La trovatella di Milano | Page 2

Carolina Invernizio
perfetta quiete della sua anima.
--Paura?--esclamò--E di chi? I ladri farebbero un magro bottino e in quanto a me, se qualcuno ardisse insultarmi, saprei difendermi.
Il suo viso, l'atteggiamento, esprimevano una tale energia, che lo sconosciuto la guardò con viva ammirazione.
--Sapete a cosa penso?---disse dopo un momento di espressivo silenzio, appoggiandosi con un gomito al banco, mentre la guantaia rimetteva in ordine alcune scatole negli scaffali.
--Che volete che sappia se non me lo dite.--rispose volgendosi a riguardarlo.
--Penso che si deve essere molto felici amati da voi.
Un vivace rossore salì alle guancie di Maria: ella alzò graziosamente le spalle.
--Io non amo alcuno.--disse.
Egli scosse dolcemente il biondo capo.
--Non è possibile.
Maria ebbe un sorriso affascinante.
--Avete ragione, vi ho ingannato: amo, anzi adoro... mia madre.
Poi ritornando seria e come pigliasse un'improvvisa risoluzione.
--Temete signore--chiese--che la persona, dalla quale eravate inseguito, vi abbia veduto entrar qui?
--Spero di no, avevo molto vantaggio su di lei, tuttavia scommetto che sta perlustrando la strada...
--Se ascoltaste un mio consiglio, cangereste d'abiti.
--Potete procurarmene degli altri?
--Ve ne posso dare uno dei miei.
--Un travestimento da donna? Ebbene, perchè no? Siamo di carnevale: accetto.
--Attendete un momento: vado a prepararvi quanto può occorrervi.
Disparve nella retrobottega, lasciando solo lo sconosciuto. Allora il viso di questi subì una trasformazione: la fronte gli si corrugò come quella dì un vecchio: i suoi occhi presero un'espressione dura, quasi crudele, le sue labbra si raggrinzarono.
--Che disdetta!--mormorò--Eppure avevo sperato di raggiungere il mio intento! Ma prenderò la mia rivincita e prima che egli giunga a possedere Adriana, lo voglio morto.
Si ricompose, perchè Maria rientrava.
--Signore--diss'ella con semplicità e franchezza--andate a cambiarvi: troverete tutto pronto: io vi attendo qui.
Rimase in piedi, presso il banco, meditabonda. Non sentiva più la stanchezza, si trovava sotto il fascino di una potente emozione, senza saper spiegarsene il perchè.
Maria era usa servire degli avventori giovani, belli, eleganti; molti si recavano appositamente da lei, per avere l'occasione di ammirarla, sussurrarle qualche dolce parola, farle un po' di corte. La guantaia accettava sorridendo quegli omaggi e dichiarazioni, ma non incoraggiava alcuno; il suo cuore era rimasto fino allora tranquillo, la sua riputazione d'onestà non aveva ricevuta la più piccola macchia.
Ma in quella notte, la presenza dello sconosciuto le cagionava un insolito, involontario turbamento: il cuore le batteva a colpi precipitosi. Avrebbe voluto sapere chi egli fosse, da qual luogo era fuggito in quel costume e perchè lo perseguitavano.
Fu scossa nel vederlo ricomparire: le sue guancie si infiammarono ed un sorriso, un po' tremulo, inarcò le sue rosee labbra.
Vestito da donna, egli sembrava ancora più carino, civettuolo. Se due piccolissimi baffetti biondi non gli avessero ombreggiata la bocca, si sarebbe davvero potuto prendere per una leggiadra ragazza. Non mostrava alcun impaccio sotto quegli abiti femminili, anzi il suo elegante personale, pareva aver acquistato maggiore sveltezza ed elasticità.
--Come vi sembra che stia?
--A meraviglia, nessuno vi riconoscerà, specialmente se abbasserete il velo del cappello.
--Volevo guardarvi ancora una volta.
Per nascondere il suo rossore e la sua confusione, Maria si affrettò a rivolgersi ed a togliere il catenaccio dalla porta.
--Fermatevi--esclamò con vivacità lo sconosciuto--voglio dirvi che domani vi rimanderò i vostri abiti e pregarvi a non serbare di me una triste impressione, a perdonarmi.
Maria invece di rispondere, dischiuse la porta e dopo aver guardato al di fuori, rivolse il viso, ritornato pallido ed alquanto serio, verso il giovane.
--La via è libera--disse--potete uscire, signore.
Lo sconosciuto con un moto pronto al pari dell'idea, afferrò con ambe le mani la bella testa della guantaia, depose sulle labbra di lei un bacio infuocato, poi slanciandosi in istrada, scomparve.
A Maria le parve che con quel bacio, egli le avesse portata via l'anima, tanto fu scossa sino in fondo al suo essere.
Rimase un istante come svenuta, con gli occhi umidi, le labbra frementi...
Poi sembrò respingere dentro di sè quell'impressione e il suo viso riprese l'abituale serenità.
Rinchiuso accuratamente l'uscio, spense il lume e passata nella retrobottega, senza osservare gli abiti lasciati dal giovane, prese una lucernetta ad olio e per una scaletta di legno, salì alla camera da letto, l'unica stanza di quel magazzino.
Era addobbata modestamente, ma di una pulitezza che incantava. Il suolo si mostrava lucidissimo, le pareti parevano colorite di fresco.
Due letticcioli di ottone, separati da un tavolino da notte, un armadio di noce, quattro seggiole intarsiate, un divano di cuoio, uno specchio con cornice di rame dorato, un porta-abiti di ferro verniciato, compivano il mobiglio della camera.
Maria entrò in punta di piedi e facendo con una mano riparo alla fiamma della lucerna, si avvicinò ad uno dei letti e si pose a contemplare il viso soave, sebbene appassito dagli anni, di una donna, che dormiva profondamente, appoggiando il capo all'alto del capezzale, sul braccio ripiegato.
Sul vago sembiante di Maria apparve un'espressione di tenerezza, di contento.
Quel sonno calmo, quella respirazione dolce e misurata, L'atteggiamento stesso tutto pace, rassicurarono la bella guantaia. Sua madre nulla aveva sentito: ella poteva nasconderle la strana avventura
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