sentiva un desiderio cocente di colmare 
quel vuoto, di pigliare il posto dell'indegno, e trovava quel desiderio 
legittimo. 
--Ah!--diceva egli perdendo assolutamente di vista la dottorale 
gravità,--ah! cara signora, non le mancherà, no, chi l'adori come ne è 
degna; quel povero Leonardo è malato, non capisce il bello, non sa 
amare robustamente, la linfa lo atrofizza, i cattivi umori gli 
inacidiscono l'umore...., a lei doveva toccare in sorte un uomo 
gagliardo, di temperamento sanguigno (il temperamento meglio fatto 
per l'amore), un uomo non viziato dall'abuso, non stanco dei piaceri, ma 
che dalle fatiche d'una vita studiosa sapesse volare....-- 
Il dottor Agenore disgraziatamente non sapeva volare sulle ali della 
rettorica meglio di così, ed anche così non poteva durare un pezzo. Si 
fermò per ripigliar fiato, ebbe un momento di rilassatezza delle fibre e 
temette di essere andato troppo oltre. 
Ernesta, riasciugate le lagrime, teneva gli occhi immobilmente fissi sul 
pavimento; probabilmente non aveva inteso nulla.
Agenore si guardò alla sfuggita nello specchio, si rimproverò in cuore 
di non essersi fatto radere al mattino, fece uscire i polsini dalle maniche 
del farsetto coll'aria d'un guerriero che assicura l'asta in pugno, e 
ricominciò l'assalto. 
Quando mezz'ora dopo il dottore usciva dalle camere di Ernesta, aveva 
quell'aria tra fatua e rimminchionita d'un uomo per lo più grave che è 
dovuto uscire dalla propria gravità e non sa bene se ne sia contento. 
--Ci fai una grama figura, Agenore amico mio--diceva l'amico 
Agenore--una grama figura!... ma quella donna è tanto bella, e 
Leonardo così fatuo!...-- 
Leonardo aspettava al Cova con una certa ansietà: 
--Dunque? 
--Se ne va. 
--Dove? 
--In campagna, sul lago, oggi stesso, non vuol saperne di conciliazione. 
--Ed io? 
--E tu in luglio andrai ai bagni di Spa, te li ordino fin d'ora per gli occhi, 
ed allora la signora Ernesta tornerà in Milano se ne avrà voglia.-- 
Leonardo stette un po' sopra pensiero, poi, vergognoso di parere 
inquieto, strinse la mano all'amico dottore e disse ridendo: 
--Grazie, grazie, grazie.-- 
Il dottore, che stava per cedere ad un nuovo rilassamento delle fibre, 
vinse lo scrupolo, respirò libero e sentenziò dentro di sè: 
--Se facessi diversamente, sarei un imbecille.
IV. 
In cui si fa una rivelazione e si mostra un disegno. 
Il dottor Agenore deve aver dato di sè una idea più solenne del 
necessario; i modi, le sentenze, l'accento gli possono aver prestato 
sembianze di colosso; è tempo di ridarlo alle sue vere dimensioni; 
sappiate dunque che non era un cattivo soggetto. 
Tutta la sua filosofia materialistica, appresa nell'anfiteatro anatomico 
dell'Università di Pavia, non aveva potuto indurirgli una fibra od 
intorpidirgli un nervo; medico-chirurgo-ostetrico, salvo qualche canone 
scientifico di più e molte ingenuità di meno, egli era rimasto 
organicamente come quando traduceva i Tristi d'Ovidio dalle panche 
del Liceo. È naturale, è logico, secondo la sua filosofia medesima. 
E siccome il dottor Agenore aveva studiato medicina per amore della 
teorica, e si era limitato nella pratica alle costipazioni degli amici, non è 
temerario asserire che egli era una creatura press'a poco innocua. 
Andava famoso al Caffè Cova per le sue avventure galanti, 
incominciate sempre con una lezione d'anatomia, allo scopo di ottenere 
la cura radicale delle opinioni e dei sentimenti delle belle. Si diceva di 
lui che una volta, dopo d'aver spinto l'innamorata fino alle ultime 
trincere e costrettala alla resa, aveva rinunciato ai frutti della vittoria, 
perchè il generale supremo dell'esercito nemico, vulgo il marito, era 
entrato in sospetto della cosa, se ne sarebbe accorto e ne avrebbe avuto 
dolore. La clientela del dottore rideva grassamente del gran rifiuto, 
come lo chiamava con frase dantesca; Agenore lasciava ridere e 
rispondeva invariabilmente: 
--È questione di principî. L'adulterio è cosa semplicissima; la fisiologia 
non lo vieta, anzi lo consiglia; è il solo rimedio trovato dalla Natura a 
quella malattia sociale che è il matrimonio, a patto però che il marito 
non ne sappia nulla. Se egli lo sa (fragile ed imperfetto come è quasi 
sempre il nostro organismo), ne avrà dolore, dolore egoistico, se volete, 
ma sacrosanto; e chi sapendolo fa cosa che cagioni dolore ad un suo 
simile, costui, signori miei, commette una birbonata.
I clienti si guardavano in faccia e ripigliavano a ridere, dicendo dentro 
di sè che in fondo quel materialista implacabile valeva meglio di certi 
spiritualisti che fanno complice la rettorica delle loro imprese galanti. 
Il dottor Agenore non era dunque un cattivo soggetto; tale non lo 
avevano voluto il sangue, la balia, la complessione, a dispetto 
dell'anfiteatro anatomico. Non se ne vantava, no, sapendo di non averci 
merito, come altri non ha colpa del contrario, ma in fine ne conveniva 
egli stesso con modesta compiacenza: non era un cattivo soggetto. 
Quanto a ciò che egli meditava di fare era per filo e per segno suggerito 
dagli avvenimenti. Pensate: una moglie bella, giovane, sola, 
abbandonata alle noie della campagna; l'amico marito che    
    
		
	
	
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