degno de' suoi talenti e 
della sua conosciuta eloquenza. 
--Jeri sera io ebbi la fortuna di vedervi giungere a questo albergo: voi 
mi sembraste spossata dal viaggio e udii che nel salire le scale pregaste 
il cameriere di mandare per un medico. Il medico è qui ai vostri ordini 
(in così dire mi additava). Nel caso poi abbiate bisogno d'un cavadenti, 
potete valervi dell'opera mia ed io sono certo che mai non mi verrà dato 
di strappare da più leggiadra bocca denti più belli. 
In altra occasione avrei riso di cuore nell'intendere quell'esordio 
stravagante; ma tutto assorto nel gentile spettacolo di bellezza che mi 
stava dinanzi, mi era scesa nell'anima una tristezza che chiudeva l'adito 
ad ogni altra emozione. La bellissima donna mi chiese s'io fossi il solo 
medico del paese; risposi che sì, quantunque mi ripugnasse il 
confermare una menzogna. 
--Se ciò è, disse ella con qualche imbarazzo, desidererei parlarvi senza 
testimonii, e pregherei il signore di uscire per pochi istanti. 
--Come le aggrada, rispose il Birecchi. 
E partì, facendomi un cenno dell'occhio, che poteva tradursi: Voi 
fortunato! profittate della buona ventura, e, sopratutto badate di non 
contraddirvi! 
Rimasto solo presso il letto della malata, ella, arrossendo nel viso, 
cominciò a balbettare alcune frasi sconnesse, indi, narratami l'origine 
della sua malattia, fece atto di rimuovere le coltri per mostrarmi la parte 
offesa. 
--Fermate, signora! esclamai, arrossendo alla mia volta. È tempo che io 
metta un termine a cotesta finzione. Io non voglio veder nulla: non 
sono un medico io; il Birecchi si è permessa una celia... ed oramai 
sarebbe impudenza, vigliaccheria, il secondarlo d'avvantaggio. Sedotto
dalla descrizione dei vostri vezzi, io mi lasciai qui condurre sperando 
mi accettereste a compagno di viaggio. Io vi giuro che non ebbi 
pensiero di profittare della vostra posizione per mire indecenti. 
Perdonatemi dunque il fallo involontario: io mi ritiro. 
--Restate, disse la donna. Poichè il destino mi vi ha condotto dinanzi, 
ed io v'ho già in parte rivelati i miei mali, tant'è ch'io mi affidi 
interamente a voi. Sola, senza conoscenti, in un paese pressochè 
inabitato, è forse il cielo che a me vi manda. Più che d'un medico io 
avea bisogno d'un amico; e voi lo sarete per me, il cuore me lo dice! 
Così parlando, la malata mi stese la mano, ed io la strinsi per 
rispondere al di lei voto con una promessa. 
In quel punto il Birecchi bussò alla porta. 
--Rimandate quel signor cavadenti, disse la donna con subito sdegno. 
Apersi la porta e pregai il Birecchi di ritirarsi. Quegli si stropicciò le 
mani, si pose il cappello in testa, e proferì col tono di voce più 
grottesco un ho capito, da cui si scorgeva ch'egli aveva propriamente 
capito nulla. Poi, parlandomi all'orecchio: 
--Spero, mi disse, che voi non le strapperete tutti i denti. Salvate 
qualche cosa pel povero Birecchi! 
E se ne andò zuffolando. 
Allora rientrai nella camera, accostai una sedia al letto della malata, ed 
ella mi parlò di tal guisa: 
--Io son figliuola d'un ricco possidente di Ascoli. Sposai da circa sette 
mesi un giovane che io amava con tutto il fervore dell'anima. Mio 
padre, uomo burbero e di principii severi, si era opposto a quelle nozze. 
Spiacevangli nel mio Carlo l'orgoglioso carattere, l'indole ardente, la 
tenacità nei propositi, certa naturale fierezza, che a me lo rendeva 
accetto, e la mia mente giovanile vieppiù infiammava dell'amor suo.
«L'amore non ragiona. Le controversie che io incontrava, mi erano 
sprone a tentare ogni mezzo di riuscita. Pregai, piansi, posi in opera 
tutte le arti che ad onesta fanciulla suggerisce la passione: Carlo fu mio. 
«Il giorno delle nozze si passò in feste e tripudii. Alla sera, congedati i 
parenti e gli amici che avevano assistito alla cerimonia, il mio sposo 
uscì di casa per pochi istanti. Quand'egli rientrò, il suo volto era pallido, 
i capegli ritti in sulla fronte, la voce tremante e convulsa. 
«--Donde vieni? che ti è accaduto? gli chiesi spaventata. 
«--Nulla, rispos'egli, nulla. Una facezia... uno scherzo... 
«Io mi appoggiai al di lui braccio, e commossa da terrore, d'amore, da 
mille indistinti affetti, lo seguii nella stanza nuziale. 
«Quella notte, in cui sperava dovesse aprirmisi il paradiso...» 
Qui la bella Ascolana interruppe il racconto, fissandomi in volto uno 
sguardo scrutatore quasi esitasse di proseguire. 
Dopo breve silenzio, crollò il capo mestamente, mormorando a voce 
bassa: 
--Bisogna pure ch'io sfoghi il mio cuore; e voi mi avete l'aria 
d'onest'uomo... 
--Signora, se voi dubitate di me, io vi prego di troncare una confessione 
di cui non vi ho richiesta... 
--Vi par egli ch'io l'avrei cominciata, se il cuore non mi avesse 
prevenuta in vostro favore? Permettete soltanto che io vi taccia come la 
notte del mio matrimonio per me si passasse. Quella ricordanza mi 
empie di raccapriccio. Vi basti sapere che dove io attendeva tenere 
carezze, e cento delizie    
    
		
	
	
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