Divina Commedia: Purgatorio | Page 5

Dante Alighieri
e pregai?che, per parlarmi, un poco s��arrestasse.
Rispuosemi: ?Cos�� com�� io t��amai?nel mortal corpo, cos�� t��amo sciolta:?per�� m��arresto; ma tu perch�� vai??.
?Casella mio, per tornar altra volta?l�� dov�� io son, fo io questo v?aggio?,?diss�� io; ?ma a te com�� �� tanta ora tolta??.
Ed elli a me: ?Nessun m���� fatto oltraggio,?se quei che leva quando e cui li piace,?pi�� volte m��ha negato esto passaggio;
ch�� di giusto voler lo suo si face:?veramente da tre mesi elli ha tolto?chi ha voluto intrar, con tutta pace.
Ond�� io, ch��era ora a la marina v��lto?dove l��acqua di Tevero s��insala,?benignamente fu�� da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l��ala,?per�� che sempre quivi si ricoglie?qual verso Acheronte non si cala?.
E io: ?Se nuova legge non ti toglie?memoria o uso a l��amoroso canto?che mi solea quetar tutte mie doglie,
di ci�� ti piaccia consolare alquanto?l��anima mia, che, con la sua persona?venendo qui, �� affannata tanto!?.
��Amor che ne la mente mi ragiona��?cominci�� elli allor s�� dolcemente,?che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente?ch��eran con lui parevan s�� contenti,?come a nessun toccasse altro la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti?a le sue note; ed ecco il veglio onesto?gridando: ?Che �� ci��, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare �� questo??Correte al monte a spogliarvi lo scoglio?ch��esser non lascia a voi Dio manifesto?.
Come quando, cogliendo biado o loglio,?li colombi adunati a la pastura,?queti, sanza mostrar l��usato orgoglio,
se cosa appare ond�� elli abbian paura,?subitamente lasciano star l��esca,?perch�� assaliti son da maggior cura;
cos�� vid�� io quella masnada fresca?lasciar lo canto, e fuggir ver�� la costa,?com�� om che va, n�� sa dove r?esca;
n�� la nostra partita fu men tosta.
Purgatorio �� Canto III
Avvegna che la subitana fuga?dispergesse color per la campagna,?rivolti al monte ove ragion ne fruga,
i�� mi ristrinsi a la fida compagna:?e come sare�� io sanza lui corso??chi m��avria tratto su per la montagna?
El mi parea da s�� stesso rimorso:?o dignitosa cosc?enza e netta,?come t���� picciol fallo amaro morso!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,?che l��onestade ad ogn�� atto dismaga,?la mente mia, che prima era ristretta,
lo ��ntento rallarg��, s�� come vaga,?e diedi ��l viso mio incontr�� al poggio?che ��nverso ��l ciel pi�� alto si dislaga.
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,?rotto m��era dinanzi a la figura,?ch��av?a in me de�� suoi raggi l��appoggio.
Io mi volsi dallato con paura?d��essere abbandonato, quand�� io vidi?solo dinanzi a me la terra oscura;
e ��l mio conforto: ?Perch�� pur diffidi??,?a dir mi cominci�� tutto rivolto;??non credi tu me teco e ch��io ti guidi?
Vespero �� gi�� col�� dov�� �� sepolto?lo corpo dentro al quale io facea ombra;?Napoli l��ha, e da Brandizio �� tolto.
Ora, se innanzi a me nulla s��aombra,?non ti maravigliar pi�� che d��i cieli?che l��uno a l��altro raggio non ingombra.
A sofferir tormenti, caldi e geli?simili corpi la Virt�� dispone?che, come fa, non vuol ch��a noi si sveli.
Matto �� chi spera che nostra ragione?possa trascorrer la infinita via?che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;?ch��, se potuto aveste veder tutto,?mestier non era parturir Maria;
e dis?ar vedeste sanza frutto?tai che sarebbe lor disio quetato,?ch��etternalmente �� dato lor per lutto:
io dico d��Aristotile e di Plato?e di molt�� altri?; e qui chin�� la fronte,?e pi�� non disse, e rimase turbato.
Noi divenimmo intanto a pi�� del monte;?quivi trovammo la roccia s�� erta,?che ��ndarno vi sarien le gambe pronte.
Tra Lerice e Turb��a la pi�� diserta,?la pi�� rotta ruina �� una scala,?verso di quella, agevole e aperta.
?Or chi sa da qual man la costa cala?,?disse ��l maestro mio fermando ��l passo,??s�� che possa salir chi va sanz�� ala??.
E mentre ch��e�� tenendo ��l viso basso?essaminava del cammin la mente,?e io mirava suso intorno al sasso,
da man sinistra m��appar�� una gente?d��anime, che movieno i pi�� ver�� noi,?e non pareva, s�� ven?an lente.
?Leva?, diss�� io, ?maestro, li occhi tuoi:?ecco di qua chi ne dar�� consiglio,?se tu da te medesmo aver nol puoi?.
Guard�� allora, e con libero piglio?rispuose: ?Andiamo in l��, ch��ei vegnon piano;?e tu ferma la spene, dolce figlio?.
Ancora era quel popol di lontano,?i�� dico dopo i nostri mille passi,?quanto un buon gittator trarria con mano,
quando si strinser tutti ai duri massi?de l��alta ripa, e stetter fermi e stretti?com�� a guardar, chi va dubbiando, stassi.
?O ben finiti, o gi�� spiriti eletti?,?Virgilio incominci��, ?per quella pace?ch��i�� credo che per voi tutti s��aspetti,
ditene dove la montagna giace,?s�� che possibil sia l��andare in suso;?ch�� perder tempo a chi pi�� sa pi�� spiace?.
Come le pecorelle escon del chiuso?a una, a due, a tre, e l��altre stanno?timidette atterrando l��occhio e ��l muso;
e ci�� che fa la prima, e l��altre fanno,?addossandosi a lei, s��ella s��arresta,?semplici e quete, e lo ��mperch�� non sanno;
s�� vid�� io muovere a venir la testa?di quella mandra fortunata allotta,?pudica in faccia e ne l��andare onesta.
Come color dinanzi vider rotta?la luce in terra dal mio destro canto,?s�� che l��ombra era da me a la grotta,
restaro, e trasser s�� in dietro alquanto,?e tutti li altri che venieno appresso,?non sappiendo
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