Valenzia Candiano | Page 2

Giuseppe Rovani
ho sessantasette anni,» continuava il Barbarigo, «nacqui il 2
gennaio del 13... il dì in cui nacque Candiano. Abbiamo percorsa una
strada medesima sino al punto ch'egli prese il largo in mare, ed io mi
chiusi in queste quattro mura. Io lo udiva quando la bollente anima sua
si versava quale e quant'era nelle sue parole. Nessuno può conoscere
Candiano meglio di me.»
«E così?»
«E così ricordo le parole dell'illustre avo mio:--La Serenissima
Republica ha da guardarsi specialmente dagli uomini che portano
troppo alta la fronte e troppo confidano di sè stessi.»--
L'ottuagenario doge anche a questo punto fu per pronunciare alcuna
parola in difesa di Candiano, ma non osò; qualunque atroce accusa
poteva essere pronunciata impunemente in quel luogo. Una parola di
scusa era sospetta, e il vecchio tacque.
Dopo qualche tempo uno de' senatori spiegando un foglio sulla tavola:
«L'arsenalotto Tritto,» disse, «continua a tempestarci colle sue
suppliche: qui ce n'è una.»
«Questo vecchio è veramente importuno.»
«Bisognerebbe mandarlo allo spedale di San Lazzaro.»
«Benissimo.»
«Ma che cosa domanda?»
«Che si costringa il giovane patrizio Attilio Gritti a passargli un'annua
pensione.»
«E perchè?»
«Sapete bene che il Gritti in un momento di mal umore gettò da Rialto
in canale il giovane figlio di Tritto che per caso rimase ucciso.»
«Lo sappiamo, ma se fu il caso, il Gritti non ci ha a pensare; d'altronde
è voce che sia stato a buona difesa.»
«Dite benissimo, Barbarigo.»
«Se mai si venisse a dare questa soddisfazione al vecchio Tritto, il
popolaccio entrerebbe in troppa baldoria.»
«Io so che ieri sera il vecchio si presentò all'ammiraglio.»

«Che lo accolse assai benignamente e gli diede molte speranze.»
«Ciò vuol dire che la sua borsa ci provvederà.»
A questo punto tutti si tacquero.
La sessione essendo presso al suo sciogliersi, si dovevano leggere i
processi stesi in quella sera; la qual cosa venne fatta da uno dei
consiglieri del doge. Dopo si passò alla lettura delle sentenze di
prigionia e di morte; in ultimo alle sottoscrizioni.
Quando ad un orologio a campana suonarono due ore di notte, tutti si
alzarono e uscirono l'un dopo l'altro. Accompagnato il doge ne' suoi
appartamenti, i sedici personaggi, passando in mezzo agli alabardieri
della Republica, discesero per quella scala così nota, sulla quale rotolò
la testa di Maria Faliero, chiamata la scala de' Giganti, e attraversato il
cortile usciron fuori sulla piazza. Le sedici gondole che li stavano
aspettando presso la riva, si videro presto prendere il largo nella laguna
e sbandarsi chi per l'una chi per l'altra parte.
Verso mezzanotte, quasi in fondo al canale della Zueca, le finestre e i
balconi di un palazzo riboccavano di luce. Era quello il palazzo del
senator Barbarigo. A chi guardava stando ad una delle finestre di
quell'edificio si presentava una delle più pittoresche scene di Venezia.
Presso alla riva erano raffermi alcuni grossi navili che colle vele
spiegate ed erette al cielo proiettavano ombre giganti sulle muraglie
delle case e de' palazzi; a diverse distanze molte barche pescherecce
che riflettevano nelle acque la fiamma alimentata sulla tolda;--come
lucciole vaganti che or brillano del lor fuoco fatuo, ora si perdono per
ricomparire poi tosto allo sguardo, le gondole illuminate di fanaletti
correnti e ricorrenti a miriadi sulla vasta superficie dell'onda
inargentata sparsamente e chiazzata dai raggi lunari. E intanto che la
vista si deliziava della fantastica scena, canti popolari che, a seconda
dei soffi più o men forti del vento, or giungevano distinti all'orecchio,
ora in tuoni decrescenti andavano smorendo lontano, e suoni di sistri, di
chiarine, di cimbali, che insieme confusi facevano echeggiar l'aria di un
romore indistinto, ma continuo.
Agli scaglioni di quel palazzo ingombri di gran moltitudine di
maschere, e d'altre persone che salivano incessantemente, eran volte le
prore di quasi tutte le gondole che solcavano il canale. Giunte vicino
agli scaglioni vi rigurgitavano ad onde gentiluomini e gentildonne che
entravano nel palazzo.

Alcuni della folla se ne stavano oziando intenti a quel gran concorso.
«Stanotte pare che Venezia voglia insaccarsi intera nel palazzo del
signor Barbarigo.»
«È dalle tre ore di notte che le gondole han cominciato a gettar gente su
questi scaglioni, nè pare che si vogliano rimanere.»
«Guarda un tratto.»
«Chi è?»
«Chi arriva?»
«Dà il passo presto; è l'illustrissimo signor Attilio Gritti. Dà il passo,
che se mai lo toccassi col mio corpo, mi appoggerebbe tal nespola sulla
testa che non mi rialzerei così presto.»
«Lascia, ch'egli è già passato.»
«Io non ho mai conosciuto giovane al mondo più superbo e
presuntuoso di costui.»
«Nè si comprende come lo sopporti la Serenissima Republica.»
«Taci che ho veduto gironzare qui presso il Malumbra.»
«Chi è il Malumbra?»
«Giacchè non lo conosci fa di non averlo a conoscere mai.»
«Il Malumbra è un onesto mercante. Io lo conosco benissimo.»
«Ti consiglio però a condurre le cose
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 82
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.