e studiarla, anco perchè stimo 
che giovi il vedere come un uomo non solo sia nato, ch'è merito di 
natura, ma come abbia saputo egli stesso divenire e mantenersi grande. 
Ogni vanto di priorità in lavori simili al presente mi parrebbe, o Signori, 
intieramente oziosa e puerile; e però, prima d'accennare ad un fatto 
singolare che mi riguarda, debbo dichiararvi candidamente che non 
solo io non me ne faccio merito alcuno, ma che mi vergognerei se 
alcuno attribuisse a me un merito ch'è stato del caso. Ora sono più di 
sei anni, quando il Manzoni era pur sempre vivo, avendo io la 
debolezza di credere che la letteratura abbia alcuna virtù educatrice, 
tentai, come potei meglio, rinfrescare nella mente de' giovani il ricordo, 
e nel cuore di essi la riconoscenza per gli scrittori italiani, i quali 
avevano, a parer mio, più efficacemente cooperato non solo a 
mantenere vivo il decoro delle nostre lettere, ma a farle operative di 
virtù domestica e civile. Io m'era detto e persuaso che la loro modestia 
avrebbe loro vietato di parlare prima di scendere nel sepolcro; intanto i 
giovani che vengono su, poichè, ad uno ad uno, i nostri buoni vecchi se 
ne vanno, poco o nulla ne potranno sapere, onde mancheranno ad essi 
quei nobili esempi ed eccitamenti che in parte servirono, in parte 
avrebbero dovuto servire a noi per animarci nel sentimento del nostro 
dovere e per educarci alla virtù del sacrificio. Era dunque, o almeno 
parevami, che fosse debito nostro servire d'anello ideale fra la 
generazione che passa e quella che viene, portare virilmente ai giovani 
la parola de' vecchi; e, non credendo di potere far meglio, incominciai 
da Alessandro Manzoni. Ma quale non fu il mio stupore, quando, 
messomi intorno a cercare se esistessero biografie italiane del nostro 
primo scrittore vivente, in un secolo pur così prodigo di biografie, 
dovetti, con molta confusione, rinunciare alla speranza di trovarne 
alcuna e provarmi a tentar da me solo con le notizie del Fauriel e del 
Loménie, con gli sparsi articoli di critica letteraria, con le onorevoli 
disperse testimonianze degli amici a ammiratori del Manzoni, e con
una nuova lettura delle sue opere, la prima biografia del grande Poeta 
milanese! La cosa parrebbe incredibile, se non fosse vera. Morto il 
Manzoni, il 22 maggio dell'anno 1873, in età di ottantotto anni, quel 
primo saggio biografico ebbe naturalmente la buona fortuna di servire 
come addentellato ad altri, che lo resero presto insufficiente; seguirono! 
pertanto nuove spigolature e nuove biografie, tra le quali convien 
ricordare quelle di Vittorio Bersezio, Giulio Carcano, B. Prina, F. 
Galanti, Antonio Stoppani, A. Buccellati, Cario Magenta, Carlo 
Romussi, Giovanni Sforza, Salvatore De Benedetti, Felice Venosta, 
Nunzio Rocca, Antonio Vismara; Carlo Morbio e Cesare Cantù tutte 
diversamente pregevoli per la nuova luce che recarono alla biografia 
manzoniana. Ma è cosa singolare che non sia ancora comparso fin qui 
alcun discorso critico un po' largo sopra tanta novità di materia 
biografica. Non ci si è pensato, pur troppo; onde è ancora veramente un 
caso per me felice, ma non lieto per l'Italia, che, dopo oltre sei anni dal 
mio primo saggio biografico, io abbia ancora, senza alcun merito e 
senz'alcuna pretesa, ad essere per ordine cronologico, il primo che tenti 
una biografia ragionata di Alessandro Manzoni. Chè, se io mi sono, ora 
volge il sest'anno, messo nell'impegno difficile di lodare il Manzoni 
vivo, senza tradire la maestà di quel santo vero che fu la sua prima e 
vorrebb'essere la mia religione, ognuno intenderà facilmente come una 
parte delle indagini, le quali son divenute possibili, sarebbero state 
sconvenienti, quando il grand'uomo era vivo e potea provarne pena; 
ognuno si persuaderà dunque come un nuovo studio biografico 
intrapreso in così diversa, e, per rispetto alla critica, migliorata 
condizione, deve necessariamente riuscire alquanto più ricco e più 
dimostrativo del primo. Queste dichiarazioni scuseranno pure il tono 
alquanto dimesso del mio presente Discorso. Non si tratta qui, invero, 
di giudicare dall'alto, che sarebbe sempre una impertinenza, nè da 
lontano, che non si potrebbe senza molta imprudenza, un Manzoni già 
ben cognito, o supposto tale, per farne, con pochi vivaci tratti di penna, 
un nuovo e splendido ritratto ideale. Il mio ufficio vuol essere, almeno 
per questa volta, assai più modesto. Si tratta, cioè, semplicemente di 
ristudiare da capo il nostro Poeta, di seguirne passo passo la vita, i 
pensieri, i sentimenti, prendendo per guida principalissima i suoi 
proprii scritti. Questo esercizio minuto richiede naturalmente un po' di 
pazienza, tanto in chi lo intraprende, quanto in chi conviene ad
osservarlo; ma, s'io non erro, poichè avremo, voi ed io, fatto prova 
insieme di questa necessaria virtù, ci troveremo finalmente innanzi, 
quasi senz'accorgercene, vivo ed in piedi, un nuovo Manzoni, che nè 
voi nè io ci eravamo, prima di ristudiarlo, immaginato fosse per riescire 
così grande, per quanto lo ingrandisse già    
    
		
	
	
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