stenti tanto a capirla? Ne sarà 
innamorato. È così naturale che un giovanotto s'innamori d'una bella 
ragazza! Domandane a Tuccio di Credi: egli ti risponderà.... 
--Che sei uno scimunito;--interruppe Tuccio di Credi, dando al 
Chiacchiera una guardataccia, che pareva volesse mangiarselo. 
Ma il Chiacchiera non si spaventava per così poco. 
--Oh, ecco,--gridò egli, ghignando,--ecco una riprova di ciò che ha 
detto Parri poc'anzi, sulla varietà delle espressioni. Guardate Tuccio di 
Credi, se non sembra tutt'altri. O Tuccio, chi ti facesse il ritratto in 
questo momento, in fede mia, non ti renderebbe un servizio.-- 
Tuccio di Credi, veduto così sottosopra, cioè computando l'una cosa per 
l'altra, poteva anche passare per un bel giovinotto. La carnagione, è 
vero, traeva all'olivastro; ma non è detto che l'olivastro sia un brutto 
colore, e ci son molti a cui simili impasti di giallo e di verde non 
dispiacciono punto. E poi, s'accordavano bene con quella tinta scura i 
capegli e le sopracciglia nerissime; di guisa che sotto quella vigoria di 
toni fuligginosi, l'olivastro delle carni poteva acquistare l'apparenza di 
un amabile pallore. Ma anche Tuccio di Credi aveva un tipo 
mobilissimo, che giustificava pienamente l'osservazione beffarda del 
Chiacchiera. Incominciamo a dire che nel suo volto si notavano due 
parti distinte, la superiore virilmente modellata, a contorni risentiti e 
gagliardi, l'inferiore timidamente condotta, quasi appena accennata. Si 
sarebbe detto che la natura, facendo quella testa, si fosse annoiata a 
metà dell'opera sua. Il naso, ad esempio, non era in proporzione con 
l'ampiezza della fronte; le labbra sottili e smorte mancavano di 
fermezza; il mento sfuggiva senz'altro. In quella faccia, fluita di mala 
voglia, c'era alcun che di stonato, che i pochi peli vani delle labbra e del 
mento non bastavano a dissimulare, e che la barba più folta non 
avrebbe potuto correggere. Anche gli occhi, neri, ma senza luce, dipinti
di nerofumo, lasciavano qualche cosa a desiderare. Per solito, li 
vedevate poco; sfuggivano ad ogni esame. Quando Tuccio di Credi 
parlava con voi, quegli occhi guardavano sempre in basso e da un lato; 
poi, tutto ad un tratto, vi passavano dall'altro, senza che li aveste veduti 
fermarsi sui legacci del vostro giustacore. Osservando il rapido trapasso 
di quei due lumi spenti, pensavate involontariamente alla lucciola, che 
nel fosco della notte vi brilla trasvolando da destra, indi vi apparisce a 
sinistra, dopo esservi passata davanti alla chetichella, rattenendo il 
palpito della sua luce fosforica. 
Mastro Jacopo, una volta aveva detto di lui: 
--Tuccio di Credi non sarà mai un valente disegnatore. Un uomo che 
non guarda mai davanti a sè, può egli vedere quel che si faccia? 
Alle beffe dal Chiacchiera. Tuccio di Credi aveva aggrottate le ciglia e 
si era morso le labbra. Indi, facendo spallucce, aveva risposto: 
--Che grullerie! Basta che il primo venuto dica una cosa per chiasso, 
perchè tu ci fabbrichi subito un ragionamento. Già, non l'hanno 
battezzato il Chiacchiera per nulla. Oggi tu hai visto l'innamorato in 
una figurina di donna, e questo è anche peggio della trovata di Parri 
della Quercia. O che? Non si può egli vedere una bella ragazza per via, 
e sentire il desiderio di segnarne il profilo sulla carta, come si segna il 
profilo d'un frate che va alla cerca, o d'un cane che s'accosta al muro? 
L'uomo che vuole avanzare nell'eccellenza dell'arte, studia tutto quello 
che vede. E se gli capita di vedere qualche bella figura di donna, vuoi 
tu che chiuda gli occhi e dica: Domine salvum fac, come un santo 
eremita, esposto alle tentazioni del diavolo? 
--Se almeno ce ne fossero due, qua dentro, di donne!--ribattè il 
Chiacchiera, che non voleva darsi per vinto.--Ma, a farlo a posta, non 
c'è che questa, non c'è. 
--Non prova nulla. 
--Prova moltissimo. Che non ci sian più belle donne, in Arezzo? O che 
abbiano presa l'abitudine di tapparsi in casa, quando passa il Giotto
redivivo? 
--Ah sì, Giotto ridivivo! Ben detto!--esclamò Lippo del Calzaiuolo.--Se 
ti sente mastro Jacopo, ti abbraccia e ti bacia sulle gote. 
--Chi parla di mastro Jacopo?--gridò una voce, che mise lo scompiglio 
nella brigata.--E chi ho da baciar sulle gote, se è lecito? 
--Maestro!--dissero i garzoni, tirandosi indietro mogi e confusi. 
Il maestro si avanzò in mezzo al crocchio e vide il quaderno dei disegni 
di Spinello Spinelli. 
--Ah!--riprese egli, con accento mutato.--Studiavate? Ammiravate 
anche voi quel che sa fare questo bravo giovinetto? Avanti, su, si faccia 
avanti quello che ho da baciar sulle gote, e mi dica cosa pensa di 
Spinello Spinelli. 
--Maestro,--scappò fuori il Chiacchiera,--io non so se mi bacerete sulle 
gote, o se piuttosto non mi allungherete una pedata; ma dico, con vostra 
licenza, che questo Spinello ha voluto fare un ritratto, in questo piccolo 
schizzo. 
--Orbene,--disse mastro Jacopo, rabbruscandosi;--e se avesse proprio 
voluto fare un ritratto, che ci vedreste di male voi altri? 
--Niente, Dio guardi; niente nell'intenzione. Ma quanto all'esito    
    
		
	
	
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