Una notte fatale | Page 2

R.A. Porati
biondina, si palesano i segreti.
--Non m'importa; rispose la giovinetta con ingenuo sorriso.
--Tanto meglio. E di', Martina, come si chiama l'innamorato?
--Sì, sì, parla.
--Si chiama... Miccio.
--Miccio! Oh, che brutto nome, gridarono tutte in coro.
--Ed appartiene alla famiglia rispettabile dei... quadrupedi.
--Burlona!
--Sissignore, giacchè l'amante in questione al quale voi prendete sì grande interesse non è altro che un bel gatto soriano, domestico e affezionatissimo alla nostra biondina.
--Questo alle curiose!
Un altra sonora risata fu ripetuta dagli echi della via.
--Ih, che fracasso Madonna santa, borbottava Agata la vecchia zitella, ma che diranno i vicini, che direbbe la maestra se mai vi udisse! La prenderà con me, già son sempre io che porto la pena delle vostre bardassate. Tutte le sere allorquando torno di sopra, Agata, Agata, la mi brontola sempre, le ragazze fanno troppo strepito, ne parleranno tutti, verranno dei lamenti e tu che fai in mezzo ad esse? Gli è che non sei capace di tenerle al dovere oppure ti associ anche tu alle loro pazzie? In ogni modo bada bene poichè io non sono al caso di mantenere una donna che mi sia utile a nulla.--Capite? per causa vostra arrischio di essere cacciata di casa, d'essere abbandonata sulla strada ed alla mia età non si trova facilmente di che guadagnarsi la vita. Andiamo adunque, da brave, il tempo va acquietandosi, cogliete l'occasione e ritornate tranquille alle vostre case; avreste forse paura d'un po' d'acqua?
Facili ad arrendersi ad amorevoli parole le nostre sartine si fecero sul limitare della porta, sotto l'atrio della quale stavano raccolte ed involontariamente quasi tulle guardarono il cielo.
--è vero, s'udì una voce, la pioggia pare che cessi.
--Agata ha ragione, è tempo che ce n'andiamo.
Incomincierò io a dar il buon esempio; buona notte a tutte.
E ratta staccatasi dalle compagne una bella giovinetta, rasente al muro perdevasi nel bujo della via.
--E non avere uno straccio d'ombrello, prorompeva indispettita un'altra, ed a dire che stamattina mi va proprio a saltare in mente d'indossare il mio abito più bello; chissà come lo sciupo!
--Te ne farai regalare un altro.
--Uh, linguaccia!
Ed una terza risata non meno universale delle precedenti sovrastò di gran lunga il rumore del temporale.
Se qualcuno mi osservasse ch'io faccio ridere per troppo poco risponderei che i miei personaggi presentemente son tutte donne.
La sartina del bell'abito forse per non lasciar scorgere un certo vermiglio che suo malgrado le saliva le guancie senza darsi per inteso se la svignò chetamente.
Così continuando a cinguettare or su questa, or su quella cosa, ad una ad una, riparandosi alla meglio sotto l'ombrello dei privati, ritornavano tutte alle loro case con grandissima soddisfazione della vecchia Agata.
La biondina, l'amante del miccio, non fu tra le ultime a partire.
Ell'era una fanciulla di circa diciott'anni; i capelli del color dell'oro e la regolarità inappuntabile de' suoi lineamenti le avevano guadagnato l'appellativo di bella bionda e nessuno, neppur le più intime di lei amiche la conoscevano sotto altro nome.
Orfana della madre conviveva felice col vecchio genitore, il quale affranto dagli anni e da lunghe infermità doveva la sua vita ai sudori della figliuola e ad uno scarso compenso mensile che gli fruttava il suo modesto impiego.
Egli era portinajo d'una casa di nobile famiglia situata sul corso di Porta Nuova.
Povera ma ricca di cuore e di generosi sentimenti la biondina consumava i suoi giorni nel lavoro e nelle cure che esigeva il cadente padre suo--e quantunque spesse volte si vedesse costretta a dure privazioni non bastando i tenui guadagni a supplire ai tanti bisogni, pure nella sua povertà ell'era felice ed il volto, riflettendo la pace dell'anima era sempre sereno e sorridente.
Si alzava col sole alla mattina ed accudite le domestiche faccende e dato un bacio al padre ed un abbraccio ad un gatto che colla sua domestichezza e fedeltà erasi guadagnato la tolleranza dell'infermo e tutto l'amore della fanciulla, volava lieta al magazzeno, ove amata dalla maestra per l'assiduità al lavoro e dalle compagne pel carattere schietto e la bontà dell'anima passava contenta l'intiera giornata.
Beata allorquando gli era data trascorrere la sera in dolce ozio col miccio in grembo, seduta ai piedi del padre suo, non era perciò dolente allorchè i bisogni della maestra e più ancora i suoi propri l'obbligavano a spendere parte della notte al tavolino da lavoro.
La compagnia del gatto le svaniva dalla mente ogni superstizioso timore e l'idea di migliorare l'esistenza del vecchio sofferente le allontanava il sonno allorchè s'aggradava pesante sulle di lei pupille.
Il padre superbo di tal figliuola soleva chiamarla il suo angelo e coloro che conoscevano la bella biondina approvavano unanimi la tenerezza paterna.
Fatti appena alcuni passi la biondina s'incontrò in un elegante giovinotto che percorreva da qualche tempo la via di S. Paolo nell'attitudine di chi aspetta qualcuno.
Vestiva egli con quella femminea ricercatezza che esigeva la moda de' suoi tempi.
I capelli portava incipriati e annodati indietro; indossava un lungo pastrano verde ricco di merletti e guarnizioni
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