cullava in una specie di estasi, 
come nell'abbandono di una bontà sconfinata, dove non sorgeva mai 
neppure la più lieve ombra di dubbio o di paura. Sorella dei fiori, delle 
erbe, degli insetti, degli uccelli, viveva della loro pace profonda nella 
assoluta ignoranza del male. 
Una lontana e confusa immagine della società le appariva a tratti nella 
lettura del Vangelo e nelle spiegazioni che il solitario ne faceva; ma 
tutto ciò si presentava alla fanciulla come una visione, come 
l'evocazione di un mondo spento, non invidiabile, nè desiderabile; e, 
nella sua anima straordinariamente portata alle oscurità del mondo
soprasensibile, i fatti, i nomi, tutta quella storia misteriosa dell'Antico e 
del Nuovo Testamento si mescevano nel simbolismo di un sogno 
prolungato ed infinitamente soave. Le sembrava, a volte, di aver 
vissuto in quella terra fatale di Galilea, di aver udita la voce di Gesù, di 
averne seguito i passi, di essere stata sotto la croce a beverne il sangue, 
e per l'amore di Lui essere risorta a questa nuova vita di intera purezza, 
di luce imperitura. 
Una grande fantasia poetica era in lei, per cui respirava in un'atmosfera 
di luce, e stava in rapporti ideali con una quantità di persone e di cose, 
confondendole soavemente per una ripugnanza innata delle verità 
materiali, onde spesso le stelle e gli Angeli, una rosa e la Madonna, il 
sole e Dio si identificavano nel suo pensiero, formavano quella catena 
di splendori e di gioie sante entro cui si moveva la sua anima. 
Alcune parole, alcune frasi dei libri sacri la trasportavano in un delirio 
di ammirazione; per esempio, tutti i simboli relativi a Maria Vergine, 
che, dopo di essere stata paragonata all'aurora foriera del sole, venne 
ancora ravvisata nell'Arca dell'alleanza, fabbricata di legno 
incorruttibile, nel roveto di Mosè, che arde tutto e pure non si consuma, 
nella verga di Aronne, che lungi dall'insterilire mette fiori, nel vello di 
Gedeone, che solo rimane molle e coperto di rugiada mentre la terra 
intorno è bruciata; nell'orto chiuso, d'onde emanano profumi di 
paradiso, e nella rosa di Gerico, nel cedro del Libano, nel cipresso di 
Sionne, nella palma di Cades, nel pallido ulivo dei campi, nel leggiadro 
platano che costeggia i torrenti. 
Su queste parole misteriose, su queste similitudini ignote, piene di una 
occulta e sublime poesia, la dolce fanciulla spargeva lagrime di una 
commozione così intensa che le si accresceva per esse l'infinita felicità 
di vivere. 
* * * 
La piccola baita, dal giorno in cui il prete l'aveva scelta per sua dimora, 
si era venuta man mano dirozzando per la presenza delle due fanciulle. 
All'unica cameretta il solitario ne aveva aggiunta un'altra, lavorando a
quest'uopo un inverno intero; prima per abbattere gli abeti e poi per 
tagliarli e piallarli rozzamente, tanto che potessero connessi insieme 
formare le tre pareti che occorrevano al nuovo edificio. 
Le gemelle lo avevano aiutato con ardore, e non avendo mai visto nè 
fabbriche, nè operai, nè cosa alcuna al mondo, esultavano ad ogni 
scoperta, ad ogni felice risultato, così divertite dalla nuova occupazione 
che non videro fuggire l'inverno. Piene di zelo, portavano legni, 
limavano chiodi, foravano, ammucchiavano, docili all'insegnamento 
del loro buon padre; mentre Maria trovava modo di unire anche a 
questa occupazione materiale le sue visioni grandiose e poetiche e 
pensava che così avevano lavorato gli uomini primitivi per edificare il 
tempio di Salomone, dove si cantavano le glorie di Dio. 
All'olezzante cedro del Libano ella sostituiva, con eguale trasporto di 
poesia e di gratitudine, il pino silvestre dal forte profumo resinoso. 
--Come odora buono!--diceva.--Tanto buono e tanto forte! 
E già amava quelle brune pareti, dove scorgeva, come in tutto il resto 
del creato, una catena ininterrotta di benefizi; le toccava con amore, con 
devozione. Non poteva neanche dire di essere felice: perchè la felicità 
per lei era lo stato naturale di tutti gli esseri viventi; ma tale intima 
sensazione la esprimeva nell'irradiamento di tutto il volto e in un 
crescendo di vitalità, per cui le accadeva di serrarsi stretta la sorella fra 
le braccia, quasi il suo cuore non fosse abbastanza grande per contenere 
tanta gioia. 
Alla famiglia di pastori che avevano allevate le due piccine un'altra 
famiglia era subentrata, e nuovi rapporti di una o due volte l'anno 
recavano ai solitari della baita gli oggetti di prima necessità: volontario 
tributo che quella buona gente offriva al Santo. Ognuna di queste visite 
era un tale avvenimento per le gemelle che solamente l'aspettarle e il 
rammentarle bastava a riempire il loro isolamento. Non erano che rozzi 
pastori, ma erano anche i soli esseri umani che giungessero fin lassù. 
Quando la cameretta nuova fu compita, misurò quattro passi in largo e 
cinque in lungo, e, per suggerimento dei pastori, venne confitta ad una
delle pareti, la meglio riparata, una specie di alcova, molto simile ai 
lettucci delle cabine nei bastimenti e precisamente eguale    
    
		
	
	
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