Il Comento alla Divina Commedia, e gli altri scritti intorno a Dante, vol. 1

Giovanni Boccaccio

Il Comento alla Divina Commedia, e gli?by Giovanni Boccaccio

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Title: Il Comento alla Divina Commedia, e gli altri scritti intorno a Dante, vol. 1
Author: Giovanni Boccaccio
Editor: Domenico Guerri
Release Date: May 12, 2007 [EBook #21424]
Language: Italian
Character set encoding: ISO-8859-1
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SCRITTORI D'ITALIA
G. BOCCACCIO
OPERE VOLGARI
XII

GIOVANNI BOCCACCIO
IL COMENTO ALLA DIVINA COMMEDIA E GLI ALTRI SCRITTI INTORNO A DANTE
A CURA DI DOMENICO GUERRI
VOLUME PRIMO
BARI
GIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI
1918

PROPRIET�� LETTERARIA
GIUGNO MCMXVIII--49326

A PIO RAJNA E GIROLAMO VITELLI

I
VITA DI DANTE

I
PROPOSIZIONE
Solone, il cui petto un umano tempio di divina sapienzia fu reputato, e le cui sacratissime leggi sono ancora alli presenti uomini chiara testimonianza dell'antica giustizia, era, secondo che dicono alcuni, spesse volte usato di dire ogni republica, s�� come noi, andare e stare sopra due piedi; de' quali, con matura gravit��, affermava essere il destro il non lasciare alcun difetto commesso impunito, e il sinistro ogni ben fatto remunerare; aggiugnendo che, qualunque delle due cose gi�� dette per vizio o per nigligenzia si sottraeva, o meno che bene si servava, senza niun dubbio quella republica, che 'l faceva, convenire andare sciancata: e se per isciagura si peccasse in amendue, quasi certissimo avea, quella non potere stare in alcun modo.
Mossi adunque pi�� cos�� egregi come antichi popoli da questa laudevole sentenzia e apertissimamente vera, alcuna volta di deit��, altra di marmorea statua, e sovente di celebre sepultura, e tal fiata di triunfale arco, e quando di laurea corona secondo i meriti precedenti onoravano i valorosi: le pene, per opposito, a' colpevoli date non curo di raccontare. Per li quali onori e purgazioni la assiria, la macedonica, la greca e ultimamente la romana republica aumentate, con l'opere le fini della terra, e con la fama toccaron le stelle. Le vestigie de' quali in cos�� alti esempli, non solamente da' successori presenti, e massimamente da' miei fiorentini, sono male seguite, ma in tanto s'�� disviato da esse, che ogni premio di virt�� possiede l'ambizione; per che, s�� come e io e ciascun altro che a ci�� con occhio ragionevole vuole guardare, non senza grandissima afflizione d'animo possiamo vedere li malvagi e perversi uomini a' luoghi eccelsi e a' sommi ofici e guiderdoni elevare, e li buoni scacciare, deprimere e abbassare. Alle quali cose qual fine serbi il giudicio di Dio, coloro il veggiano che il timone governano di questa nave: percioch�� noi, pi�� bassa turba, siamo trasportati dal fiotto, della fortuna, ma non della colpa partecipi. E, comech�� con infinite ingratitudini e dissolute perdonanze apparenti si potessero le predette cose verificare, per meno scoprire li nostri difetti e per pervenire al mio principale intento, una sola mi fia assai avere raccontata (n�� questa fia poco o picciola), ricordando l'esilio del chiarissimo uomo Dante Alighieri. Il quale, antico cittadino n�� d'oscuri parenti nato, quanto per vert�� e per scienzia e per buone operazioni meritasse, assai il mostrano e mostreranno le cose che da lui fatte appaiono: le quali, se in una republica giusta fossero state operate, niuno dubbio ci �� che esse non gli avessero altissimi meriti apparecchiati.
Oh scellerato pensiero, oh disonesta opera, oh miserabile esempio e di futura ruina manifesto argomento! In luogo di quegli, ingiusta e furiosa dannazione, perpetuo sbandimento, alienazione de' paterni beni, e, se fare si fosse potuto, maculazione della gloriosissima fama, con false colpe gli f?r donate. Delle quali cose le recenti orme della sua fuga e l'ossa nelle altrui terre sepulte e la sparta prole per l'altrui case, alquante ancora ne fanno chiare. Se a tutte l'altre iniquit�� fiorentine fosse possibile il nascondersi agli occhi di Dio, che veggono tutto, non dovrebbe quest'una bastare a provocare sopra s�� la sua ira? Certo s��. Chi in contrario sia esaltato, giudico che sia onesto il tacere. S�� che, bene ragguardando, non solamente �� il presente mondo del sentiero uscito del primo, del quale di sopra toccai, ma ha del tutto nel contrario v��lti i piedi. Per che assai manifesto appare che, se noi e gli altri che in simile modo vivono, contro la sopra toccata sentenzia di Solone, sanza cadere stiamo in piede, niuna altra cosa essere di ci�� cagione, se non che o per lunga usanza la natura delle cose �� mutata, come sovente veggiamo avvenire, o �� speziale miracolo, nel quale, per li meriti d'alcuno nostro
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