Lezioni e Racconti per i bambini | Page 9

Ida Baccini
noi.
Il fusto del formentone è molto alto; e fra le sue giunture escono le pannocchie, le cui foglie servono a riempire i sacconi.
La vena che si dà ai cavalli, il miglio, il panico e il riso appartengono anch'essi alla specie dei grani: ma la coltivazione del riso richiede terreni bassi, irrigati, paludosi, che vengono chiamati appunto risaie.
Non è quindi sano l'abitare in prossimità delle risaie e noi dobbiamo esser riconoscenti ai poveri coltivatori, i quali, astretti dal bisogno, vi menano una vita breve e travagliata.
A questo punto Lello annodò le braccia intorno al collo della mamma e nascose la testa nel seno di lei.
--Che cos'hai? chiese questa maravigliata. Ti senti male?
--Oh mamma! rispose il bambino, lo conosci Geppone, il figliuolo del lattaio?
--Sicuro che lo conosco! Ebbene?
--Stamani, nell'andare a scuola, l'ho incontrato, e siccome non m'ha voluto far montare sul baroccino dove ci aveva le fiasche del latte, l'ho trattato di contadinaccio e di villano!
--E lui che cosa ti ha risposto?
--Lui! Nulla. Ha seguitato la sua strada, a capo basso, senza neanche voltarsi indietro.
--Forse piangeva, osservò la mamma.
E senz'aggiungere una sola parola uscì dalla stanza.
* * *
Lello rimase male, male di molto. Avrebbe preso che la mamma lo avesse gridato, magari picchiato. Quel silenzio doloroso gli fu più amaro d'ogni rimprovero.
Si pose di nuovo a guardare i campi a traverso i vetri della finestra e pensava: Se io non rivedessi più il povero Geppone e non potessi perciò chiedergli perdono, come farei a campare con questo struggimento?
* * * * *
1. Che cos'è l'aratro?
2. Raccontatemi la storia d'un pezzetto di pane.
3. Il grano serve solamente alla fabbricazione del pane?
4. Accennatemi altre specie di grani.
5. Perchè Lello aveva dei rimorsi?

Turco e Sparalampi.
Era una gran passione con quella benedetta bambina dell'Ersilia: l'acqua ghiaccia le faceva paura: il sole le dava il dolor di capo, il vento le produceva le scoppiature sulla pelle, i vestiti di lana la bucavano, quelli di tela le agghiacciavano il sudore, quelli di cotone le si appiccicavano alle spalle.
E anche nel mangiare era la stessa storia. Non le piacevano le patate, l'erba le dava il dolor di stomaco, la minestra di riso la nauseava, la carne grossa le era indigesta. Insomma era un vero struggimento.
E la mamma, che era una donna di giudizio, voleva avvezzar bene la sua bambina, nè poteva certo menarle buoni tutti quei dàddoli.
--Io voglio far di te una giovane sana e robusta, le diceva spesso: e affinchè tu diventi tale, è necessario che tu ti avvezzi per tempo al sole, alla pioggia, ai venti: che tu pigli l'abitudine ai cibi grossolani, alle vesti ruvide, ai letti duri. Si sa come si nasce e non si sa come si muore, bambina mia. E perchè tu intenda meglio i vantaggi d'una vita sobria e severa, ti racconterò la novella di Turco e di Sparalampi.
Sappi che in un paesetto del Mugello, un pastore aveva allevato due bei cani, appartenenti alla razza più stimata, sì per la forza, come per il coraggio. Quando li vide abbastanza grandi e robusti per non aver più bisogno del latte materno, pensò di regalare il più bello al suo padrone, che era un ricco signore di Firenze.
Ci volle del buono e del bello a dividere i due animali, che non intendevano di lasciarsi, ma salvo questo incidente, il regalo fu ricevuto collo stesso piacere col quale venne fatto.
A partir da quel giorno, la vita che menarono i due fratelli fu molto diversa. Il nuovo signorino, al quale venne imposto il nome di Turco, fu ammesso subito in cucina, dove non tardò ad accaparrarsi le buone grazie del servitorame, che si divertiva a vederlo sgambettare e lo compensava con una profusione di chicche e di cibi prelibati, e lui, a furia di mangiar quelle cose sostanziose dalla mattina alla sera, si era fatto tondo e grasso come un pallone: ed era diventato così pigro e pauroso, che la sola vista d'un ragno bastava per farlo allibire.
Aveva anche un altro difetto: quello della gola, e quando sapeva di non esser visto, rubava dalla dispensa ora un pezzo di prosciutto, ora un dolce, ora un'ala di pollo.
La gente di servizio avrebbe pur voluto gastigarlo, ma egli era così accorto e sapeva reggersi con tanta grazia sulle zampine di dietro, che le busse andavano a finire in carezze, e spesso in nuove ghiottonerie.
L'altro cane, chiamato Sparalampi, non aveva il pelo lustro e il corpo rotondeggiante del suo fratello di città; non sapeva reggersi sulle zampe di dietro nè far le capriole eleganti di Turco; e in quanto al mangiare bisognava contentarsi di un po' di pane scuro e lì. Non c'era dunque da stupire se obbligato a viver sempre all'aria aperta ad affrontar le intemperie della stagione e a lavorar senza tregua per guadagnarsi il sostentamento, si era fatto robusto, attivo e diligente. Gli incontri frequenti coi
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