Galatea | Page 3

Anton Giulio Barrili
quel cumulo di macerie così poco romantiche. Poesia, voleva essere; e qui non c'è poesia.
Tanto meglio per me. Questa vita vegetativa mi conviene benissimo. Leggo poco; a mala pena giornali, e nei giornali solamente i telegrammi, per tenermi in comunione di noie con l'Europa. Gli eventi politici son grigi, come il mio spirito, e mi fanno dormire. Ma che follia, nel dormire! Sogno ancora qualche volta, vedendo la bella inglesina. Te ne rammenti, dell'inglesina dei miei sogni d'adolescente, che soleva ritornare a punti di luna nei miei sogni di giovinetto? C'era, obbligata in chiave, la strada polverosa, bianca, abbagliante, sotto la sferza del sol di giugno; la grossa berlina a tre cavalli, coi bauli dietro e il postiglione alto a cassetta; lei, l'inglesina, accanto al suo babbo, vecchio muso di cartapecora, miniato liberalmente di rosso tra due fedinoni grigi, ma sempre mezzo nascosto nell'ombra, dall altra parte della carrozza, per comodo della mia prospettiva amorosa; mentre lei, dolce creatura bionda, si vedeva tutta quanta allo sportello, intesa a ricambiare d'uno sguardo pietoso il mio gesto e il mio grido di supplicante. Cara inglesina del sogno ricorrente! Tu raffiguravi il divino ideale, che passa sempre a galoppo, che se ne va inesorabilmente, dileguandosi nel polverìo della strada battuta.
Che ideale, poi! Se, col permesso del babbo, l'inglesina ci pigliasse in parola, e in carrozza, poveri a noi!--How do you do?--Very well, Sir; we have never been better.--How do you like Italy?--Very much indeed: do you like sandwiches, Sir?--I like them very much.--And roastbeef?--It is delicious, but I should prefer a veal-cutlet.-- Che orrori!

II.
Sequitur Lamentatio....
Corsenna, 12 luglio 18...
Hai un bel canzonarmi, osservando che io porto i miei sopraccapi anche in villa, e paragonandomi (questa poi è nuovissima) al triste cavaliere di Orazio, che si trascinava in groppa la più fastidiosa tra le dame. Ma io non posso farmi diverso da quello che sono: faccio già molto a scriverti, e tu dovresti essermi grato d'un sacrifizio che nessun altri ottiene da me. Del resto, canzonami pure; mentre io, per non disimparare del tutto la vecchia arte di Cadmo, bene o male continuo a scrivere, facendo per te una specie di giornale; il giornale di Corsenna, niente di meno! Questo villaggio non ha mai sognato, nella più felice delle sue notti, un onor così grande. Il giornale rimarrà inedito, pur troppo: ma i Corsennati avranno pazienza; l'avranno tanto più volentieri, in quanto che, se il giornale fosse stampato, essi non si prenderebbero certamente la briga di leggerlo. Sono un popolo saggio, i Corsennati, di ceppo italico antico e sincero.
Incominciamo ad ogni modo. Articolo di fondo: ho trovato una bella passeggiata veramente degna di noi. Seguimi, facendoti coraggio tuttavia, perchè bisogna passare sopra un pancone, anzi su due, accostati pei lor capi a tocca e non tocca sull'asse d'una piedica, che vorrebbe parere una pila di ponte. La vedo brutta, quella povera pila, ai primi rovesci d'autunno; e vedo brutti egualmente i due panconi sconnessi, con quel tronco di pino che fa da ringhiera, mal rimondato e peggio assicurato su quattro pali malissimo inchiodati, per uso dei passeggeri che soffrono di vertigini. Già, i più non ci si fidano, e passan di sotto. Per tua norma, il fiume è magro anzi che no, tanto magro che fa pena a vederlo, disteso in quel suo grandissimo letto. Pozze e pozzanghere non gliene mancano, ma già tirano al verde: ci ha da una sponda o dall'altra qualche fosserello addormentato sotto la frasca sporgente dei frassini, e qualche tonfano rannicchiato al riparo d'un gran masso rugoso; mentre un fil d'acqua viva corre brillando e sussurrando tra i ciottoli, per collegare e nutrire tutti quei Nianza e Tanganica, dei quali il più grosso non è largo due metri.
Di là dal greto, che si vede qua e là screziato e rallegrato da larghi cesti di romice, da candelabri fogliosi di tasso barbasso, di labbra d'asino, di denti di leone, d'orecchi di topo e di scarpette di Venere, si stende una fila nereggiante di ontàni. Un po' radi, gli ontàni e non alti, perchè i proprietarii di qui non lasciano invecchiare le piante da taglio, smaniosi di far quattrini, che il diavolo se li porti! Dietro la scarsa fila degli ontàni, corre un sentiero campestre, costeggiando la riva; di là dal sentiero, davanti a me ed al mio ponte di legno, si dilunga verso la montagna una doppia fila di pioppi, spettacolosi per l'altezza delle vette ed anche per la grossezza dei tronchi. Ah, sia lodato il cielo; si capisce qui che il padrone di quei pioppi è un signore per davvero, o che almeno non ha l'acqua alla gola, e in ogni caso è un poeta, che ama le belle cose e vuol dare la sua parte anche agli occhi.
Che sarà mai questa piantata di pioppi? Sono un centinaio per parte,
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 79
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.