Ricordi di Parigi | Page 2

Edmondo de Amicis
macchine
a vapore, e d'omnibus altissimi, carichi di gente, che sobbalzano sul
selciato ineguale con un fracasso assordante. Ma è un movimento
diverso da quello di Londra. Il luogo aperto e verde, i visi, le voci, i
colori, danno a quel tramestìo l'aspetto più di un divertimento che di un
lavoro. E poi la popolazione non è nuova. Son tutte figure conosciute,
che fanno sorridere. È Gervaise che s'affaccia alla porta della bottega
col ferro in mano, è monsieur Joyeuse che va all'ufficio fantasticando
una gratificazione, è Pipelet che legge la Gazzetta, è Frédéric che passa
sotto le finestre di Bernerette la sartina del Murger, è la merciaia del
Kock, è il gamin di Vittor Hugo, o il Prudhomme del Monnier, è'
l'homme d'affaire del Balzac, è l'operaio dello Zola. Eccoli tutti! Come
ci accorgiamo che, anche lontani le mille miglia, si viveva nella
immensa cinta di Parigi! Sono le otto e mezzo, e la grande giornata

della grande città,--giornata per Parigi, mese per chi arriva,--è già
cominciata, calda e clamorosa come una battaglia. Di là dal clamore
della strada, si sente confusamente la voce profonda degli enormi
quartieri nascosti, come il muggito d'un mare mascherato dalle dune.
S'è appena usciti dal boulevard Beaumarchais, non s'è ancora arrivati in
fondo al boulevard delle Figlie del Calvario, e già s'indovina, si sente,
si respira, sto per dire, l'immensità di Parigi. E si pensa con stupore a
quelle cittadine solitarie e silenziose, da cui s'è partiti; che si chiamano
Torino o Milano o Firenze; dove si stava tutti a uscio e bottega, e si
viveva quasi in famiglia. Ieri vogavamo in un laghetto; oggi
navighiamo in un oceano.
Si è fatto un po' più d'un miglio, s'entra nel boulevard du Temple. Qui
la strada larghissima s'allarga ancora, le case s'innalzano, le vie laterali
s'allungano. La maestà di Parigi comincia ad apparire. E così, andando
innanzi, tutto cresce di proporzioni e s'ingentilisce. Cominciano a
sfilare i teatri: il Circo olimpico, il Lyrique, la Gaîtè, les Folies; i caffè
eleganti, i grandi «magazzini», le trattorie signorili; e la folla va
pigliando un aspetto più schiettamente parigino. Il movimento è
notevolmente maggiore che nei tempi ordinarii. La nostra carrozza è
costretta a fermarsi ogni momento per aspettare che la lunga fila che la
precede si metta in moto. Gli omnibus di tutte le forme, che paion case
ambulanti, s'incalzano. La gente s'incrocia correndo in tutte le direzioni
come se giocasse a bomba da una parte all'altra della strada, e sui due
marciapiedi passano due processioni non interrotte. S'entra nel
boulevard Saint Martin. È un altro passo innanzi sulla via dell'eleganza
e della grandezza. I chioschi variopinti si fanno più fitti, le botteghe più
splendide, i caffè più pomposi. I terrazzini e le righinette delle case si
coprono di cubitali caratteri dorati che danno a ogni facciata l'aspetto
del frontispizio d'un libro gigantesco. I frontoni dei teatri, gli archi delle
gallerie di passaggio, gli edifizi rivestiti di legno fino ai primi piani, le
trattorie che s'aprono sulla strada in forma di tempietti e di teatri
luccicanti di specchi, si succedono senza interstizii, gli uni congiunti
agli altri, come una sola bottega sterminata. Mille ornamenti, mille
gingilli, mille richiami, vistosi, capricciosi, ciarlataneschi, sporgono,
dondolano, si rizzano da tutte le parti, luccicano a tutte le altezze,
confusamente, dietro agli alberi, che stendono i loro rami frondosi sui

chioschetti, sui sedili dei marciapiedi, sulle piccole stazioni degli
omnibus, sulle fontane, sui tavolini esterni dei caffè, sulle tende
ricamate delle botteghe, sulle gradinate marmoree dei teatri. Al
boulevard Saint Martin succede il boulevard St. Denis. La grande
strada s'abbassa, si rialza, si stringe, riceve dalle grandi arterie dei
popolosi quartieri vicini ondate di cavalli e di gente, e si stende davanti
a noi, a perdita d'occhi, brulicante di carrozze e nera di folla, divisa in
tre parti da due enormi ghirlande di verzura che la riempiono d'ombra e
di freschezza. Son tre quarti d'ora che si va a passo a passo,
serpeggiando, rasentando file interminabili di carrozze che danno
l'immagine di favolosi cortei nuziali che si estendano da un capo
all'altro di Parigi. Si entra nel boulevard Bonne nouvelle, e cresce
ancora il formicolìo, il ronzìo, lo strepito; la pompa dei grandi
«magazzini» che schierano sulla strada le vetrate enormi; l'ostentazione
della réclame, che sale dai primi piani ai secondi, ai terzi, ai cornicioni,
ai tetti; le vetrine diventan sale, le merci preziose s'ammucchiano, i
cartelloni multicolori si moltiplicano, i muri delle case spariscono sotto
una decorazione smagliante, puerile e magnifica che seduce e stanca lo
sguardo. Non è una strada per cui si passa; è una successione di piazze,
una sola immensa piazza parata a festa, dove rigurgita una moltitudine
che ha addosso l'argento vivo. Tutto è aperto, trasparente, messo in
vista, come in un grande mercato signorile all'aria libera. Lo
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