella da cui usciva un giorno il nerbo di quelle legioni, davanti
alle quali la falange macedone indietreggiava.
Attilio, chiamato da' compagni di studio l'Antinoo Romano(5), per la
bellezza delle sue forme, amava la Clelia di quell'amore per cui i rischi
della vita sono giuochi, il pericolo della morte, una ventura.

(5) Antinoo, giovine di celebre bellezza favorito dell'Imperatore
Adriano
Nella via che dalla Lungara ascende al monte Gianicolo, non lungi
dalla fontana di Montorio, era posta la dimora di Clelia. La sua famiglia
era di artisti in marmo, professione la quale permette in Roma una certa
vita indipendente, se pure indipendenza può esistere, ove
padroneggiano preti.
Il padre di Clelia, già prossimo alla cinquantina, era uomo di
costituzione robusta, serbata nel suo vigore da una vita laboriosa e
sobria. La madre era pure di sana complessione, ma delicata. Essa
aveva un cuore d'angiolo e faceva le delizie della sua famiglia non solo,
ma era adorata da tutti i vicini.
Si diceva che Clelia accoppiava alle sembianze angeliche della mamma
la robusta e maestosa dignità del padre. Si sapeva che in quella santa
famiglia tutti si adoravano.
Ora intorno a questa beatitudine si aggirava il vile mandatario del
prelato nella sera dell'8 febbraio 1866.
Gianni si era già presentato sulla soglia dell'onesto discepolo di Fidia(6)
che non se n'era accorto, perché si trovava con le spalle voltate; ma
vedendo ch'egli avea certe braccia abbronzate e nerborute si sentì preso
da un brivido tale che involontariamente indietreggiò sino all'altro
lembo della via. Pareva già all'emissario di sentirsi piovere addosso una
sfuriata di pugni o di bastonate.
(6) Celeber.
Se non che l'artista si rivolse verso la porta e dimostrando, sulla sua
fisionomia virile, cert'aria di benevolenza, il malandrino si sentì
rinfrancare e fattosi ardito si presentò nuovamente sulla soglia dello
studio.
"Buona sera, sor Manlio", principiò con voce di falsetto il mal capitato
messo. "Buona sera" rispose l'artista; ed esaminando uno scalpello che
aveva tra le mani poco badava alla presenza di un individuo ch'ei
conosceva appartenere a quella numerosa schiera di servi prostituti, che
il prete ha sostituito in Roma alla maschia schiatta dei Quiriti.
"Buona sera", ripeteva Gianni con voce sommessa e timida e vedendo
che finalmente l'altro alzava gli occhi
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