Le Amanti | Page 9

Matilde Serao
si avanzava; solo da due cristalli si
vedeva il paesaggio fuggente. Ferrante si era seduto accanto a Grazia:
la mano di lei era fra le sue, stretta mollemente: a un certo momento
ella la ritirò, ma soltanto per sollevare il suo velo bruno; la picciola
mano fedele ritornò subito fra quelle dell'amor suo. Nè dicevano nulla.
La delizia di due amanti, soli nel vagone fuggente per la campagna,

fuggente innanzi ai villaggi e alle piccole città, ha poche delizie che la
eguaglino: tanto è acuto il senso di libertà, di amore inconturbato, di
oblìo terreno che dà quella fuga. Non esistono più nè lo spazio, nè il
tempo, nè l'uomo, nè la vita: esiste solamente l'amore, nella sua
massima condizione d'indipendenza, trasportato lontano, lontano, dove
non vi sia che amore. Che dirsi? Ogni tanto ella sentiva che Ferrante la
chiamava per nome, ripetendone due o tre volte le sillabe incantatrici:
ma forse non la voce di Ferrante, era l'anima che parlava e l'anima di
Grazia stava a sentire. Due o tre volte, a un lembo di paesaggio
illuminato di sole, a un piccolo paese sospeso lungo i fianchi di una
collina, innanzi a una grande pianura maestosa, i due volti si
accostavano, dietro allo stesso cristallo, per vedere come era bello il
mondo esteriore, non quanto quello che portavano nel cuore. Tacevano.
Sentivano che era quella l'ora invocata tante volte, nelle insonnie della
notte, nelle vuote mattinate, nelle sere affannose; sentivano che era
quella la realtà del loro infinito desiderio, l'amore nella solitudine
suprema; e sembrava loro che qualunque parola dovesse turbare questo
sacro raccoglimento, questa concentrazione di felicità. Niuno sapeva
più nulla di loro: essi non sapevano più nulla, di niente: e poteano dire
che il mondo era scomparso, o era stato assorbito nella
incommensurabile dolcezza del loro amore. Solo quando il sole
cominciò a discendere sulla poetica campagna toscana, un senso di
malinconia si mescolò, naturalmente, a tanta dolcezza. Era una mestizia
fuor di loro, che veniva dalle cose: il paesaggio verde, i colli così
pittoreschi, e le bianche case, e il fiume mormorante sul greto, e i
campanili dei villaggi si fecero prima rossi, poi violacei, poi bigi: tutti i
veli avvolgenti, misteriosi, malinconici del tramonto salirono dalla terra
al cielo. Parve che il treno corresse meno rapidamente, come preso
anch'esso da una fiacchezza; le voci delle stazioni erano meno vivaci,
meno allegre, alcune sembravano rauche, altre fioche; il fiume,
apparendo, riapparendo, assunse un aspetto tragico, di acqua traditrice
gorgogliante; la stretta di mano di Ferrante che teneva nella sua quella
sottile di Grazia, si allentò, come se lo cogliesse una improvvisa,
crescente debolezza e la mano sottile si raffreddò sotto il guanto.
Videro un cimitero: un piccolo cimitero di paesello a mezza costa, con
quattro o cinque cipressi e poche lapidi bianche.

--Beati i morti--ella disse sottovoce quasi parlasse a sè stessa.
--Chissà!--le rispose lui, sul medesimo tono.--Forse amano ancora.
--Tu hai tombe, per il mondo?--gli domandò lei, piegandosi a guardarlo,
in quella penombra crepuscolare.
--No: ma tutti abbiamo delle tombe, in noi.
--Molte cose hai veduto morire?
--Molte cose e molte persone che son vive.
--È triste, è triste--diss'ella ributtandosi indietro, sulla spalliera.
--La tristezza è in fondo alle anime: non bisogna andarla a
cercare--soggiunse Ferrante, come se pronunziasse una sentenza.
Tacquero. Ella aveva abbassato il velo sul viso di nuovo e il capo sul
petto. Egli si levò, guardò dallo sportello opposto, nella penombra, per
qualche tempo; poi ritornò vicino ad essa, sedendosi.
--Grazia?
--Ferrante?
--Che hai?
--Nulla--fece lei, con un gesto largo.
--Dimmi, dimmi che hai.
--Quello che hai tu--rispos'ella, enigmaticamente.
--Non parlare di me: io sono una quercia fulminata. Tu non puoi essere
come me; sei così giovane, e così bella, Grazia, e così destinata alla
felicità!
--Io ho paura.... paura....

--Di che, amore, hai paura?
--Della vita.
--Fole!--egli esclamò, sorridendo nella penombra.
--E della morte, della morte, assai più.
--La morte è lontana--fece lui.
--Taci, taci--mormorò Grazia--forse passiamo innanzi a un altro
cimitero.
Quasi presa da un vago ma forte terrore, ella si era stretta a lui,
infantilmente, poggiandogli la guancia sulla spalla, chiudendo gli occhi.
Quei due sportelli su cui non erano tirate le tendine di lana, quegli
sportelli oramai neri, nella sera fitta, affascinavano la donna, come se
fossero aperti sull'infinito. Egli se ne accorse, vedendola immobile,
estatica, con gli occhi sbarrati sul nero orizzonte che fuggiva dietro i
cristalli: volle fare un moto per levarsi, per tirare le altre due tendine.
--No, no--lo supplicò lei, stringendosi ancora, socchiudendo gli occhi.
Restarono così: il lumicino ad olio del vagone tremava, pareva dovesse
spegnersi ogni momento. Bizzarre ombre danzavano. sui divani:
tenendola stretta a sè, bimba spaurita, Ferrante sentiva che Grazia
affannava un poco. L'aria si era raffreddata. Una angoscia li opprimeva,
entrambi, angoscia ignota, angoscia di chi ha intravvisto il negro
problema
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