Abrakadabra

Antonio Ghislanzoni
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Abrakadabra, by Antonio Ghislanzoni

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Title: Abrakadabra Storia dell'avvenire
Author: Antonio Ghislanzoni
Release Date: August 12, 2006 [EBook #19034]
Language: Italian
Character set encoding: ISO-8859-1
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A. GHISLANZONI
Abrakadabra
STORIA DELL'AVVENIRE

MILANO
CASA EDITRICE SONZOGNO
Via Pasquirolo, 14

Printed in Italy

Al mio ottimo amico
Professore Angelo Vecchio.
Tu lo volesti, ed io ho compiuto l'?Abrakadabra?. Lo dedico a te, che mai non cessasti di insistere perchè io conducessi a termine questo bizzarro lavoro, tante volte ripreso e sospeso.--Ecco un libro, che ai più sembrerà una stravaganza, fors'anche una insensatezza Tu, arguto e gentile, scoprirai in esso qualche seria intenzione, qualche tema sociale e politico degno di meditazione e di studi. Io ho pagato il mio debito a te ed ai pochi dei quali ho ambito la stima e l'affetto. Questo mi stava a cuore; del pubblico superficiale e svogliato poco mi preme. Ti ringrazio del bene che mi hai fatto incessantemente, spronandomi al lavoro e combattendo le mie diffidenze. Ricordami sempre quale uno de' tuoi amici più affezionati.
A. GHISLANZONI
Caprino Bergamasco, 28 novembre 1883.

PROLOGO

CAPITOLO I.
Perchè quell'uomo si chiamasse ?Abrakadabra?.
Nell'aprile dell'anno 1860, un eccentrico personaggio venne ad abitare l'alpestre paesello di C....
Era un uomo sui cinquant'anni, magro, sparuto, dagli occhi incavati ed immobili, dal sorriso amorevole, tratto tratto mefistofelico.
La foggia del suo soprabito nero, ampio, abbottonato fino al mento e lungo fino al tallone; la callotta di tela ch'egli portava, a guisa di turbante, involta a più riprese da una fascia azzurra; tutto il suo abbigliamento formava una strana figura di prete e di pascià, che lungi dal riuscire ridicola, ispirava simpatia e rispetto.
Quell'eccentrico personaggio aveva preso in affitto una casa di rustiche apparenze, ma comoda e decente. Tutti lo sapevano ricco e di gran cuore. I poveri del paesello dicevano che quel forestiere era stato mandato in paese dalla Provvidenza. Nei primi tempi lo chiamavano il signore.
Erano con lui due domestici ed un medico. Questi gli stava sempre a lato. Rare volte parlavano assieme. Quando uscivano al passeggio, il medico leggeva o fumava; l'altro a giudicarne dalla immobilità dello sguardo, pareva assorto in una sola, irremovibile idea. In paese correva voce che il signore fosse malato di cervello per eccessiva applicazione agli studi, e avesse appunto abbandonata la città per ritemprarsi nella buon'aria dei monti.
In fatti, dopo un mese di vita campestre, a dire dei paesani, il signore aveva fatto una ciera più lustra. I suoi denti di alabastro brillavano più spesso nel sorriso dell'amorevolezza che non in quello della ironia mefistofelica.
Usciva più sovente al passeggio. Si intratteneva sulla piazzetta a udire i colloqui dei contadini, a veder giuocare i fanciulli. Riceveva qualche visita alla sera. Il curato, il sindaco ed il farmacista erano divenuti assidui nella sua sala, ed egli stava le lunghe ore ad ascoltare le loro polemiche religiose e politiche.
Il curato, il sindaco e il farmacista di C... per lui rappresentavano i tre partiti, la eterna invariabile trinità del pensiero umano, che a suo credere, era cominciata nella mente dei tre primi abitatori dell'universo.
Il curato rappresentava il non possumus, la forza reazionaria;
Il sindaco il liberale moderato o moderatore;
Il farmacista l'uomo del progresso ad ogni costo, l'utopista rivoluzionario, che non ammette intervallo tra il pensiero e l'azione.
Questi tre principii, come ognuno può immaginare, si detestavano cordialmente; e il loro attrito era scabro e sfavillante come quello dell'acciaio colla pietra.
Ciò nullameno, il curato, il sindaco e il farmacista venivano ogni sera ad occupare nella sala del signore tre lati di un tavolo coperto di ricco tappeto.
Nel centro di quel tavolo, quegli spiriti eterogenei, intolleranti, irreconciliabili, avevano trovato un punto di coincidenza simpatica. Era un'immane bottiglia, un'anfora imponente e generosa, il cui sugo inesauribile produceva nei tre antagonisti il doppio effetto di rifiammare gli ardori politici e di ammorbidire le gole. Il curato, il sindaco e il farmacista pigliavano un gusto matto a bisticciarsi e a contraddirsi in quel tiepido ambiente dove la più gustosa delle bevande era sempre là per estinguere ogni ardore di sete e di entusiasmo.
Essi amavano il buon vino con esemplare concordia; e siccome il buon vino non corre le bettole e le cantine del volgo, così la loro ripulsione politica si era mutata in attrazione pel fascino di un barolo squisito.
Il curato si scusava:--Forse che alla chiesa non conveniamo tutti, uomini dabbene e peccatori, papisti e scomunicati, intorno all'altare del Dio uno e vero?
E il farmacista rifletteva:--Dinanzi alla malattia non conosco avversarii politici; io prodigo
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