e trovatori
E vezzose castellane
Ed in mezzo ai gran signori,
Del 
suo prence a mano manca,
La ventraglia d'un cenobita
Su una mula 
tutta bianca! 
Imbandíansi sulle tavole
Le vivande in piatti d'oro;
Il vestito delle 
dame
Era un piccolo tesoro:
Della plebe il brulicame
Facea ressa 
nelle vie,
Quando andavano a godersela
Monsignori e Signorie. 
Poi le danze! Al suon di pifferi
Di sirvente e di mandòle
Tarantelle 
e cavalloggie
Alternavansi a spagnole;
E, vedute dalle loggie,
Quelle genti a più colori
Un gran mazzo ti parevano
In cui vita 
aveano i fiori.
L'Evo Medio si compendia
Nella chiesa e nel castello;
Dominavan 
le nazioni
Un guerriero o un fraticello;
Fra le mille devozioni,
(Sacerdote il trovatore)
Una sola era pregevole,
Beppe: quella 
dell'amore! 
Nelle chiese c'era l'organo,
Avean trombe i cavalieri,
Ma la musica 
del popolo
Era quella dei trovieri
E le libere parole
Uscian fuor 
delle mandòle. 
Oh!... I bei tempi!... Il nostro secolo
È una nenia e non un canto!
Noi siam lucciole sbiadite,
Essi il fuoco, essi l'incanto!
Oggi i 
bozzoli e la vite
Ci preoccupan l'idea
Più dei lauri e della gloria
D'una bellica epopea! 
Oh!... I bei tempi!... Eppur s'io medito
Sulle stragi dei possenti;
S'io 
ricordo il Sant'Uffizio
Ed i roghi dei sapienti;
S'io rifletto alle 
baldanze
Di tiranniche ignoranze; 
Benedico le vittorie
In onor dei Veri eterni,
E il prosaico vestimento
Dei filosofi moderni;
Benedico dei presenti
La volgar monotonia;
Nella scienza e nei negozii
Trovo ancor la poesia! 
Penso, è ver, che in tutti i secoli
Si pareggian beni e mali;
Che gli 
umani desiderii
Han confini sempre eguali....
Ma davver sono 
contento
Di non viver nel trecento. 
Agosto, 1876. 
IL SECOLO DI PERICLE 
(AL MAESTRO GIOVANNI RINALDI) 
Sotto la ferrea--clava spartana
Isterilivasi,--schiava gemente,
La 
nata libera--volontà umana.
Delfo, silente,
Sull'aureo tripode--parea dormire,
Poichè le belliche--tube eran mute,
Nè più all'Oracolo--chiedevan l'ire
Senno e virtude. 
Nojata e gelida--la Pitonessa
Sonar nel tempio--non intendea
Che 
d'una vecchia--la voce fessa
Cui, sorda, Igea 
Degli anni all'ónere--curva lasciava,
O qualche timida--prece d'amore
Che su virginee--labbra mandava
L'ansia del cuore.-- 
Tebe era mutola;--tacea Corinto;
Messene, esangue,--nelle sue mura
Chiudeva un popolo--per sempre vinto
Dalla sciagura. 
Brandían gli Ellenii--zappe e bipenni!
Di illustri ceneri--piene eran 
l'urne,
E le Olimpiadi--venian solenni
E taciturne 
A baciar l'ampie--fronti dei saggi...
Ma, in fondo ai bigî--tempi, un 
fulgore
Brillava... ed erano--gli accesi raggi
Di Atene in fiore. 
A TAIDE 
Taide, il mondo è un'accolita
Di sciocchi e di bricconi;
A poche 
menti garbano
Le libere canzoni;
Gli sciocchi non camminano
Che coi piedi degli altri,
E l'armi degli scaltri
Son frasi e ipocrisia. 
Il labbro, che ti predica
L'azzurro e la morale,
Beve, nell'ombra, al 
lurido
Nappo del baccanale;
Le donne oneste mostrano
Nudo ai 
teatri il seno
E chiameranno osceno
Questo povero canto! 
In custodia ridicola
Ognun stringe la sposa....
E volge all'altrui 
talamo
La mente desïosa;
Mille impotenti giovani
Sparlan 
dell'altrui donne....
E delle proprie nonne
Si fanno i paladini! 
È l'infanzia un miscuglio
Di lubrici misteri;
La pubertà ci innebria
D'ardenti desideri;
Ma i vecchi scaraventano
Sovra noi l'anatèma,
Se ne facciamo il tema
D'un'ode in settenari.
L'arte greca è lascivia
E l'insegna il pedante;
Porta e Goldoni 
estasiano
E venerato è Dante;
Ma se noi, baldi giovani,
Tessiamo 
un inno al Vero,
Sorge un popolo intero
A gridarci la croce! 
Quadri, melodi e statue
E commedie e volumi
Tutti d'amor ci 
parlano
Negli umani costumi....
È una rancida nenia!
È un nojoso 
frastuono!
Sempre lo stesso tôno
Su una nota tenuta!... 
Taide, tu pure, ingenua,
Alla nenia credesti!
Con chi primo ti 
piacque
Una notte giacesti....
E trovasti, togliendoti
Al convegno 
geniale,
L'infamia e l'ospedale
Dove morir di stenti. 
Altre, di te più caute,
Si ribellano al mondo
E, odïandoli, agli 
uomini
Fanno il viso giocondo;
Ed, ingannate, ingannano;
E 
rubano, baciando;
E ridono, sputando
In fronte ai derubati! 
Innanzi a lor si inchinano
Gli sciocchi riverenti,
E i poeti le ragliano
Con patetici accenti,
E le madri del popolo,
Che soffrono la fame,
Alle fanciulle grame
Le citano a modello! 
Io nacqui troppo povero
Per comperarne i baci,
E non m'impiglio al 
vischio
Dei lor sguardi procaci;
Delle fanciulle ingenue
La 
ritrosia m'annoja,
Chè dell'amor la gioja
Non disgiungo dai sensi. 
Le donne oneste adescano
Senza conceder mai;
Fra gli imbecilli, o 
Taide,
Finor non m'imbrancai!
Odio gli altari e gli idoli
A cui la 
turba grulla,
Senza ottener mai nulla,
Si inginocchia pregando! 
Spose od amanti, il talamo
E la tomba d'amore!
La noja o l'amicizia
Lo sùrrogan nel cuore....
Il Piacer, che n'è figlio,
Come l'Ebrëo 
Errante,
Con ardore incessante
Cerca novelle forme! 
Taide, tu sola, vittima
Degli umani disprezzi,
Ai tristi che ti 
insultano
Rendi lagrime e vezzi,
Chè le fanciulle povere
Dal 
sangue ardente e buone,
Perdendo un'illusione
Non si mutano in
serpi! 
Tu sola sei possibile
Per le menti severe,
Che le catene abborrono
Adorando il piacere!
Tu, che ai ricchi ed ai poveri
Mostri un egual 
sembiante
E accogli in un istante
Ogni filosofia! 
Tu, che non rechi i triboli
D'un amore geloso;
Che non ti atteggi a 
vittima
D'un dolor fastidioso;
Tu, che ti serbi vergine,
Anche da 
lebbra infetta
Che bocca maledetta
T'infiltrò nelle carni! 
Tu, con cui scorre libera
E aperta la parola;
Tu, d'ogni umana 
lagrima
Educata alla scuola;
Tu, che dai per un obolo
Ciò che 
l'altre, per anni,
Con amarezze e inganni,
Vendono a caro prezzo! 
No!... L'amor non è l'unica
Gioja al mortal concessa!
Anche l'odio 
ha i suoi gaudî!
E la vendetta anch'essa!
E l'han le acute indagini
Note ai sapienti, e l'ore
Consacrate all'ardore
D'un ambizioso 
sogno! 
Vieni, povera vittima,
Vieni!... Al tuo sen mi stringi!
Al par di mille 
ipocrite,
Taide, il delirio infingi!
A sozze man proficua
Tu stessa 
non comprendi
Che la merce che vendi
È una perla preziosa! 
Vieni!... Svanita l'estasi
Col sol di domattina,
Ti lascerò, per correre
Dietro un'Arte Divina....
Nè subirò la nenia
Di promesse o 
lamenti,
Che dei versi fluënti
Potrian rompermi il filo!... 
Milano, ottobre 1875. 
LA NOTTE DI SAN SILVESTRO 
La    
    
		
	
	
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