et aggionti alla provvigion del dinaro 
nell'agosto del 1745 si videro obbligati a porre un freno alla disastrosa ed infruttuosa 
corrività della Repubblica verso la nobiltà dalmata; corrività che minacciava, di rovinare 
le «camere (_tesorerie_) di quelle province, costringendo per questo oggetto a farsi più 
abbondanti et frequenti le missioni di pubblico danaro per le esigenze di quelle parti» 
[11]. 
Nè più valeva a risollevare l'intisichito spirito di ventura tra i Dalmati--i mercenari per 
eccellenza--l'imagine della forza e della potenza guerriera della Serenissima. Le parvenze 
esterne dell'imperio, alle quali si affidava buona parte del suo prestigio presso le 
popolazioni soggette, erano precipitate a quel tempo in uno stato di abbandono colpevole. 
«Le fortificazioni di Levante, della Dalmazia e dell'Albania--scriveva nel 1782 il 
brigadiere degli ingegneri Moser de Filseck al Doge--sono in uno stato di desolazione 
tale da commuovere a riguardarle... A Zara, ogni parte delle opere componenti i recinti e 
le fortificazioni è in rovina... Spàlato è in decadimento, ed un nemico può eseguirvi un 
colpo di mano, a suo talento... Lo stato infine del forte S. Francesco a Cerigo fa 
rabbrividire pel decoro del Principato»[12]. 
Le armi vecchie e rugginose avevano dunque disamorato i venturieri a detergerle in Italia, 
ed Oltremare. Restava soltanto qua e là per la Dalmazia ed in Levante qualche guizzo del 
fulgore antico, raccomandato ad un sentimento di gratitudine giammai sopito nel cuore 
delle genti d'altra riva dell'Adriatico verso la Veneta Repubblica, che le aveva raccolte 
sotto le proprie ali nei tempi più travagliati della Cristianità e difesi contro il Turco. Ed a 
questi sentimenti, le ultime compagnie di ventura italiane avevano raccomandato i loro 
estremi giorni di vita a Venezia. 
* * * 
L'altra fonte delle milizie venete era rappresentata dalle _cerne _, che fornivano soldati 
dei luoghi ordinati con previdenze territoriali, specie di Landwehr che si levava in tempo 
di guerra o di neutralità a rincalzo dei mercenari, cioè dei provvisionati. Le cerne venete, 
o soldati d'ordinanza, emanavano adunque direttamente dal pensiero politico e militare di 
Nicolò Macchiavelli, che volle l'istituto delle milizie nazionali tratto dal popolo 
pedestremente armato[13]. 
Costituiva il nerbo delle cerne l'elemento rurale dei domini di Terraferma e d'Oltremare, 
cui la Serenissima aveva fatto larghe concessioni per rinfrancarlo nel suo innato spirito 
conservatore ed adescarlo a servire, lietamente ed in buon numero, nella milizia regionale. 
Di queste prime pratiche conservò memoria il Bembo. 
«Deliberò il Senato--egli scrisse--che, nel Veronese, l'anno 1507, un certo numero di
contadini che potessero armi portare, si scegliesse e descrivesse; i quali all'arte militare si 
avvezzassero, e costoro liberi da tutte gravezze fossero, acciò più pronti alle cose della 
guerra essere potessero, e chiamati alle loro insegne incontanente v'andassero. Il qual 
raccoglimento di soldati di contado agli altri fini della Repubblica (come suole l'uso 
essere di tutte le cose maestro) in breve passò e si diffuse. Il perchè ora le ville ed i 
ragunamenti degli uomini del contado di ogni città, parte de' suoi hanno che a questa cosa 
intendono, di essere armati ed apparecchiati di maniera che, senza spazio, alla guerra 
subitamente gire e trovarsi e servire alla Repubblica e per lei adoperare si possono. E 
queste genti tutte soldati di ordinanza, o cernite, si chiamarono»[14]. 
La guerra della lega di Cambrai, combattuta per l'integrità dei domini della Signoria, 
consolidò questa milizia paesana e la fece popolare, ad onta dei tentativi fatti per 
denigrarla--più che tutto dopo lo sbaraglio di Vailate--per opera dei troppo interessati 
fautori delle milizie assoldate, gli industriali della guerra d'allora. In sostanza, si voleva 
rovesciare sopra i soldati di ordinanza un po' di quel discredito e di quella noncuranza di 
cui gli eserciti regolari furono sempre prodighi verso le «guardie nazionali». 
Il grande vantaggio delle cerne consisteva, anzitutto, nel loro costo sensibilmente minore 
in confronto del necessario per mantenere un eguale numero di soldati di mestiere. 
Toccava infatti al comune di descriverle, di armarle e d'inquadrarle in centurie; laddove 
questo còmpito, per i soldati di mestiere, toccava ai capi-leva che ne ritraevano un utile 
per sè e per la compagnia. Anche i gradi delle cerne, fino a quello dei capi di cento 
incluso, si attribuivano di massima per elezione nei villaggi che contavano il maggior 
numero di descritti. 
Gli obblighi di questi ultimi erano limitati a cinque mostre o rassegne annuali 
(_mostrini_), oltre a talune riviste straordinarie (_generali_) in luoghi designati, con il 
comune consenso dei soldati medesimi, escluse però le fortezze, le terre murate, i castelli 
ed i grossi villaggi. Epperciò le rassegne si compievano d'ordinario in rasa campagna. 
Le cerne dovevano presentarsi alle rassegne con le armi che avevano personalmente in 
consegna dai comuni, come si pratica per lunga tradizione nella Svizzera: le assenze 
erano punite con la descrizione a galeotto, oppure con la multa di 5 ducati[15]. In queste 
rassegne le cerne ricevevano la polvere da moschetto, il piombo    
    
		
	
	
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