Le rive della Bormida nel 1794 | Page 2

Giuseppe Cesare Abba
e
mentre si direbbe che questa o quella delle tante porte sia lì per aprirsi,
dura sempre una quiete altissima, interrotta solo dalle ventate che
empiono di suoni cupi le sale deserte. Lassù, nè la state nè il verno, mai
che si vegga un comignolo a fumare, e se i nostri fossero altri tempi, a
udire l'ore battute dall'orologio di quel campanile, si farebbe credere chi

sa quale storia maravigliosa alla gente semplice del contado. Ma
ognuno sa che il sagrestano della nuova chiesa parrocchiale, sorta da
pochi anni in luogo più basso e più comodo agli abitanti del piano; sale
ogni giorno il colle a caricare quel vecchio arnese; e il suo è il solo
passo che rompa il silenzio dell'antica parrocchia, sempre vuota come
le case che ha intorno. Non più messe grandi nè vespri cantati; non più
conviti nè festini; l'ultimo dei pievani dorme da oltre mezzo secolo nel
sepolcro dietro l'altare; e delle allegre donne e degli uomini
buontemponi vissuti lassù, rimane appena il ricordo nella mente
vagellante di qualche vecchio ottuagenario.
Questo gruppo di case per essere stato sede dei feudatari della terra si
chiamava il castello; e gli abitanti venuti dopo costoro, padroni della
parte più vasta e ubertosa del paese, erano tutti signori. Nei vichi a piè
del colle, le famiglie agiate e le case di bell'aspetto erano poche; ma in
quello della riva sinistra del torrente se ne vedeva una, notevole per la
grandezza, e più alta di tutto un piano sul vicinato, quasi tutto
catapecchie. Mostravano di qual sorta di gente fosse, il piazzale, l'atrio,
il giardino che le fioriva da un lato; e più di tutto le finestre ampie e
chiuse di vetriate, le quali sebbene fatte a riquadri strettissimi,
costavano di quei tempi molto danaro.
A qualcuna di quelle finestre appariva talvolta una donna, cui si
leggeva in faccia lo sconsolato pensiero di trovar quella casa troppo
vasta per la sua poca famiglia; e i popolani della via la salutavano con
rispettosa dimestichezza. Essi la chiamavano la vedova, e i ricchi la
signora Maddalena. Aveva cinquant'anni, e mostrava la sessantina,
sebbene i suoi capelli fossero ancora neri, e le pendessero dalle tempia
due riccioloni, che nella sua giovinezza dovevano essere stati una
leggiadria. Ma le guancie attenuate, alcune rughe della fronte, il pallore
delle labbra, e più di tutto il portamento della persona scemata; le
davano quelle apparenze che fanno pensare al sepolcro. Essa non era
nata a D...... ma dall'altra vallata della Bormida, come da terra straniera,
ve l'aveva condotta sposa giovanissima il padrone di quella casa; col
quale erano vissuti sempre d'un animo e d'un cuore; e morendo la
lasciava con un figliuolo che nel 1794 aveva venticinque anni. Questo
giovane, venuto su bello e vigoroso, era stato avviato a modo negli

studi di latinità da un buon prete del borgo di C..... grande amico del
padre suo; e come si era scoperto in lui l'amore alla medicina, il
maestro aveva fatto che la madre si era contentata di mandarlo allo
studio di Torino. La povera signora, pur pregustando le benedizioni dei
paesani, che non sarebbero più morti in mano ai chirurghi di quei tempi
e di quei luoghi, castighi di Dio; al pensiero della lontananza che le
pareva dell'altro mondo, a figurarsi la grande città in cui il figliuolo
s'andava a smarrire, aveva tremato più che la madre d'un navigante che
per la prima volta si metta in mare. Ma poi a poco a poco s'era quetata;
e un anno dopo l'altro sempre aspettando le vacanze, sempre ricadendo
nella malinconia al finire di queste: aveva finalmente veduto giungere
l'ultimo anno, che egli sarebbe stato laggiù; forse per lei il più lungo.
Tuttavia era lieta d'aver sofferto e di soffrire un altro po' di mesi, perchè
ogni volta che il suo figliuolo veniva in autunno, scopriva in lui i segni
d'un giovane cresciuto di pregi. E così senza avvedersene aveva
mescolato al suo amore grande di madre una certa venerazione; per cui
s'abbandonava sovente ad una dolce contemplazione dell'ideale che se
n'era formato: e a vederla in quei raccoglimenti, uno avrebbe creduto
che stesse pregando. In casa non aveva altra compagnia che d'una
fantesca, la quale non sapeva bene da quanti anni fosse al mondo, ma si
rammentava d'aver portato bambino il marito di lei; e perchè aveva
fatto da aia anche al figliuolo, essa non usava dire di lui nè il signorino,
nè il padrone, nè altro; ma lo chiamava alla buona Giuliano, come egli
chiamava lei la nonna Marta. Costei era sempre stata là dentro più da
padrona che da serva, e sebbene già tanto vecchia non lasciava che altri
vi si ingerisse di nulla. Essa in cucina, essa per le stanze, essa a far i
bucati che governava meglio d'una biancaiuola di monastero; al tempo
dei
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