Tre racconti sentimentali | Page 2

Paolo Bettoni
armonioso, e ordisce una furfanteria senza alterare la serenità della fronte. Neppure i rabuffi e gli strapazzi ai quali è soggetto possono intorbidirlo; e dare ai suoi lineamenti una contrazione disgustosa. Quando è chiamato in giustizia, egli si atteggia sempre come un pover uomo calunniato, come una vittima innocente e rassegnata. Le varie condanne che ha subito non valsero ad emendarlo, ma a renderlo più cauto e più sbirbato nelle sue imprese. Tribolo esercita l'usura in piccolo, vale a dire impresta delle somme sottili e restituibili a brevi scadenze, ma l'interesse non manca di essere enorme. Un povero falegname, per esempio, abbisogna di trenta lire onde comperare delle assi? Tribolo gli dà le trenta lire, col patto che in capo a due settimane avrà la restituzione di quaranta. Imprestando il lunedì dodici lire ad un cenciajuoio, ne riceve quindici il sabato, compreso il prezzo del suo servigio. Una serva, un cameriere d'osteria, un garzone di caffè o altro tale individuo che aspetta un collocamento, ricorre a Tribolo per avere una sovvenzione sul suo futuro salario, e Tribolo pieno di compiacenza lo contenta alle condizioni che potete indovinare dietro le norme che vi ho date. Voi non potreste però indovinare le condizioni riguardanti le somme che egli impresta alle donne di mal affare per comperarsi uno sciallo, un cappellino od altro oggetto di vestiario, di cui dicono avere urgenza. Allora l'usura è favolosa, incredibile, senza esempio. Tribolo non perde quasi mai il suo danaro, grazie al tatto sopraffino che egli ha per conoscere le persone a cui lo presta, e le circostanze in cui si trovano. Per indurlo a sborsare un fiorino bisogna che egli veda chiaro quali mezzi di guadagno o quali future risorse abbia il debitore da offrirgli come garanzia. Un raccoglitore d'immondizie è sicuro di ottenere un prestito, purchè si mostri proprietario libero ed assoluto d'una certa quantità di letame da vendersi prossimamente.
Quali sono gli altri abitatori attuali di questa casa? Un conciatore di pelli, un sarto che aggiusta e trasforma abiti frusti, un fruttajuolo ambulante, un beccamorti, un suonatore girovago, due o tre cialtroni oziosi, altrettante donne di vita problematica, e qualche vecchietta che fila o lavora di calze. A questa ciurmaglia appartengono dodici o quindici ragazzi d'ambo i sessi, creature mal nutrite, sucide, pezzenti, riottose, piene di audacia e di malizia. La maggior parte non vanno a scuola nè a bottega, ma birboneggiano il dì e la sera sulla Piazza Castello e nei dintorni. Uno di costoro, che ha appena nove anni, è il più tristo monello che si possa immaginare. Con una cassetta di zolfanelli sospesa al collo egli gira i caffè e le osterie, vendendo la sua mercanzia e domandando l'elemosina a chi gli pare di benevolo aspetto. Se l'occasione si presenta, egli trae leggermente un fazzoletto dalla tasca altrui. Non di rado si ferma con altri piccoli furfanti a trafficare il soldo al giuoco, e quasi sempre li spoglia dopo averli ingannati e battuti per giunta. Egli non rientra mai prima della mezzanotte, e guai a lui se non presenta a suo padre molti avanzi di sigari raccolti qua e là da terra, o domandati ai fumatori stando alla porta dei teatri.
Le bestemmie e le imprecazioni che si odono, le baruffe e gli scandali che succedono nel cortile e sopra le loggie di questa casa, le scene di violenza, di vizio e di miseria che hanno luogo nelle camere, i ceffi paurosi che s'incontrano negli anditi ammuffiti e lungo le scale anguste, le figure abbrutolite dall'inedia o dall'abuso dei liquori che vanno e vengono per questa porta metterebbero i brividi e la confusione fra gli ottimisti che magnificano la civiltà e le dolcezze dell'attuale progresso. No, signori ottimisti e panegiristi del benessere e della moralità del popolo, voi dipingete le cose come se fossimo tornati al secol d'oro, ai tempi beati dell'innocenza e della felicità universale. Suvvia, non esagerate il bene, e non dissimulate il male. Certamente Milano ha una quantità di stabilimenti filantropici e di buone istituzioni che nessun'altra possiede. I ricoveri dei bambini lattanti, gli asili dell'infanzia, le scuola elementari dominicali, quelle di arti e mestieri, gli orfanatrofi, gli ospizi d'ogni maniera, il patronato pei liberati dal carcere, i luoghi di ritiro per la gioventù pericolante, gl'istituti elemosinieri, ed altre emanazioni della carità milanese sono invero sante provvidenze e meritevoli d'ogni benedizione. Tuttavia siamo lontani che tutti i bisognosi possano o vogliano parteciparne, e quindi lontani che la miseria e il mal costume siano distolti. Su tale argomento non bisogna dunque illudersi nè illudere gli altri. Lodiamo pure la generosità di chi ha innalzato e di chi mantiene questo grande edificio della pubblica beneficenza. Diciamo pure i mali che previene, i disordini che ripara, e le lacrime che asciuga, ma nello stesso tempo facciamo noto che il rimedio non è abbastanza
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