Calabria o 
della Sicilia, un bravo diavolo che abbia sempre considerato un 
ministro come un essere soprannaturale, mettetemi codesto sere negli 
artigli di un ministro scaltro, come Peruzzi, per esempio: questo 
ministro lo volgerà, lo rivolgerà, l'ammalierà, quel suo intrattabile 
deputato dell'estrema sinistra, il quale tornerà via dalla sua visita al 
ministro abbacinato, cangiato, mistificato, dicendosi nella sua 
coscienza: «ma non sono poi mica sì tristi questi signori!» 
Io non dico nulla come mai questo povero deputato, questo povero 
Adamo sotto l'albero della scienza! debba sentirsi rimescolato se ha il 
padre, il fratello, un parente qualunque, a cui s'interessi, preso nel 
vischio del budget. Il ministro lo sa: egli ha anzi perfino la bontà feroce 
di domandarne notizia, non importa che non l'abbia mai veduto, 
d'informarsi se colui è contento del suo destino. Il povero deputato 
dell'opposizione, che smaltisce giusto un prossimo discorso contro una 
legge di quel ministro, preferirebbe il posto di S. Lorenzo sulla 
graticola. Ora in tutta la Camera non vi sono venti deputati i quali non 
abbiano, direttamente o indirettamente, per mezzo dei loro parenti, un 
punto di contratto col bilancio. Un ministro abile, che sapesse il suo M. 
Guizot a menadito, darebbe all'Europa il singolare spettacolo di un 
Parlamento senza opposizione, proprio come quello di Parigi, ovvero 
sgraverebbe il budget di parecchi milioni. E basterebbe dire: «Signor 
deputato, ella è uomo indipendente poichè siede alla sinistra; ora, come 
il pubblico maligno potria sospettar del disinteresse della S. S., io le 
vengo in ajuto. Ella è funzionario; il padre di lei è ricevitor generale, 
magistrato, il fratello di lei è prefetto: io li metto in disponibilità!» Eh! 
credete voi che gli eroi piovano sui banchi della sinistra, in presenza di 
un discorso così eloquente del ministro Cordova, per esempio, che è di 
taglia da farlo? 
--Malanno! considera mia moglie: al postutto si ha un cuore da 
disponibilità? Perdere dodici o quindicimila lire l'anno?... 
--Non è vero, signora? soggiunge il mio vicino. Ebbene, nè i parenti, nè
gli amici, nè gli elettori si curano di tutto ciò. Essi desiderano tutti un 
deputato libero, indipendente.... che domandi e riceva dei piccoli 
servigi dai ministri e che faccia tutti i loro affari! Ed ecco sotto qual 
fuoco incrociato mettono ogni mattina il povero deputato quindici o 
venti lettere che gli capitano da tutti gli angoli d'Italia. 
--Ma voi volete dunque che un deputato diventi un misantropo? sclama 
con calore mia moglie. 
--Nient'affatto, signora, riprende il mio vicino. Dio me ne guardi! Ma 
allora perchè si fischia a Napoli il Pisanelli, si dà una berlina al Vacca e 
si maldice del Massari! Ma usciamo dalle residenze dei ministri e 
ritorniamo alla Camera. Bisogna leggere i giornali. 
--Ah! non direte poi che non è lusinghiero di trovare il suo nome, i suoi 
discorsi, le sue opinioni lodate o discusse in tutti i giornali! dice mia 
moglie. Non direte che non sia questo, poi, un confortevole compenso. 
--Peste e ruina ai giornali, signora! grida il mio vicino furioso. 
Francamente, se coloro che leggono il conto-reso delle nostre sedute 
nei giornali, non si dicono poi che il Parlamento italiano è la più 
completa riunione d'idioti, bisogna confessarlo, il senso comune non è 
più di questo mondo. I giornali contrari ci sfregiano a disegno, onde 
farci sembrare ridicoli: i giornali amici, per balordaggine, per ignoranza. 
Ci si cacciano in bocca delle enormità, delle stolidezze, dei controsensi 
a dar l'itterizia. Persuadetevene, signora, il vero quarto d'ora di 
Rabelais, del povero deputato, è quello appunto in cui legge il conto 
reso del suo discorso. Quello è il suo Golgota! 
--Ma! che volete voi al postutto che un giornale vi dia per un soldo! 
domanda mia moglie. 
--Proprio nulla, signora, replica il mio vicino. Ciò sarebbe più 
economico! I dispacci telegrafici bastano. Ma continuiamo la nostra 
giornata. Ed io vi fo grazia del lavoro negli uffici. Tre ore assise per 
udire un notaro che parlavi di ferrovie, un medico che discute di 
enfiteusi, un canonico che spippola cannoni rigati! Ah! io preferirei un 
manigoldo che mi descrivesse le gioie e le glorie del paradiso! Ma
eccomi là a gittar qualche appunto sulla carta per il discorso che debbo 
improvisare nella seduta. Un usciere arriva. Un signore mi domanda, io 
interrompo il mio lavoro e vo fuori. Gli è un qualcuno il quale viene a 
pregare umilmente la mia signoria illustrissima di andare a posare da 
un fotografo. 
--Ma io non ho mica desiderio di farmi ritratto, io--dico io. 
---Ah! signore, il pubblico lo desidera! insiste qualcuno. 
--Il pubblico è ben cortese e ben curioso, signore! replico io. 
---Esso ha sete dei suoi grandi uomini, signore. E come la S. S. Ill.... 
--Comprendo, caro, dico io sorridendo, voi volete far quattrini del mio 
sgorbio. Sia pure. 
Quel cotale mi conduce in non so che sito. Il fotografo mi accomoda a    
    
		
	
	
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