Tre racconti sentimentali | Page 3

Paolo Bettoni
efficace nè generale. Molto rimane a fare per vantaggio della classe povera, e le sue condizioni materiali e morali non arrivano ancora a quel grado di miglioramento che si può ragionevolmente sperare. Questa verità si deve dirla francamente, non per fare uno sterile lamento, ma per illuminare i benefattori del popolo sulle piaghe ancora esistenti, e per infervorarli sempre più nella santa opera di risanarle.
Al S. Michele del 1854 un muratore venne ad abitare due camere in questa casa, non sapendo probabilmente come fosse infetta e malaugurata. Egli aveva la moglie, due figli maschi dai cinque ai sette anni, ed una femmina di sedici. Inoltre ricoverava da qualche tempo il padre di sua moglie, un vecchio indebolito di vista che non poteva più lavorare del suo mestiere di canestrajo. Era una buona e quieta famiglia che viveva col pane della fatica, ma condito dalla pace e dall'amore. Stabilitasi appena nel nuovo albergo, il più terribile infortunio venne a piombarla del lutto e nella desolazione. Il povero muratore cadde dal ponte di una fabbrica, e rimase morto sul colpo. è inutile il dire le scene di pianto e di disperazione che accaddero fra i superstiti all'annunzio ed in seguito di tanta sventura. Ecco una famiglia rimasta priva del sostegno che la faceva vivere col frutto del suo mestiere. Oh, le lacrime sono doppiamente amare quando si piange la perdita d'una persona cara, ed i mezzi di sussistenza che vengono a mancare con lei! Quali risorse rimanevano a questi tapini? Il lavoro della madre e della figlia, lavoro di donne che rende generalmente uno scarso guadagno. La prima faceva treccie di paglia colle quali si compongono stuoje, e la seconda era operaja nella fabbrica dei tabacchi, guadagnando fra tutte due un trenta soldi al giorno. Quell'epulone che è solo, e cui non bastano cento lire al giorno, mi dica egli come possono vivere cinque persone con trenta soldi, principalmente oggidì che tutto costa caro? Quell'epulone si scuote nelle spalle, e risponde che egli medesimo per vivere senza stento avrebbe bisogno del doppio di quanto ha.
La grama famiglia tirava innanzi come Dio vel dica, ricevendo di quando in quando un sussidio dal parroco, e impegnando o vendendo nei giorni di maggior penuria qualche capo di rame o di biancheria. Il povero vecchio gemeva secretamente di essere a carico della figlia e della nipote, e si rimproverava di togliere loro il pane di bocca. Alle volte fingeva di non aver fame per mangiar poco, o per astenersene del tutto. Queste privazioni lo costringevano poi ad un atto, pel quale aveva grandissima ripugnanza e vergogna. Dopo aver condotto i due fanciulli alla scuola infantile, il che era sua incombenza, girava una contrada remota, o si appostava sotto una porta, aspettando al varco qualche persona ben vestita per domandarle con voce tremante un poco di carità. Egli cercava pure di occuparsi in qualche faccenda permessa dalle sue deboli forze e da' suoi occhi poco veggenti, ed era tutto lieto quando gli riusciva di mettere in mano a sua figlia alcuni soldi guadagnati portando un fardello, scopando un cortile, o facendo altri servigi di questa sorta. Se il tempo era buono, usciva ancora della città a raccogliere pei campi e lungo le siepi dei fuscelli di legna, ed era per lui un'altra cagione di contentezza quando ne portava a casa un bel fascio.
Ma perchè mai Tribolo mostra tanto interessamento per questo meschino? Perchè lo saluta e gli sorride amichevolmente? Perchè gli offre sempre una presa di tabacco, e lo chiama il suo caro Antonio? Egli spinge non di rado la cortesia fino ad invitarlo nelle sue stanze a bere un bicchierino di liquori. E queste dimostrazioni di cordialità principiarono dal giorno che morì suo genero il muratore. La cosa è molto strana, e fuori del naturale. Antonio medesimo, che sa di non avere alcun titolo a questo trattamento, ne fa le più alte meraviglie, e conchiude che ciò non può essere altro che un effetto della bontà straordinaria di Tribolo. Costui gli disse un giorno, dopo averlo regalato di rosolio: Caro Antonio, se io fossi in grado, vorrei darvi qualche soccorso, perchè siete un uomo dabbene, e perchè le vostre disgrazie mi destano compassione. Ma io sono povero quasi come voi, e non posso donare agli altri quello che basta appena per me. Nondimeno le mie finanze mi permettono d'imprestarvi un pajo di talleri, senza un centesimo d'interesse, e dandovi tutto il tempo che vorrete per farmene la restituzione. Eccovi le due monete, che vi prego di accettare. Antonio restò commosso a questo tratto di amicizia, ma rispose che ne avrebbe approffittato nel solo caso di un'estrema necessità. La maggior parte dei bisognosi, a cui si offrissero danari in prestito, accetterebbero sul momento senza pensare al come poterli restituire. Costoro tirerebbero in lungo il debito fino all'infinito,
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