L'Amuleto 
 
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Title: L'Amuleto 
Author: Neera 
Release Date: March 17, 2006 [EBook #18008] 
Language: Italian 
Character set encoding: ISO-8859-1 
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L'AMULETO *** 
 
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MILANO, MDCCCXCVII 
L'AMULETO
ROMANZO DI NEERA 
MILANO L. F. COGLIATI, Editore 1897. 
 
Tip. Editr, L. F. Cogliati Sezione nel Pio Istituto pei Figli della 
Provvidenza Piazza Filangieri, 3. 
Diritti di traduzione riservati all'autore 
 
L'AMULETO 
 
Quando morì carico d'anni e d'onori il generale Maurizio di Rocca 
Tournion, un piemontese di vecchia razza che aveva fatte le sue prime 
armi in Crimea e diventò poi tanto celebre nelle guerre fortunose della 
nostra indipendenza, i suoi eredi che erano parenti lontani, si divisero le 
suppellettili del suo piccolo appartamento da scapolo. Ad uno di essi 
toccò fra le altre cose un astuccio di una forma bizzarra in cuoio 
lavorato, evidente provenienza di qualche bazar di Oriente. L'astuccio 
era largo poco più di un palmo, chiuso con un cordoncino di seta stinta 
ed emanava un profumo misto di essenza di rosa e di tabacco fino. In 
un angolo dove gli arabeschi del cuoio avevano lasciato un breve 
spazio, erano state impresse a secco due spade incrociate sormontate da 
una rosa. Fra il raso della fodera c'era un manoscritto, un centinaio di 
foglietti di carta sottile, resistente, coperti con una di quelle calligrafie 
nervose non larghe nè alte come porta oggi la moda, ma spezzate, 
minute, eppure non prive di una intima eleganza che noi dobbiamo 
cercare, per farcene una idea, nelle lettere delle nostre bisavole. Il testo 
era in francese. Poche note a matita traversavano i margini--scritte 
queste dalla mano pesante del generale. Del generale era pure un foglio 
congiunto al manoscritto a guisa di prefazione e di schiarimento; prova 
che il defunto ci teneva e che se avesse pensato a fare testamento, il 
misterioso manoscritto avrebbe avuto probabilmente una destinazione 
diversa che non quella di cadere sotto gli occhi del pubblico.
Ma ecco senz'altro le parole del generale. "Avevo vent'anni. Sotto le 
mura di Sebastopoli la vita andava con un treno d'inferno: guerra, gioco 
e vino. Ci si coricava senza sapere se al domani si avrebbe potuto fare 
lo stesso, incerti d'ogni ora, d'ogni minuto, avendo la morte sulla soglia 
e bivaccando nelle nostre tende con una spensieratezza fatalistica per 
cui qualcuno di noi perdeva in una notte metà della sua sostanza. 
Nessuno pensava all'avvenire. La punta delle nostre baionette, la bocca 
dei nostri cannoni, tutto era lì. Il mio capitano salutava sempre l'alba 
con queste parole: Buon giorno, madama Morte, è oggi che mi prendi? 
"Io non ricordo nella mia vita un tempo più pazzo e più eroico di 
quello. 
"Un giorno, in un periodo di tregua, il pranzo che ci accolse tutti 
insieme per festeggiare l'onomastico del nostro colonnello prese, dalla 
solennità della circostanza e dal momentaneo riposo, un carattere di 
ricevimento mondano che fece penetrare sotto la tenda un soffio della 
patria lontana, delle nostre famiglie, delle abitudini care e signorili 
della nostra infanzia. C'era un mazzo di fiori sulla tavola, se non mi 
sbaglio; ma quello di cui sono sicuro, è che un sottotenente lesse dei 
versi. Avendo perduto la sera prima fino al mio ultimo soldo mi 
trovavo nella migliore disposizione per fare dei brindisi e non a parole 
soltanto. 
"Col crescere dell'allegria i discorsi si portarono sulle donne. Io, 
avendo già molto brindato alla salute del colonnello, mi trovavo 
sprovvisto di argomenti sentimentali e inforcai lì per lì un tema sulla 
inferiorità della donna sostenendo che non sa amare se non in un modo 
meschino, gretto e privo di poesia. Lanciai anche con molta energia e 
discreta fortuna alcuni aforismi di questo genere: L'amore della donna è 
come la spuma dello sciampagna, se non si beve subito ricade sul piede 
del calice. La donna non ama che per vanità, per trovare una conferma 
della sua bellezza. La donna ecc. ecc. 
"Ero all'apice de' miei trionfi oratori, quando mi accorsi di un 
personaggio che non avevo visto prima; me ne accorsi per la profonda 
tenacia dello sguardo che teneva fisso su di me, con una espressione 
inquietante, dove si poteva leggere tanto la disapprovazione quanto una
non celata simpatia. E veniva quello sguardo dagli strani occhi 
bizantini, pieni di mistero, nerissimi, di un vecchio aitante nella 
persona, altero nel portamento, con una occulta sovranità di    
    
		
	
	
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