il primo a piantarla tra noi fu probabilmente uno di que' militi spagnuoli 
che vennero in Italia nel 1271 con Guglielmo marchese di Monferrato, 
il quale aveva tolto in isposa Beatrice figliuola di Alfonso Re di 
Castiglia. E oggidì sono tuttavia parecchi altri cognomi nel Monferrato 
e nel Piemonte che si palesano d'origine spagnuola. Ma qual che fosse 
l'antica stirpe de' _Zabrera_, questo è certo che un Gabriele, _de 
Zabreriis_ fece un sepolcro a se ed a' suoi l'anno 1493 nella chiesa di S. 
Giacomo vicin di Savona, e ne ornò la cappella con una tavola di 
pittore in quell'età molto prezzato. Da questo Gabriele I. venne un 
Corrado, che di Mariola Fea gentildonna savonese generò Gabriele II.; 
e questi ebbe da Geronima Murasana, pur savonese, e figlia del dotto 
giureconsulto Pier Agostino, Massimo, uomo di buone lettere ed amico 
in Roma di Paolo Manuzio; Gabriele III., ossia il nostro poeta, e Laura, 
data in moglie ad Aurelio Bosco Savonese. 
La madre del Poeta, rimasa vedova in fresca età, passò ad altre nozze 
con Paolo Gavotti nobile savonese, e di GABRIELLO si tolse la cura 
Margherita sorella del padre di lui, la quale di Ottavio Pavese suo 
marito non aveva prole veruna; ma la tutela del pupillo tenevala 
Giovanni pure fratello del padre, ed esso ancora senza figliuoli. Giunto 
GABRIELLO all'età d'anni nove, fu condotto in Roma, ove Giovanni 
suo zio faceva dimora[1], ed ivi fu nodrito con maestro in casa da cui 
apparò la lingua latina. In quegli anni lo prese una febbre, e dopo due 
anni lo percosse un'altra, che sette mesi lo tenne senza sanità e l'inviava 
a morire etico; onde Giovanni suo zio, per farlo giocondo con la
compagnia d'altri giovinetti lo mandava alle scuole de' PP. Gesuiti; ed 
ivi prese vigore e fecesi robusto, ed udì le lezioni di filosofia, anzi più 
per trattenimento che per apprendere; e così visse fino all'età di venti 
anni. Ma nel 1572, essendo mancato di vita in Roma lo zio Giovanni, 
esso GABRIELLO andò a Savona a vedere e farsi rivedere da' suoi; e 
fra pochi mesi tornossene a Roma. 
Quivi avuta occasione di vendere un giardino, che sembra eredità dello 
zio, al Cardinale Luigi Cornaro Camerlengo di S. Chiesa, colse 
l'opportunità di entrare in corte di quel Porporato, e vi stette tre anni. In 
questo, avvenne, che senza sua colpa fu oltraggiato da un gentiluomo 
romano, ed egli vendicossi; nè potendo meno, gli convenne di 
abbandonar Roma, e ridursi alla patria. Del qual avvenimento non 
abbiamo altra notizia, salvo se quella lasciataci dal Poeta, e che si è 
riferita colle sue parole medesime. 
In Savona stette molti anni, dividendo il suo tempo tra lo studio delle 
buone lettere, la compagnia di giovani suoi pari, ed eziandio, nel 
vagheggiare una beltà savonese, ch'egli chiama poeticamente _la 
Galatea de' savonesi mari_. Sopra questo innamoramento abbiamo 
l'incomparabile canzone _Per duri monti alpestri_. E ne parla 
slmilmente nel canto VII. dell'_Italia liberata_, dicendo: 
Appena nato, a' duri miei tormenti
Sorte volle adoprar la sua fierezza;
Mi negò le lusinghe dei parenti,
Mi pose in risse, m'involò 
ricchezza:
Amore alfin con le sue fiamme ardenti
Servo mi fe' d'una 
crudel bellezza. 
Sono pur da leggere queste parole della canzone XXIX. tra le morali 
scritta ad Jacopo Doria: 
Forza d'alta beltà, ch'empie gli amanti
Di caro duol, tiranneggiò mia 
cetra:
Oggi che imbianco........
........ altrove ergo i pensieri. 
E tuttavia nel CHIABRERA l'amore vestiva un abito gentile, alla 
platonica; e in tutte le sue poesie non è parola che ricordi, non dirò le 
sozzure di certi poeti de' tempi a noi vicini, ma nè anco la licenza
dell'Aminta e della Gerusalemme. 
L'anno del 1584 rallegrò la solitudine del CHIABRERA con l'arrivo in 
Savona della famosa Isabella Andreini, venutavi colla sua compagnia 
comica a farsi udire sulle scene. Il poeta onorò con parecchie 
composizioni il valore dell'attrice, ed essa, che non era donna volgare, 
rispose con rime pregevolissime che abbiamo alle stampe. Ma v'ebbero 
sdegni e combattimenti tra' gentiluomini di Savona. Stavano per una 
parte Ottaviano e Luigi Multedo; per l'altra Benedetto Corsi, Giulio e 
Cesare Pavesi, Ambrogio Salinero e il nostro Poeta; che brevemente, al 
solito, così accenna quella tenzone: «in patria incontrò, senza sua colpa, 
brighe, e rimase leggermente ferito su la mano: fece sue vendette, e 
molti mesi ebbe a stare in bando: quietassi poi ogni nimistà, ed egli si 
godette lungo riposo.» Si compose la discordia con un atto di pace 
rogato in Mulazzano addì 16 aprile 1585, ed accettato in Savona dai 
Multedo il dì 24: il che ne fa conoscere che la fazione del 
CHIABRERA ebbe a ricoverarsi negli antichi dominj della R. Casa di 
Savoja. 
Tornato alla quiete della patria, cominciò col fratello Massimo a 
pensare alla propagazione della stirpe; e non avendo quegli voluto 
sottomettersi al legame del matrimonio, fu deliberato che 
GABRIELLO s'eleggesse una sposa. Qui    
    
		
	
	
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